Un nuovo Rapporto della IUNC rileva che ogni anno vengono immesse nel Mediterraneo circa 230.000 tonnellate di plastica, equivalenti a 500 container al giorno, e l’Italia, dopo l’Egitto, è il Paese che contribuisce maggiormente a questo inquinamento.
Diffusamente considerato come uno degli ambienti più minacciati al mondo, come ha recentemente rilevato il SoED 2020, il Mar Mediterraneo è soggetto anche ad un altro dei disastri di origine antropica: l’inquinamento da plastica.
Negli ultimi anni altri report sull’inquinamento da plastica del Mare Nostrum avevano messo in luce la gravità del problema, ma il nuovo Rapporto “The Mediterranean: Mare Plasticum” dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUNC), sviluppato in collaborazione con Environmental Action, il centro svizzero di progettazione ecocompatibile, e finanziato da MAVA, la Fondazione privata svizzera che si occupa di ambiente e biodiversità in Africa e nel Mediterraneo, sembra essere un vero e proprio appello per intervenire con misure rapide e ambiziose se si vuole evitare di perdere inesorabilmente la ricca biodiversità dell’area.
Secondo il Rapporto, che si è basato sulle raccolte di dati provenienti da studi sul campo e sull’utilizzo della metodologia IUNC per l’impronta della plastica marina, sono circa 230.000 le tonnellate di plastica che vengono scaricate ogni anno nel Mar Mediterraneo, una quantità equivalente ad oltre 500 container ogni giorno, destinata peraltro a raddoppiare entro il 2040, qualora non siano intraprese azioni efficaci per affrontare un’errata gestione dei rifiuti.
Le macroplastiche derivanti da rifiuti gestiti in modo errato costituiscono il 94% delle immissioni totali di plastica in mare che, una volta degradata, si deposita principalmente nei sedimenti sotto forma di microplastiche (particelle inferiori a 5 mm). Gli autori stimano che più di un milione di tonnellate di plastica si siano accumulate nel Mar Mediterraneo.
“L’inquinamento da plastica può causare danni a lungo termine agli ecosistemi terrestri e marini e alla biodiversità – ha commentato Minna Epps, Direttrice del Global Marine e Polar Program della IUNC – Gli animali marini possono rimanere impigliati o ingoiare rifiuti di plastica e alla fine morire per esaurimento e fame. Inoltre, i rifiuti di plastica rilasciano nell’ambiente sostanze chimiche, come ammorbidenti o ritardanti di fiamma, che possono essere dannose sia per gli ecosistemi che per la salute umana, soprattutto in un mare semichiuso come il Mediterraneo. Come chiarisce questo rapporto, le misure attuali e quelle pianificate non sono sufficienti per ridurre gli scarichi di plastica e prevenire questi impatti”.
Secondo il Rapporto che fa parte di una serie di pubblicazioni nell’ambito del Programma della IUNC “Close the Plastic Tap”, l’Egitto (circa 74.000 tonnellate/anno), l’Italia (34.000 tonnellate/anno) e la Turchia (24.000 tonnellate / anno) sono i Paesi con i più alti tassi di perdita di plastica nel Mediterraneo, principalmente a causa di elevate quantità di rifiuti gestiti male e della densità di popolazione lungo le coste. Tuttavia, a livello pro capite, sono Montenegro (8 kg/anno/persona), Albania, Bosnia-Erzegovina e Macedonia del Nord (ciascuno con un contributo stimato di 3 kg anno persona) i Paesi con i tassi di perdite più alti.
Per le microplastiche primarie, ovvero le plastiche che entrano negli oceani sotto forma di piccole particelle, a differenza di quelle che derivano da rifiuti di plastica più grandi che si degradano in acqua, il flusso è stimato in 13.000 tonnellate/anno. La polvere degli pneumatici è fonte principale di tale perdita (53%), seguita da tessuti (33%), microsfere nei cosmetici (12%) e dalla produzione di pellet (2%).
Tenendo conto che è previsto un aumento annuale della produzione globale di plastica del 4%, il Rapporto delinea diversi scenari di rilascio di rifiuti plastici e valuta le azioni chiave che potrebbero contribuire a ridurne i flussi nel Mediterraneo nei prossimi 20 anni. Se si continua business as usual, secondo gli autori del Rapporto, gli scarichi annuali raggiungeranno le 500.000 tonnellate all’anno entro il 2040, sottolineando che saranno necessari interventi ambiziosi ben oltre gli impegni attuali per ridurre il flusso di plastica in mare.
“I governi, il settore privato, gli istituti di ricerca, le altre industrie e i consumatori – ha affermato Antonio Troya, Direttore Centro per la Cooperazione Mediterranea della IUNC –devono collaborare per ridisegnare i processi e le catene di approvvigionamento, investire nell’innovazione e adottare modelli di consumo sostenibili e le migliori pratiche di gestione dei rifiuti per chiudere il flusso della plastica”.
Secondo il Rapporto, il miglioramento nella gestione dei rifiuti, a partire dalla loro raccolta, è essenziale per ridurre il flusso di plastica nel tempo, sottolineando che ogni anno potrebbero essere evitate più di 50.000 tonnellate di immissioni di plastica nel Mediterraneo se la gestione dei rifiuti dovesse essere migliorata secondo gli standard delle migliori pratiche globali nelle sole 100 città più importanti del bacino. Inoltre, si evidenzia che la messa al bando dei sacchetti di plastica in tutti i 33 Paesi dell’area ridurrebbe la dispersione di altre 50.000 tonnellate all’anno.