Esperti di fama internazionale di biodiversità e servizi ecosistemici (IPBES) e di cambiamenti climatici (IPCC) lanciano un Rapporto dove vengono indicate le opzioni chiave per affrontare la perdita di biodiversità e i cambiamenti climatici, indotti dalle attività umane, che si rafforzano a vicenda e che non saranno risolti con successo se non verranno affrontati insieme.
Nel dicembre 2020, 50 tra i maggiori esperti mondiali di biodiversità e clima, selezionati da un Comitato scientifico direttivo congiunto di 12 persone deIl’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) e dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) IPCC, hanno partecipato a un seminario virtuale di 4 giorni per esaminare le sinergie e le correlazioni tra protezione della biodiversità e le azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Si è trattato della prima collaborazione in assoluto tra i due organismi di politica scientifica intergovernativa.
Ne è seguito un Rapporto che è stato lanciato il 10 giugno 2021, alla vigilia della VIII Sessione IPBES che si sta svolgendo online (14-24 giugno 2021).
“I cambiamenti climatici indotti dalle attività antropiche stanno minacciando sempre più la natura e i contributi da essa offerti alle persone, inclusa la sua capacità di aiutare a mitigarli – ha affermato il Prof. Hans-Otto Pörtner, co-Presidente del Comitato Scientifico Direttivo e Co-Presidente del 2° Gruppo di Lavoro (WGII) dell’IPCC, che valuta la vulnerabilità dei sistemi socio-economici ai cambiamenti climatici – Più caldo diventa il mondo, meno cibo, acqua potabile e altri contributi chiave che la natura può offrire per le nostre vite avremo in molte regioni. I cambiamenti nella biodiversità, a loro volta, influenzano il clima, in particolare attraverso gli impatti sui cicli dell’azoto, del carbonio e dell’acqua. L’evidenza è chiara: un futuro globale sostenibile per le persone e la natura è ancora realizzabile, ma richiede un cambiamento trasformativo con azioni rapide e di vasta portata di un tipo mai tentato prima, basandosi su ambiziose riduzioni delle emissioni. Risolvere alcuni dei compromessi forti e apparentemente inevitabili tra clima e biodiversità comporterà un profondo spostamento collettivo dei valori individuali e condivisi riguardanti la natura, come l’allontanamento dalla concezione del progresso economico basato esclusivamente sulla crescita del PIL, verso una che metta in equilibrio lo sviluppo umano con i molteplici valori della natura per una buona qualità della vita, senza superare i limiti biofisici e sociali”.
Gli autori avvertono anche che azioni mirate per contrastare i cambiamenti climatici mettere in pericolo direttamente e indirettamente la natura e viceversa, ma esistono molte misure che possono fornire un contributo positivo significativo in entrambe le aree. Tra le più importanti a disposizione ci sono:
– Arresto della perdita e del degrado degli ecosistemi ricchi di carbonio e di specie sulla terra e nell’oceano, in particolare foreste, zone umide, torbiere, praterie e savane; ecosistemi costieri come mangrovie, paludi salmastre, foreste e praterie di alghe; così come gli habitat blue carbon delle acque profonde e polari. Il rapporto evidenzia che la riduzione della deforestazione e del degrado forestale può contribuire a ridurre le emissioni di gas serra di origine antropica da 0,4 a 5,8 gigatonnellate di anidride carbonica equivalente ogni anno.
– Ripristino degli ecosistemi ricchi di carbonio e specie. In accordo con le finalità del Decennio delle Nazioni Unite per il ripristino degli ecosistemi (2021-2030), gli autori mettono in evidenza che il ripristino è tra le misure di mitigazione del clima basate sulla natura più economiche e rapide da implementare, fornendo habitat tanto necessari per piante e animali, migliorando così la resilienza della biodiversità di fronte ai cambiamenti climatici, con molti altri benefici come la regolazione delle inondazioni, la protezione delle coste, il miglioramento della qualità dell’acqua, la riduzione dell’erosione del suolo e la garanzia dell’impollinazione. Il ripristino dell’ecosistema può anche creare posti di lavoro e reddito, specialmente se si prendono in considerazione le esigenze e i diritti di accesso delle popolazioni indigene e delle comunità locali.
– Aumentare le pratiche agricole e forestali sostenibili per migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, migliorare la biodiversità, aumentare lo stoccaggio del carbonio e ridurre le emissioni, attività che includono misure come la diversificazione delle colture e delle specie forestali, l’agroforestazione e l’agroecologia. Una migliorata gestione dei terreni coltivati e dei sistemi di pascolo, come la conservazione del suolo e la riduzione dell’uso di fertilizzanti, si stima che offra al contempo un potenziale annuale di mitigazione dei cambiamenti climatici pari a 3 – 6 gigatonnellate di anidride carbonica equivalente.
