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Meno mucche, più alberi e bioenergie

Il Rapporto dell’IPCC su Territorio e Cambiamenti Climatici che invita, tra l’altro, a diete più vegetariane per contrastare il global warming e le opzioni di gestione delle aree devastate dalla tempesta Vaia che ha raso al suolo lo scorso ottobre 16 milioni di alberi di 4 regioni italiane. Una nota congiunta UNCEM-AIEL.

Il recente Rapporto speciale su Territorio e Cambiamenti climatici (SRCCL) dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), il Gruppo esperti dell’ONU che ha per mission lo studio del riscaldamento globale, ha valutato il contributo ai cambiamenti climatici determinato dai modi con cui utilizziamo il territorio e come i cambiamenti climatici a loro volta influiscano sul pianeta che abitiamo.

Tra gli autori principali del Rapporto l’italiano Francesco Cherubini, Professore e Direttore del Programma di Ecologia Industriale presso la Norwegian University of Science and Technology (NTNU) di Trondheim che in un una intervista rilasciata a Norwegian SciTech News ha messo in risalto come attualmente circa la metà dei suoli sia utilizzata per allevare e dare da mangiare al bestiame.

Il pascolo è di gran lunga il più grande singolo tipo di uso del suolo che colpisce il pianeta, afferma un nuovo rapporto dell’IPCC. L’impatto degli allevamenti è ancora maggiore se si considera che metà di tutte le terre coltivate viene utilizzata per produrre mangimi per animali (fonte: Francesco Cherubini, NTNU).

La gestione del territorio è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di gestione del clima – ha dichiarato Cherubini – Tuttavia, sono in atto usi del territorio concorrenti e risorse terrestri limitate: contiamo sulla terra per l’alimentazione degli animali, cibo, fibre e legname e dobbiamo preservare la biodiversità e tutti i servizi ecosistemici che la terra fornisce. E per di più abbiamo i cambiamenti climatici“.

Se si passasse a sistemi agricoli e di produzione alimentare più efficienti, si renderebbe disponibile più terra per le misure chiave di mitigazione dei cambiamenti climatici come la crescita di più alberi o le colture bioenergetiche. Comunque, in tutti gli scenari, la terra deve essere utilizzata sia per le bioenergie che per la crescita delle foreste, nonché per la produzione di cibo e gli altri usi umani.

La bioenergia deve essere messa in atto con tutte le altre opzioni di mitigazione dei cambiamenti climatici per raggiungere l’obiettivo di 1,5 °C – ha osservato Cherubini – Non dovremmo pensare a questo come a una competizione per la terra tra foreste e colture energetiche. Abbiamo bisogno di entrambi”.

Il grafico mostra come i diversi usi del suolo dovranno cambiare in due diversi scenari di sviluppo socioeconomico entro la fine del secolo per mantenere il riscaldamento globale a 1,5 C. Il pannello a sinistra mostra che le aree boschive dovranno aumentare fino a 7,5 milioni di km 2 o circa le dimensioni dell’Australia. Il pannello a destra mostra che un’economia più dispendiosa in termini di risorse richiederà l’uso intensivo della bioenergia e delle foreste in crescita per lo stoccaggio del carbonio a partire dal 2030. Grafico: Francesco Cherubini / NTNU

Nel Rapporto dell’IPCC c’è un esplicito invito ai policy maker che ha suscitato attenzione e dibattito: passare a diete più vegetariane: “Le diete bilanciate, con cibi a base vegetale, come quelli a base di cereali a grana grossa, legumi, frutta e verdura, noci e semi e alimenti di origine animale prodotti in sistemi di emissione resilienti, sostenibili e a basso contenuto di gas a effetto serra –  ha sottolineato Cherubini – offrono grandi opportunità di adattamento e mitigazione generando significativi vantaggi in termini di salute umana“.

