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Fashion Pact: al G7 le aziende per la moda sostenibile

Il settore moda e tessile, sottoscrivendo il Patto presentato ai Capi di Stato e di Governo del G7, hanno dato un’ulteriore prova di aver intrapreso la strada della sostenibilità e di assumere un ruolo di business leadership per affrontare le sfide ambientali del nostro secolo, tra cui i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e l’inquinamento degli oceani.

L’industria della moda è una delle più grandi, più dinamiche e più influenti al mondo, con un giro d’affari annuo di 1,5 trilioni di dollari. Ed è uno dei settori industriali con l’impatto più pesante: proprio per questo dovrebbe ricoprire un ruolo di primo piano nel passaggio verso un futuro più sostenibile. 

Così si legge all’inizio del Documento Fashion Pact”, lanciato in occasione del Vertice del G7 (Biarritz, 24 – 26 agosto) e presentato per l’occasione ai Capi di Stato e di Governo.

Alla vigilia del Vertice, il Presidente francese Emmanuel Macron, aveva invitato all’Eliseo i Rappresentanti delle 32 Aziende del settore Moda e Tessile (per un totale di circa 150 marchi) che avevano risposto alla missione che era stata affidata nell’aprile scorso al Presidente e Amministratore delegato di Kering, il Gruppo parigino del settore del lusso che possiede marchi della moda, tra cui Gucci, Saint Laurent, Balenciaga, Alexander McQueen, per riunire i principali attori del settore con l’obiettivo di stabilire obiettivi pratici per ridurre il impatto ambientale della loro industria.

L’iniziativa Fashion Pact si focalizza su 3 aree principali per la salvaguardia del Pianeta:
arrestare il riscaldamento globale (global warming), creando e implementando un piano d’azione per azzerare le emissioni di gas serra entro il 2050, al fine di mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 °C, tra adesso e il 2100;
ripristinare la biodiversità, raggiungendo gli obiettivi “basati sulla scienza” indicati dai parametri stabiliti dall’iniziativa Science-Based Target (SBT), da Carbon Disclosure Project (CDP), UN Global Compact (UNGC), World Resource Institute (WRI) e WWF;
proteggere gli oceani, riducendo l’impatto negativo del settore della moda sugli oceani stessi, mediante iniziative concrete, quali ad esempio la riduzione graduale della plastica monouso. 

Questi impegni sono progettati per essere abbracciati da ogni azienda coinvolta e supportati da iniziative intersettoriali, insieme allo sviluppo di acceleratori dell’innovazione.

Secondo i dati rilasciati lo scorso marzo durante l’ UNEA (Assemblea del Programma Ambiente delle Nazioni Unite) in occasione del lancio dell’Alleanza delle Nazioni Unite per la moda sostenibile,l’industria del settore è un motore dello sviluppo globale con 2.400 miliardi di dollari di fatturato annuo e l’impiego di 75 milioni di addetti in tutto il mondo (per la maggior parte donne).

Ma la moda è anche  responsabile di:
– circa il 10% di tutte le emissioni di gas serra;
il 20% di tutte le acque reflue;
perdita di 500 miliardi di dollari  ogni anno per sottoutilizzazione dell’abbigliamento dismesso e riciclaggio.

Ma, l’industria della moda sta facendo grandi progressi sulla sostenibilità, anche per l’aumentata consapevolezza della necessità di ottimizzare le pratiche produttive, come peraltro evidenzia la recente l’adesione di 43 marchi produttori di jeans alle Linee Guida “The Jeans Redisign” della Ellen MacArthur Foundation, approntate per passare dal modello lineare del “prendi-usa-getta” alla circolarità che si affida alla durata, sicurezza dei materiali, riciclabilità e tracciabilità.

Ad oggi, la coalizione comprende (in ordine alfabetico): 
Adidas, Bestseller, Burberry, Capri holdings limited, Carrefour, Chanel, Ermenegildo Zegna, Everybody & everyone, Fashion3, Fung group, Galeries Lafayette, Gap inc., Giorgio Armani, H&M group, Hermes, Inditex, Karl Lagerfeld, Kering, La Redoute, Matchesfashion.com, Moncler, Nike, Nordstrom, Prada group, Puma, Pvh corp., Ralph Lauren, Ruyi, Salvatore Ferragamo, Selfridges group, Stella Mccartney, Tapestry.

Le sfide globali che stiamo affrontando sono complesse – ha osservato François-Henri PinaultNon conoscono confini. Solo le coalizioni possono superarle, riunendo Governi, Imprese e Società civili“.

Peraltro, molti di questi marchi e gruppi avevano già sottoscritto la Carta della Moda per il Clima (Fashion Industry Charter for Climate Action) nel corso di un evento svoltosi in occasione della Conferenza ONU sul Clima (UNFCCC-COP24) di Katowice (2-15 dicembre 2018).

Il Fashion Pact è aperto a qualsiasi azienda che voglia aiutare a trasformare significativamente le pratiche della moda e dell’industria tessile e ad affrontare le sfide ambientali del nostro secolo.

Ho sempre creduto fermamente nel valore delle collaborazioni e dell’energia generata da persone con background ed esperienze diverse che hanno scopi comuni – ha dichiarato Remo Ruffini, Presidente e CEO di Moncler, uno dei marchi italiani che hanno aderito all’iniziativa – Non solo nel dominio creativo. Per molti anni in Moncler, ci siamo impegnati per uno sviluppo sostenibile e responsabile. Un viaggio che ci fa riflettere ogni giorno sull’impatto delle nostre decisioni e cercare con grande determinazione soluzioni e risposte che a volte non sono ancora state trovate. Con questo in mente, insieme alla consapevolezza che le sfide globali hanno bisogno di contributi generosi e collaborativi, siamo orgogliosi di unirci al Fashion Pact nel nome di un bene comune che è sempre maggiore di ogni singolo interesse”.

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