Secondo la Società Italiana di Andrologia l’aumento della infertilità maschile sarebbe da imputare anche a microplastiche, ftalati, pesticidi e fitoestrogeni, che finiscono nel piatto e che interferiscono con il sistema ormonale.
Negli ultimi quattro decenni, c’è stata una crescente preoccupazione per il declino della salute riproduttiva maschile umana. Il numero ridotto di spermatozoi è stato ampiamente utilizzato come indice di infertilità maschile e studi meta-analitici indicano una riduzione globale del 50% della qualità dal 1938 al 2011.
Sotto accusa sono i contaminanti chimici diffusi nell’ambiente o assunti con il cibo, che la letteratura scientifica ha individuato come i maggiori responsabili della infertilità maschile.
Tra gli ultimi studi che attestano tale correlazione, c’è quello pubblicato su Nature Scientific Report il 4 marzo 2019 (“Independent and combined effects of diethylhexyl phthalate and polychlorinated biphenyl 153 on sperm quality in the human and dog”), condotto da ricercatori dell’Università di Nottingham (Gran Bretagna), che hanno testato gli effetti di due specifici prodotti chimici artificiali, vale a dire il comune plastificante DEHP, ampiamente diffuso nelle abitazioni (ad es. tappeti, pavimenti, vestiti, , giocattoli) e la persistente sostanza chimica industriale bifenile policlorurato 153, che sebbene vietata a livello globale, rimane ampiamente rilevabile nell’ambiente, cibo incluso. I risultati hanno dimostrato che i campioni di spermatozoi di uomini donatori e dei cani da caccia che convivono nello stesso ambiente e nella stessa area geografica, dove la concentrazione a tali contaminanti chimici artificiali è rilevante, avevano la stessa bassa qualità.
Uno Studio di ricercatori italiani inserito come capitolo all’interno del volume “Fatti e prospettive sugli spermatozoi”, pubblicato lo scorso giugno, ha indicato nello sperma umano il marcatore sanitario e ambientale precoce e sensibile per indagare e promuovere la sorveglianza sanitaria in determinati contesti.
Un nuovo allarme sulla infertilità maschile indotta dagli inquinanti ambientali, in particolare da quelli assunti tramite il cibo o le bevande, è venuto dal 2° Congresso Nazionale NAU (Natura-Ambiente-Alimentazione-Uomo), organizzato dalla Società Italiana di Andrologia (SIA) a Frascati (25-26 ottobre 2019).
“Ogni anno ingeriamo almeno 250 grammi fra pesticidi e microplastichecioè frammenti di plastica dispersi nell’ambiente. Non manca un condimento di ftalati, sostanze chimiche che ammorbidiscono la plastica, che si possono trovare in alcuni contenitori per alimenti e migrare nel piatto. Purtroppo si tratta di sostanze che oltre ad avere conseguenze negative sulla salute in generale possono nuocere anche alla fertilità maschile“.
Il riferimento è al recente Studio, condotto dall’Università di Newcastle (Australia) e commissionato dal WWF, che ha avuto un notevole effetto mediatico, secondo cui ingeriamo fino a 2.000 minuscoli frammenti a settimana, che corrispondono a circa 5 grammi, l’equivalente in peso di una carta di credito, per una media di 250gr l’anno.
“Ftalati, pesticidi e fitoestrogeni si comportano da interferenti endocrini: ‘mimano’ ormoni come gli estrogeni e gli androgeni presenti nell’organismo e in questo modo influenzano pesantemente gli equilibri ormonali – ha spiegato Alessandro Palmieri, Presidente SIA e professore di Urologia dell’Università Federico II di Napoli – Anche gli ftalati come il bisfenolo A sono considerati interferenti endocrini con un’azione anti-androgenica e gli andrologi sospettano che possano provocare danni alla fertilità maschile”.
Il bisfenolo A è un composto chimico usato nella produzione di oggetti in policarbonato e di resine epossifenoliche, destinati a venire a contatto con gli alimenti, come stoviglie riutilizzabili e rivestimenti interni, in genere protettivi, per lattine e serbatoi per acqua potabile. Un’altra applicazione del BPA, molto diffusa, è nella carta termica usata comunemente per gli scontrini di cassa e nei contenitori di cosmetici. La Commissione UE lo scorso anno ha adottato un nuovo Regolamento sull’utilizzo del bisfenolo A, che riduce la quantità permessa di migrazione dalla plastica all’alimento, estendendola anche ai rivestimenti e vernici di barattoli e lattine, in attesa che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) proceda ad una nuova valutazione che affronti le perduranti incertezze.
Altrettanto pericolosi i pesticidi che si rinvengono in moltissimi cibi: “Gli alchilfenoli per esempio sono molto simili alla struttura degli ormoni sessuali e quindi possono ‘confondere’ il metabolismo – ha affermato Bruno Giammusso, responsabile Programmi fertilità SIA e responsabile Unità di Andrologia al Policlinico “Morgagni” di Catania, che al Congresso è intervenuto nella Sessione “Stili di vita come investimento per la fertilità e il benessere sessuale”, con la comunicazione “Come arrivano i cibi in tavola: la plastica, i pesticidi e i fitoestrogeni” – si trovano in moltissimi prodotti, dalla frutta e verdura a diversi tipi di pesci e molluschi pescati anche nei nostri mari come per esempio tonno e sgombro”.
“È importante preservare la funzione sessuale e la fertilità con scelte alimentari sempre più consapevoli, cercando per esempio di dare la preferenza a cibi biologici e che non siano imballati in plastiche – ha ripreso Palmieri – Gli effetti delle sostanze chimiche presenti nei cibi possono sommarsi a quelli di altri elementi ambientali e dello stile di vita che minacciano la salute sessuale maschile, dal fumo alle malattie sessualmente trasmesse: per tutelare il proprio benessere, gli uomini dovrebbero perciò rivolgersi con fiducia all’andrologo per una valutazione precisa della propria situazione e per avere consigli su misura rispetto alle proprie abitudini di vita e a tavola“.