Dopo la tempesta Vaia che ha colpito a fine ottobre 2018 quattro Regioni in Italia (Lombardia, Trentino – Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia), radendo al suolo in pochi minuti 41.000 ettari di boschi, 16 milioni di alberi, 8,6 milioni di m3 di legno, sono state presentate varie opzioni per il ripristino del territorio. Tra queste, quelle che vorrebbero riconvertire a campi e pascoli alcune delle aree deforestate lasciano alquanto perplessi, anche alla luce del sopracitato Rapporto dell’IPCC.

Peraltro, in una nota congiunta del 20 agosto 2019, UNCEM (Unione nazionale comuni comunità enti montani) e AIEL (Associazione Italiana Energie Agroforestali), sono ritornati sull’evento dello scorso autunno, per fare il punto sul post-emergenza Vaia e sulla drammatica visione che si aperta davanti agli occhi di centinaia di migliaia di turisti che in questi mesi estivi hanno visitato quei luoghi

Chi è salito nelle valli, nelle località turistiche, negli alberghi e nei rifugi, percorrendo sulle strade asfaltate e i sentieri ha visto gli effetti della più grande catastrofe forestale italiana – affermano Domenico Brugnoni, Presidente AIEL, e Marco Bussone, Presidente nazionale UNCEM – L’aveva distrattamente guardata in tv, non ne aveva forse capito la portata… ma vedendola direttamente, sulle montagne che è abituato a frequentare per svago, sport e relax, il turista ha scoperto quanto sia grave e quanto sia necessario intervenire sull’intero sistema, senza perdere tempo“.

In diverse occasioni di convegni ed eventi dedicati al ripristino di quei boschi abbiamo è un evento isolato, potrà ripetersi, e dobbiamo farci trovare preparati. Questo va spiegato a tutto il Paese, non solo agli addetti ai lavori – prosegue la nota – In questo caldo agosto per la politica italiana, chiediamo ai rappresentanti istituzionali di fare tre cose. Primo punto è proprio legato al ruolo delle Istituzioni. Nel post tempesta Vaia hanno agito non sempre dialogando e confrontandosi attorno alle soluzioni. Lo scolitide dell’Abete Rosso, oggi rischia di compromettere anche le foreste dei territori colpiti rimaste in piedi. Per questo proponiamo che in sede di Ministero per le Politiche agricole e forestali debba essere convocato urgentemente un tavolo con Regioni, Enti locali, rappresentanti di imprese, Associazioni e Università per fare il punto su cosa si sta facendo e cosa va fatto”.

Serve una campagna informativa attorno al settore forestale fatta dalla tv pubblica e da tutti i media – proseguono Brugnoni e Bussone – I turisti arrivati in questi giorni nelle Valli sanno pochissimo o niente di quanto successo e quanto si sta facendo per gestire quella porzione di patrimonio forestale danneggiato, ma non inutile. È anche molto importante far comprendere che questo grave evento non deve togliere attenzione al tema più generale della gestione attiva dell’intero nostro patrimonio forestale costituito da 11 milioni di ettari di boschi, più di un terzo di tutta la superficie del nostro Paese, che vanno governati e non abbandonati. Solo così potranno essere valorizzati i beni che ci fornisce il bosco, i servizi ecosistemici e lo sviluppo locale“.

Dopo aver ricordato come esempio virtuoso il recente Rapporto annuale sulle Foreste (RAF) coordinato dalla Direzione Foreste del Ministero dell’Agricoltura quale esempio positivo che va esteso nel tempo e nei contenuti e che può essere una base utile per trasferire al grande pubblico informazioni e approfondimenti, la nota conclude con la necessità di azione urgente costituita dall’attuazione del Testo Unico forestale.
Vaia ci insegna che un bosco gestito, è più resiliente, ma serve anche un Piano per la gestione degli eventi estremi e un adeguamento della pianificazione forestale per affrontare nel lungo periodo situazioni analoghe”.

In copertina: Fonte AIEL

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