Cambiamenti climatici

COP28 al via: l’azione climatica non può più attendere

Ad otto anni dall’Accordo di Parigi e a metà strada per il conseguimento dell’Agenda 2030 la COP28, pur in un clima di tensioni geopolitiche che rischiano di ripercuotersi sul Vertice di Dubai, è l’occasione non più dilazionabile per intraprendere un nuovo percorso verso un’azione efficace per il clima, dal momento che tutti i Rapporti che sono stati diffusi in questi ultimi mesi confermano che il mondo è completamente fuori strada per conseguire gli obiettivi.

Si apre oggi a Dubai la 28ma Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC-COP28) nel tentativo sempre difficile di dare risposte alla crisi climatica che sta peggiorando.

Nel corso delle 2 settimane di colloqui e trattative che coinvolgeranno migliaia di funzionari ministeriali e diplomatici in trattative a nome dei propri Governi, si svolgeranno una serie di eventi collaterali che cercheranno di mettere in evidenza che siamo ad una fase cruciale per arrestare il riscaldamento globale che tutti, o quasi, riconoscono essere conseguenza delle attività umane.

Anche se non è all’ordine del giorno alcun trattato, come accaduto alla COP15 con l’Accordo di Parigi, tuttavia il Vertice dovrà definire la velocità e la direzione degli sforzi di decarbonizzazione globale, a cui guarderanno sia la società civile rappresentata dalle tante Ong accreditate, preoccupata per le conseguenze che la crisi climatica comporta per il benessere e la salute dei cittadini, sia il mondo delle imprese e della finanza per cogliere i segnali di mercato e di investimento.

Il questo contesto, stante che le decisioni devono essere assunte all’unanimità e considerata la grande difformità delle varie Parti, si deve sempre giungere a compromessi, con il rischio che l’ accordo definito possa essere tacciato da accuse di conflitto di interesse, vista la figura del Presidente della Conferenza Sultan Al-Jaber è a Capo Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC), la compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi Uniti,  che avrebbe condotto durante le riunioni preparatorie, secondo un’inchiesta della BBC, anche trattative commerciali.

Il principale punto all’ordine del giorno della COP28 è il Global Stocktake (GST) è il processo previsto dall’art. 14 dell’Accordo di Parigper fare il punto sull’attuazione dell’accordo, con l’obiettivo di valutare i progressi collettivi globali verso il raggiungimento dello scopo dell’accordo e dei suoi obiettivi a lungo termine”, che si tiene ogni cinque anni e che è destinato a informare la prossima tornata di contributi determinati a livello nazionale (NDC) ovvero le “promesse” che sono state avanzate dai governi di tutto il mondo in termini di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, da presentare entro il 2025.

Lo scorso ottobre il Segretariato dell’UNFCC ha pubblicato il Rapporto di sintesi che evidenzia il notevole divario tra l’azione attuale e ciò che è necessario per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 – 2 °C rispetto ai livelli preindustriali. 

Secondo l’IPCC,  le emissioni devono essere ridotte del 43% entro il 2030, sulla base dei livelli del 2019, per mantenere il riscaldamento entro 1,5 °C.

L’Emissions Gap Report 2023, pubblicato dall’UNEP la scorsa settimana, ha evidenziato che con gli attuali nuovi e aggiornati impegni e aggiornati (NDC) che i Governi hanno sottoscritto, seppure attuati, alla fine del secolo il mondo avrà la temperatura globale tra 2,5 – 2,9 °C, ben superiore agli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Un altro tema dirimente è la fine dei combustibili fossili.

I Paesi dell’High Ambition Coalition hanno ribadito che vogliono rafforzare l’impegno assunto a Glasgow (COP26) di “eliminare gradualmente” i combustibili fossili, posizione condivisa dall’AOSIS (l’Alleanza dei Piccoli Stati Insulari) e dalla stessa UE l’energia a carbone e garantire l’impegno a eliminare il carbone e gradualmente i combustibili fossili, che viene continuamente disatteso da gran parte dei Paesi del G20 che continuano ad investire nelle fonti fossili.

Ma i principali esportatori di combustibili fossili e le principali economie emergenti, controbattono che le tecnologie di cattura e rimozione del carbonio (CCS) e la rimozione della CO2, al momento poco implementata,  può far proseguire la produzione continua di combustibili fossili compatibilmente con gli obiettivi climatici globali, e come controproposta, sostenuta dalla Presidenza della COP, c’è l’impegno a definire obiettivi per triplicare la capacità globale di energie rinnovabili e raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030. Ma non è scontato che tali misure mettano il mondo sulla giusta traiettoria per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi.

Un recente Studio coordinato da famoso climatologo James Hansen, ribadisce che l’obiettivo non sarà possibile senza abbandonare il prima possibile, e non solo, l’uso dei combustibili fossili.

L’altro grande tema critico è il Fondo Loss&Damage che deve garantire i finanziamenti per le perdite e i danni subiti dai Paesi in via di sviluppo per effetto dei cambiamenti climatici dei quali non sono responsabili, che le Parti hanno concordato l’anno scorso alla COP27 di Sharm el-Sheikh, nonostante l’accordo di compromesso raggiunto, o meglio imposto, dalla Presidenza nell’ultima riunione del Transitional Commitee e che potrebbe ritornare ad addensare nuvole minacciose sulla COP28, non tanto su chi dovrà gestire il Fondo (si è concordato per la Banca Mondiale), quanto su chi dovrebbe  versare e come sarà distribuito.

Sempre in tema di finanziamenti, non è stato ancora raggiunto il Fondo per il Clima da 100 miliardi di dollari l’anno deciso nel 2014, e devono essere sbloccati ulteriori finanziamenti per le energie rinnovabili che l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha stimato in 4.500 miliardi di dollari all’anno.

Tutto questo si svolgerà all’interno di un contesto geopolitico di grandi tensioni con due guerre in corso che non sembrano risolversi presto e che è difficile tener fuori lontano da Dubai. E intanto Xi Jnping e Biden hanno annunciato che non saranno presenti a Dubai, anche se Cina e Stati Uniti hanno recentemente siglato l’Accordo di  Sunnylands di cooperazione per affrontare la crisi climatica.

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