Cambiamenti climatici

Stern: rischi economici dei cambiamenti climatici non sono ben valutati

Stern rischi economici dei cambiamenti climatici

7È destinato ad aprire il dibattito tra le comunità scientifiche l’articolo pubblicato sulla Rivista Nature il 24 febbraio 2016  da Sir Nicholas Stern, autore del famoso Rapporto sui costi economici dei cambiamenti climatici (2006), divenuto il testo di riferimento per policy maker e ong ambientaliste.

Nell’occasione, Stern ha invitato i ricercatori a migliorare radicalmente i modelli utilizzati per stimare i costi delle azioni di contrasto ai cambiamenti climatici, sostenendo che una 
modellazione climatica inadeguata è profondamente dannosa per le politiche pubbliche e che le persone in tutto il mondo meritano di meglio.
Egli osserva che i modelli esistenti tendono a sottostimare i danni causati dai cambiamenti climatici, così come sottovalutano le potenzialità tecnologiche per evitare i pericolosi eventi correlati.
I modelli economici attuali tendono a sottostimare gravemente sia i potenziali impatti dei cambiamenti climatici pericolosi che i più ampi benefici di una transizione verso una crescita a basso tenore di carbonio – scrive il Presidente del Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment presso la London School of Economics – Vi è una necessità urgente di una nuova generazione di modelli che offrano un quadro più preciso“, osservando che l’ultimo Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici (A5R) dell’International Panel delle Nazioni Unite (IPCC), riconosce le difficoltà di stimare gli impatti economici globali del cambiamenti climatici.

Gli attuali modelli di valutazione integrata (IAMs), per esempio, “si sforzano di incorporare la portata dei rischi scientifici”, mentre non considerano i punti di non ritorno (tipping point) e i cambiamenti catastrofici che possono innescarsi, tra cui quelli connessi all’innalzamento del livello dei mari, allo scioglimento del permafrost e al rilascio di metano in atmosfera. Inoltre, secondo Stern, gli IAM non tengono conto di alcuni dei più grandi potenziali impatti dei cambiamenti climatici, come le condizioni meteorologiche estreme e le guerre: “Si tratta di impatti difficili da prevedere che costituiscono le più preoccupanti potenziali conseguenze dell’inazione. La prossima relazione dell’IPCC deve essere basata su una raccolta molto più solida di letteratura economica, che dobbiamo costruire ora. Potrebbe dal luogo ad una fondamentale differenza”.

Lord Stern sostiene anche che i modelli attuali degli impatti economici della riduzione delle emissioni di gas serra possono trarre in inganno i politici.
Lo scenario business-as-usual, sul quale vengono determinati i costi degli interventi, invia un messaggio profondamente fuorviante per i decisori politici che c’è un’opzione alternativa in cui i combustibili fossili sono consumati in quantità sempre maggiori, senza conseguenze negative sulla stessa”.
Sottolineando che i modelli economici per i cambiamenti climatici devono essere radicalmente migliorati, Stern rileva che “i miglioramenti progressivi  dell’attuale generazione di modelli integrati potrebbero non essere sufficienti” ad aiutare i responsabili politici nazionali nell’attuazione efficace dell’Accordo di Parigi.

Stern suggerisce che l’approccio “damage function”, usato per descrivere l’aumento delle perdite dovute agli impatti dei cambiamenti climatici, dovrebbe essere più realistico dei modelli esistenti, sviluppandone di nuovi.
Tra questi, Stern cita i modelli dinamici e stocastici di equilibrio economico generale (DSGE), ovvero quelli che descrivono e studiano situazioni che variano in base a leggi probabilistiche (e non deterministiche), che possono essere utilizzati per “tener conto dell’incertezza sul futuro attraverso l’introduzione di shock“, e quelli agent-based (ABM), ovvero dei modelli computazionali che studiano i sistemi complessi partendo dallo studio delle interazioni tra le singole unità che li compongono attraverso l’utilizzo di simulazioni informatiche, che sono ampiamente utilizzati nel settore finanziario e che potrebbe contribuire a capire i complessi cambiamenti economici sotto l’effetto dei cambiamenti climatici.

Ora, è richiesto uno sforzo concertato da parte della comunità di ricerca affinché siano esplorate più a fondo le possibili vie  per stimare meglio i costi dell’azione e inazione sui cambiamenti climatici. L’IPCC si dovrebbe concentrare su quel che ai decisori politici occorre per aggiornare il loro processo decisionale. Le società scientifiche e le accademie nazionali devono riunire i ricercatori di una vasta gamma di discipline pertinenti per focalizzare l’attenzione sul miglioramento quanto prima della modellazione economica – conclude Stern – Ci sono enormi potenzialità nelle future tecnologie che possono guidare il cambiamento, che sono omesse o colpevolmente sottostimate dai nostri attuali metodi di modellazione climatica  – con danno enorme sugli indirizzi per il processo decisionale. Il benessere e la prosperità delle generazioni future valgono molto di più”.

Sempre che le esposizioni del sistema finanziario a rischi di una politica climatica “tardiva e frettolosa” non costituiscano un deterrente, presupponendo la ricerca di una strada diversa dal modello business-as-usual che non si vuole ancora abbandonare.

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