Sostenibilità

I mercati del carbonio mettono a rischio quelli finanziari?

mercati carbonio e finanziari

Secondo l’International Carbon Action Partnership (ICAP), il Partenariato lanciato a Lisbona nel 2007, che riunisce i Governi e le Pubbliche Autorità dei Paesi dell’UE, di Norvegia e Svizzera, 6 Province del Canada, 10 Stati USA, Australia, Nuova Zelanda e Città Metropolitana di Tokio, che hanno progettato e realizzato i “mercati del carbonio”, l’Accordo di Parigi “fornisce una nuova spinta per un dinamico mercato globale del carbonio”.

La previsione è contenuta nello Studio appena pubblicato “Emissions Trading Worldwide”, che costituisce la rappresentazione annuale degli sviluppi politici per l’implementazione dei sistemi di scambio delle emissioni (ETS) a livello mondiale.
Permettendo ai Paesi di utilizzare i mercati internazionali del carbonio per soddisfare i loro impegni (INDCs), di fatto l’accordo ha riconosciuto la potenziale efficacia economica delle soluzioni per contrastare i cambiamenti climatici, basate sul mercato, con 64 Paesi Parti dell’UNFCCC che hanno indicato l’intenzione di utilizzare i mercati internazionali del carbonio come strategia per ottemperare ai contributi nazionali assunti, ed altri 25 che prenderanno in considerazione l’implementazione di un sistema di scambio del carbonio.

Ogni Paese dovrà decidere il modo migliore per soddisfare il proprio obiettivo, e nei prossimi due o tre anni ci sarà una proliferazione di misure climatiche nazionali, tra cui quelle che metteranno un prezzo sulle emissioni – ha scritto nella prefazione il co-Presidente ICAP, Jean-Yves Benoit – L’Emissions Trading Systems (ETS) sono già l’elemento centrale della politica climatica in una serie di giurisdizioni nazionali e subnazionali e il loro numero crescerà ulteriormente nei prossimi anni”.

Benoit ha aggiunto, inoltre, che il nuovo Accordo approva il trasferimento di quote da un Paese all’altro e mette in evidenza la necessità di un meccanismo governato dall’UNFCCC per sostenere la mitigazione del clima e lo sviluppo sostenibile.

Attualmente, i mercati cap-and-trade coprono poco meno del 9% delle emissioni globali di gas a effetto serra e il 40% del PIL mondiale, ma l’ICAP prevede che entro il 2017 la copertura del mercato del carbonio balzerà al 16% delle emissioni e al 49% del PIL.
All’inizio del 2016, sono già in atto 17 ETS in tutto il mondo, che coprono più di 4 miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra.

Il 2015 ha visto emergere come nuovo hotspot per lo scambio di emissioni l’Asia, con 9 nuovi sistemi lanciati negli ultimi tre anni, tra cui quello della Repubblica di Corea, all’inizio dell’anno. Questa forte crescita è destinata a continuare con l’annuncio di un ETS nazionale in Cina per il 2017, tale da costituire il più grande mercato mondiale del carbonio in tutto il mondo. Esperti cinesi del settore valutano che la transizione del gigante asiatico verso il mercato del carbonio sarà rapida, mentre il Ministero dell’Ambiente coreano discute l’implementazione del sistema nazionale coreano, il Governo metropolitano di Tokyo guarda ad un unico programma Cap-and-Trade per tutta la città.

Sull’sponda dell’Atlantico, i cambiamenti climatici continuano a collocarsi tra le priorità dell’agenda politica. Le Province canadesi di Manitoba e Ontario hanno annunciato piani per implementare un ETS, quale quello adottato dalla parte occidentale degli USA con il Climate Initiative della California. L’approvazione del Piano statunitense Clean Power (CPP) ha pure suscitato un rinnovato interesse per un sistema di scambio delle emissioni. L’Air Resources Board della California sta valutando la sua prima fase di funzionamento del suo mercato del carbonio e la possibilità di espanderlo.

Nel frattempo, i sistemi consolidati stanno subendo un processo di riforma strutturale, assicurando di continuare a svolgere un ruolo efficace nella riduzione dei gas serra e di adattarsi al mutare delle circostanze e degli obiettivi climatici. Ad esempio, nell’UE i politici stanno attingendo ad un decennio di esperienza ETS per rendere il sistema a “prova di futuro” nel prossimo decennio. La Commissione UE fornisce la sua visione ai preparativi per la riforma del sistema EU-ETS TS, mentre l’Autorità olandese per le emissioni (NEA) sta verificando come il sistema dell’UE potrebbe essere semplificato e migliorato.
Questi sistemi d’avanguardia continuano a dimostrare al mondo la flessibilità e l’efficacia del commercio delle emissioni e ad ispirare i politici che stanno attualmente sviluppando la prossima generazione di ETS”.

All’ottimismo del Rapporto ICAP sulle ripercussioni positive dell’Accordo di Parigi si contrappone il Rapporto n. 6/febbraio 2016 del Comitato scientifico consultivo European Systemic Risk Board, istituito nel 2008 dall’UE, sull’onda del crollo dei mercati finanziari, per monitorare i rischi, dal titolo significativo “Too late, too sudden: Transition to a low-carbon economy and systemic risk”.

Secondo il gruppo che ha redatto il report, mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 2 °C comporterà una riduzione sostanziale delle emissioni globali di gas a effetto serra nei prossimi decenni. Per ridurre le emissioni, le economie devono ridurre la loro intensità di carbonio. In uno scenario negativo, la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio si verifica in ritardo e bruscamente. Questo scenario potrebbe influenzare il rischio sistemico attraverso tre canali principali:
– l’impatto macroeconomico di improvvise variazioni nei consumi energetici;
– la rideterminazione del valore delle attività ad alta intensità di carbonio;
– un aumento dell’incidenza di catastrofi naturali.

Le implicazioni complessive di rischio sistemico dipendono dal livello di esposizione degli istituti finanziari alle attività ad alta intensità di carbonio e dalla specifica gestione delle politiche di abbattimento delle emissioni, entrambe altamente incerte.
Nel breve termine, una maggiore informazione e ulteriori ricerche potrebbero aiutare a quantificare meglio i rischi macroeconomici.
Nel medio termine, la disponibilità di dati particolareggiati e stress test dedicati a bassa frequenza forniranno informazioni circa l’impatto dello scenario negativo sul sistema finanziario.

Par di capire che uscire da questo “cul de sac” in cui ci siamo cacciati non sarà facile né indolore, con il rischio che a pagarne le conseguenze maggiori saranno ancora una volta i più deboli e le generazioni future, quelli che non ne sono stati responsabili.

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