Uno Studio condotto da ornitologi europei, tra cui affiliati di BirdLife International, e pubblicato sulla rivista della Royal Society for the Protection of Birds (RSPB) di Gran Bretagna, rivelerebbe l’estinzione del Chiurlottello (Numenius tenuirostris), uccello migratore che svernava nell’area del Mediterraneo, per il quale l’Italia è stata un Paese chiave, come ricorda l’ISPRA, sia perché dal nostro Paese sono derivate in assoluto la maggior parte delle segnalazioni precedenti al 1995, anno del suo ultimo avvistamento in Marocco, sia per numero di reperti museali raccolti fra ‘800 e ‘900.
Il Chiurlottello, un uccello che aveva un’areale di distribuzione che dalle coste del Mediterraneo arrivava fino alle regioni dell’Asia occidentale, avvistato per l’ultima volta nel 1995 in Marocco è probabilmente estinto.
A dichiararlo è lo Studio “Global extinction of Slender-billed Curlew (Numenius tenuirostris)” pubblicato su IBIS – International Journal of Avian Science, la rivista scientifica della British Ornithologists’ Union, e condotto da scienziati della Royal Society for the Protection of Birds (RSPB) di Gran Bretagna, del Centre for Biodiversity and Environment Research, dell’University College London, di BirdLife International, del Naturalis Biodiversity Centerdi Leida (Paesi Bassi) e del Museo di Storia Naturale di Londra.
L’analisi oggettiva condotta confermerebbe l’estinzione del Chiurlo dal becco sottile o Chiurlottello, un uccello migratore costiero che un tempo si riproduceva nella Siberia occidentale e svernava attorno al Mediterraneo, già dichiarata a rischio critico, è stato avvistato l’ultima volta nel Marocco settentrionale nel 1995. Questa è la prima estinzione globale nota di uccelli provenienti dall’Europa continentale, dal Nord Africa e dall’Asia occidentale. La Lista Rossa della IUCN attualmente riconosce 164 uccelli estinti dal 1500, tra oltre 11.000 specie il cui stato di conservazione è stato valutato da BirdLife International, l’autorità globale della Red List per gli uccelli.
“Questa è una delle storie più devastanti che siano emerse nel campo della conservazione della natura da un secolo a questa parte – ha dichiarato Nicola Crockford, Principal Policy Officer della Rspb e co-autore dello Studio – e va al cuore del motivo per cui Rspb e BirdLife Partnership fanno della prevenzione dell’estinzione delle specie una priorità. Si tratta della prima estinzione globale conosciuta di una specie di uccelli proveniente dall’Europa continentale, dal Nord Africa e dall’Asia occidentale ed è accaduto nel corso della nostra esistenza. Come possiamo aspettarci che i Paesi extraeuropei si impegnino per salvare le loro specie quando i nostri Paesi, relativamente ricchi, hanno fallito in questo?”.
Le cause del declino del chiurlottello non saranno mai del tutto chiarite, ma le possibili pressioni alla base del fenomeno includono la bonifica per uso agricolo di alcune zone di torbiera, la perdita delle zone umide costiere utilizzate dal chiurlottello per l’alimentazione invernale e la caccia, soprattutto negli ultimi tempi, di una popolazione già ridotta, frammentata e in declino. Potrebbero esserci stati anche impatti dovuti all’inquinamento, alle malattie, alla predazione e ai cambiamenti climatici, ma la loro portata è sconosciuta.
“Quando il chiurlottello ha smesso di tornare nel suo principale sito di svernamento a Merja Zerga, in Marocco, sono stati compiuti molti sforzi per cercare di localizzarlo nelle zone di riproduzione – ha osservato Alex Bond, Senior Curator in Charge of birds presso il Museo di Storia naturale londinese e co-autore dello Studio – Diverse spedizioni e centinaia di migliaia di chilometri quadrati di ricerca non hanno, purtroppo, portato a nulla. Con l’avanzare dei cambiamenti climatici, questo sarà lo status quo per gli uccelli selvatici, il cui stato non sta migliorando, Affrontare i cambiamenti climatici, la distruzione dell’habitat e l’inquinamento è la migliore opportunità che abbiamo per proteggerli, sia in patria che all’estero“.
Come ricorda, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), l’Italia è stata un Paese chiave per il Chiurlottello, sia perché dal nostro Paese sono derivate in assoluto la maggior parte delle segnalazioni precedenti al 1995, sia per numero di reperti museali raccolti fra ‘800 e ‘900, grazie all’abbondanza di questa specie e alla scarsa diffidenza nei confronti dell’uomo che la rendeva fino a un recente passato facile preda di cacciatori e collezionisti. Il Piano d’azione nazionale nel 2001 da ISPRA (allora Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica) su incarico del MASE (ex MATT) e ampiamente disatteso in fase applicativa non è purtroppo stato in grado di incidere sull’andamento negativo. Interventi di gestione attiva degli habitat a favore di questa specie sono stati, tuttavia, realizzati negli anni attraverso finanziamenti del programma LIFE della Commissione UE nell’ambito del progetto, consentendo un miglioramento del valore ambientale di siti importanti per l’avifauna acquatica, come la Laguna di Orbetello.
“La devastante perdita del chiurlottello è un avvertimento che nessuna specie di uccelli selvatici è immune dalla minaccia di estinzione – ha spiegato Alex Berryman, responsabile della Lista Rossa di BirdLife International e coautore dello studio – Più di 150 specie si sono estinte a livello globale dal 1500. Le specie invasive sono state spesso la causa del fenomeno, con il 90% delle estinzioni di uccelli che hanno colpito le specie insulari. Tuttavia, mentre l’ondata di estinzioni nelle isole potrebbe rallentare, il tasso di estinzioni continentali è in aumento. Questo è il risultato della distruzione e del degrado degli habitat, dello sfruttamento eccessivo e di altre minacce. Per salvare gli uccelli – conclude Alex Berryman – è necessario un intervento urgente di conservazione, senza il quale dobbiamo prepararci a un’ondata di estinzione molto più ampia che si abbatterà sui continenti“.
In copertina: Chiurlottello © Chris Gomersall/Rspb Images
1 commento
L estinzione di un animale mi da’ grande dispiacere e mi fa preoccupare perché la sento come un passettino in più verso il disastro di una Terra spoglia e forse neanche più vivibile.