Secondo il nuovo Rapporto su plastiche ed economia circolare, rilasciato dall’Agenzia europea dell’ambiente, l’uso più intelligente, la maggiore circolarità e l’utilizzo di materie prime rinnovabili, potrebbero contribuire ad un sistema sostenibile e circolare.
Le materie plastiche svolgono un ruolo essenziale nella società moderna, ma determinano anche a impatti significativi sull’ambiente e sul clima. Mentre la consapevolezza, la preoccupazione e l’azione su come smaltiamo la plastica nell’ambiente marino e altrove sono cresciute enormemente negli ultimi anni, ci sono molti altri e meno noti impatti della plastica, incluso il suo contributo ai cambiamenti climatici e alle nuove problematiche correlate alla pandemia di Covid-19. Ridurre tali impatti pur mantenendo l’utilità della plastica richiede un passaggio a un sistema più circolare e sostenibile.
Il Rapporto “Plastics, the circular economy and Europe’s environment. A priority for action”, pubblicato il 28 gennaio 2021 dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), esamina il ruolo delle materie plastiche e i loro effetti sull’ambiente e sul clima, alla luce della Strategia europea per le plastiche del 2018 del nuovo Piano d’azione per l’economia circolare adottato dalla Commissione UE lo scorso marzo, uno dei principali pilastri del Green Deal europeo.
Il rapporto mostra che la produzione, l’uso e il commercio di materie plastiche continuano a crescere. Un numero crescente di politiche e iniziative dell’UE è già in atto per affrontare le sfide poste dalla plastica, in particolare quelle poste dalla plastica monouso. L’AEA indica 3 percorsi per il futuro, tra cui un uso più intelligente della plastica, una maggiore circolarità e l’uso di materie prime rinnovabili. La loro contestuale adozione, può aiutare a garantire il raggiungimento di un sistema di plastica sostenibile e circolare.
“Le sfide poste dalla plastica sono in larga misura dovute al fatto che i nostri sistemi di produzione e consumo non sono sostenibili – ha affermato Hans Bruyninckx, Direttore esecutivo dell’AEA – La pandemia COVID-19 e i cambiamenti climatici hanno amplificato l’attenzione dell’opinione pubblica per la crisi dei rifiuti plastici che dobbiamo affrontare. È chiaro che la strategia migliore è passare a un’economia della plastica fondamentalmente sostenibile e circolare, in cui utilizziamo la plastica in modo molto più saggio, tramite un migliore riutilizzo e riciclo”.
La pandemia del nuovo coronavirus ha provocato cambiamenti nella produzione, consumo e spreco di plastica. Le mascherine di plastica svolgono un ruolo fondamentale nel limitare l’ulteriore diffusione di COVID-19, ma l’aumento dei rifiuti di plastica dovuto alla domanda di mascherine e guanti, oltre a un cambiamento nella produzione e nell’uso di prodotti in plastica monouso quali i contenitori per l’asporto di alimenti e gli imballaggi in plastica utilizzati per le vendite online, possono mettere in pericolo gli impegni a breve termine dell’UE per ridurre l’inquinamento da plastica e passare a un sistema di plastica più sostenibile e circolare.
Il consumo e la produzione di plastica comportano l’utilizzo di grandi quantità di combustibili fossili, con conseguenze per l’ambiente e i cambiamenti climatici. In aggiunta, il rallentamento dell’economica ha visto un forte calo dei prezzi globali del petrolio, rendendo significativamente più economico produrre articoli in plastica da materiali vergini a base fossile piuttosto che utilizzare materiali plastici riciclati. Se la produzione e l’uso di plastica continueranno ad aumentare come previsto, il settore potrebbe rappresentare al 2050 il 20% dell’uso globale di petrolio, rispetto all’attuale 7%.
I dati del Rapporto “Tendenze e fattori trainanti delle emissioni di gas serra” mostrano che le emissioni annuali legate alla produzione di plastica nell’UE ammontano a circa 13,4 milioni di tonnellate di CO2, ovvero circa il 20% delle emissioni dell’industria chimica in tutta l’UE. La redditività economica del mercato europeo e mondiale del riciclaggio della plastica è attualmente sotto pressione significativa e la minore domanda di mercato per la plastica riciclata ha anche complicato gli sforzi di molti Comuni europei per la gestione sostenibile delle proprie pratiche di smaltimento in modo sostenibile, optando di conseguenza per opzioni di smaltimento dei rifiuti di plastica meno adeguate.
Un problema a parte è costituito plastica dei tessuti realizzati con fibre sintetiche come il poliestere e il nylon. Secondo il briefing “Plastic in textiles: towards a circular economy for synthetic textiles in Europe”, contemporaneamente pubblicato dall’AEA, consumatori nell’UE si disfano di circa 5,8 milioni di tonnellate di tessuti all’anno – circa 11 chilogrammi a persona – di cui circa due terzi sono costituiti da fibre sintetiche. Secondo i dati disponibili dal 2017, le famiglie europee hanno consumato circa 13 milioni di tonnellate di prodotti tessili (abbigliamento, calzature e tessili per la casa). I tessuti a base di plastica costituiscono circa il 60% dell’abbigliamento e il 70% dei tessuti per la casa. La promozione di fibre sostenibili, il controllo della diffusione di microplastiche e la raccolta differenziata più efficace, il riutilizzo e il riciclaggio hanno il potenziale per migliorare la sostenibilità e la circolarità dei tessuti sintetici in un’economia circolare.
Vi è un maggiore interesse e opportunità di guadagno nel cambiare i modelli di business tradizionali per renderli più circolari, sottolinea l’Agenzia, consentendo il riutilizzo di materiali e prodotti, e la permanenza di prodotti nell’economia il più a lungo possibile. Un altro briefing dell’AEA, anche questo pubblicato contestualmente, dal titolo “A framework for enabling circular business models in Europe” identifica le azioni che possono essere intraprese per implementare efficacemente modelli economici circolari, e i fattori che consentono di migliorarli su vasta scala come parte dell’atteso passaggio a un’economia circolare. Tale transizione richiederà l’adozione di adeguate politiche di supporto di comportamenti che determinino un cambiamento sia a livello di consumi che di informazione.