– Migliorare e mirare meglio le azioni di conservazione e fare in modo che siano coordinate e supportate da un forte adattamento climatico e dall’ innovazione. Le aree protette rappresentano attualmente circa il 15% della terra e il 7,5% dell’oceano. Ci si aspetta risultati positivi dal sostanziale aumento di aree intatte ed efficacemente protette. Le stime globali dei requisiti esatti per aree efficacemente protette e conservate per garantire un clima abitabile, una biodiversità autosufficiente e una buona qualità della vita non sono ancora ben stabilite, ma vanno dal 30 al 50% di tutte le superfici oceaniche e terrestri. Le opzioni per migliorare gli impatti positivi delle aree protette presuppongono maggiori risorse, migliore gestione e applicazione e migliore distribuzione con una maggiore interconnessione tra queste aree. Sono inoltre necessarie misure di conservazione che vadano al di là delle aree protette, compresi i corridoi migratori e la pianificazione per i cambiamenti climatici, come pure una migliore integrazione delle persone con la natura per garantire l’equità di accesso e utilizzo degli apporti della natura per le persone.
– L’eliminazione dei sussidi che supportano le attività locali e nazionali dannose per la biodiversità, come deforestazione, eccessiva fertilizzazione e pesca eccessiva, può anche contribuire alla mitigare e all’adattamento ai ai cambiamenti climatici, insieme alla modifica dei modelli di consumo individuali, alla riduzione delle perdite e degli sprechi e al cambiamento delle diete alimentari, soprattutto nei Paesi ricchi, verso opzioni più ricche di vegetali.
Ma alcune misure di mitigazione e adattamento, avvertono gli autori del Rapporto, vengono identificate come dannose per la biodiversità e i servizi ecosistemici, tra cui:
– Piantare colture bioenergetiche in monocolture su una quota molto ampia di terreni. Tali colture sono dannose per gli ecosistemi se utilizzate su scala molto ampia, riducendo i contributi della natura alle persone e impedendo il raggiungimento di molti degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Su piccola scala, accanto a riduzioni pronunciate e rapide delle emissioni di combustibili fossili, le colture bioenergetiche dedicate alla produzione di elettricità o usate come combustibili possono fornire benefici collaterali per l’adattamento climatico e la biodiversità.
Piantare alberi in ecosistemi che storicamente non sono stati foreste e rimboschire con monocolture, soprattutto con specie arboree esotiche. Questo può contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici, ma è spesso dannoso per la biodiversità, la produzione alimentare e altri contributi della natura alle persone, e non presenta chiari benefici per l’adattamento climatico e può far sfollare le popolazioni locali a causa della competizione per la terra.
– Aumento della capacità di irrigazione. Dare una risposta comune per adattare i sistemi agricoli alla siccità che spesso porta a conflitti per l’acqua, alla costruzione di dighe e degrado del suolo a lungo termine dovuto alla salinizzazione.
– Qualsiasi misura che si concentri troppo strettamente sulla mitigazione dei cambiamenti climatici dovrebbe essere valutata in termini di benefici e rischi complessivi, come alcune energie rinnovabili che generano picchi di attività mineraria o consumano grandi quantità di terreno. Lo stesso vale per alcune misure tecniche che si concentrano troppo sull’adattamento, come la costruzione di bacini e dighe. Sebbene esistano importanti opzioni per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici, queste possono avere grandi impatti ambientali e sociali negativi, come l’interferenza con le specie migratorie e la frammentazione degli habitat. Tali impatti possono essere ridotti al minimo, ad esempio, sviluppando batterie alternative e prodotti di lunga durata, sistemi di riciclaggio efficienti per le risorse minerarie e approcci all’estrazione mineraria che includano una forte considerazione per la sostenibilità ambientale e sociale.
Gli autori del rapporto mettono in rilievo che mentre la natura offre modi efficaci per aiutare a mitigare i cambiamenti climatici, queste soluzioni possono essere efficaci solo se si basano su riduzioni ambiziose di tutte le emissioni di gas serra indotte dall’uomo.
“I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità si combinano per minacciare la società, spesso amplificandosi e accelerandosi vicendevolmente – ha osservato il Presidente dell’IPCC, Hoesung Lee –Concentrandosi sulle sinergie e sui compromessi tra la protezione della biodiversità e la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, il workshop ha promosso il dibattito su come massimizzare i benefici per le persone e il pianeta, rappresentando anche un passo importante nella collaborazione tra le nostre due comunità”.