Cambiamenti climatici Energia Fonti fossili

BNEF: sussidi da G20 a combustibili fossili nel 2022 sono raddoppiati

Il Rapporto annuale “Climate Policy Factbook” di Bloomberg New Energy Finance (BNEF), quest’anno in collaborazione con Bloomberg Philantropie, tradizionalmente pubblicato alla vigilia della Conferenza delle Parti (COP) dell’UNFCCC, rivela che i Paesi del G20, nonostante le reiterate dichiarazioni ufficiali a conclusione dei Vertici e la sottoscrizione dell’Accordo di Parigi, hanno raddoppiato nel 2022 i sussidi ai combustibili fossili.

L’ultimo Emissions Gap Report che il Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) ha presentato 2 giorni fa e che costituisce la relazione scientifica di verifica delle azioni e misure degli impegni presi a Parigi (2015)per mantenere alla fine del secolo l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 °C e di fare tutti gli sforzi possibili per contenerlo a 1,5 °C, ha il titolo emblematico “Il disco è rotto: le temperature raggiungono nuovi massimi, ma il mondo non riesce a ridurre (ancora) le emissioni”, ironizzando sul fatto che nonostante gli avvertimenti che si sono susseguiti in questi anni, il mondo non riesca ancora a ridurre le emissioni, mettendosi sulla traiettoria di 2,9 °C di aumento alla fine del secolo rispetto al periodo pre-industriale, ben oltre i target dell’Accordo di Parigi.

Il RapportoClimate Policy Factbook: COP28 Edition. Priority areas for climate action”, pubblicato ieri da Bloomberg New Energy Finance (BNEF) fornisce una implicita risposta all’aumento delle emissioni, rivelando come i Governi e le Imprese statali di 19 Paesi del G20 abbiano concesso l’anno scorso 1,3 trilioni di dollari di sostegno all’industria dei combustibili fossili, il doppio del 2021, nonostante i reiterati comunicati finali dei Vertici sugli impegni a ridurre gradualmente i sussidi e la firma dei singoli Paesi membri all’Accordo di Parigi.

Pur riconoscendo che gran parte dell’aumento di sussidi del 2022 è dovuta alla crisi energetica globale seguita alla guerra Russia-Ucraina, con i governi che sono intervenuti per offrire sostegno ai consumatori sui prezzi dell’energia, per un totale di 830 miliardi di dollari, il Rapporto BNEF, redatto quest’anno in collaborazione con Bloomberg Philantropie, rileva tuttavia che tali sussidi spesso avvantaggiano in modo sproporzionato gli utenti di energia più ricchi. I restanti 446 miliardi di dollari sono andati ai produttori di combustibili fossili, anche se molti di loro hanno goduto di profitti record, con le major del petrolio e del gas che hanno visto il loro utile netto aumentare dell’84% nel 2022.

Il Climate Policy Factbook di BNEF valuta i progressi dei membri del G-20 in 3 aree politiche:
1) eliminazione graduale del sostegno ai combustibili fossili;
2) imposizione di un prezzo sulle emissioni;
3) attuazione di politiche sul rischio climatico

Obiettivo del Rapporto è di aumentare la trasparenza e definire le priorità in vista della COP28, dove le Parti concluderanno il primo Global Stocktake sui progressi globali verso l’Accordo di Parigi e forniranno raccomandazioni politiche per incoraggiare i Governi a incrementare i loro piani climatici.

Mentre le città e gli stati corrono avanti nell’azione per il clima, i governi nazionali restano indietro, dal momento che i sussidi ai combustibili fossili stanno danneggiando la transizione verso l’energia pulita, aumentando a lungo termine i costi energetici per i cittadini – ha dichiarato Michael R. Bloomberg, inviato speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per le ambizioni e le soluzioni climatiche e fondatore di Bloomberg LP e Bloomberg Philanthropies – Per attenuare i peggiori danni sanitari ed economici derivanti dal cambiamento climatico, il mondo ha bisogno che più governi si facciano avanti e mantengano i loro impegni, ponendo fine ai sussidi per i combustibili fossili. Questo nuovo rapporto evidenzia alcune delle azioni che possono intraprendere immediatamente”.

Nonostante l’aumento del sostegno ai combustibili fossili nel 2022, si osserva nel Rapporto, la quota di sostegno del G20 destinata al carbone si sta lentamente riducendo, dall’8% nel 2017 al 2% nel 2022. Ma 21 miliardi di dollari sono stati comunque stanziati per i combustibili fossili a maggiore intensità di emissioni lo scorso anno.

I produttori e i consumatori di petrolio e gas hanno attratto poco più di 1 trilione di dollari di sostegno pubblico nel 2022, con i restanti 250 miliardi di dollari destinati all’energia alimentata da combustibili fossili.

Secondo l’analisi della BNEF, lo scorso anno il sostegno pubblico del G-20 ai combustibili fossili avrebbe potuto finanziare 1,9 Terawatt di centrali solari. Si tratta di 10 volte il volume effettivo di capacità solare costruita nei paesi del G-20 lo scorso anno ed è all’incirca la stessa dimensione dell’intera flotta di centrali elettriche del Nord e del Sud America messe insieme – ha affermato Victoria Cuming, responsabile delle Politiche globali di BNEF e autore responsabile del Factbook – È difficile vedere come questo sia in linea con i numerosi impegni assunti dai governi ai recenti vertici e COP del G-7 e del G-20”.

I membri del G20 si muovono a velocità molto diverse. Due stati – Brasile e Corea del Sud – hanno ottenuto una sostanziale riduzione del sostegno ai combustibili fossili nel periodo 2017-2021 (l’ultimo anno per il quale sono disponibili dati a livello nazionale). Al contrario, Indonesia, Messico, Sudafrica e Turchia hanno più che raddoppiato i propri finanziamenti in questo periodo, con uno slancio trainato soprattutto dalla spesa delle aziende statali. Il maggior contribuente del G20 al sostegno dei combustibili fossili nel 2021 è risultato la Cina, rappresentando un quarto della somma complessiva, anche se su base pro capite ha il 5° sostegno più basso, pari a 97 dollari, rispetto ai 2.309 dollari dell’Arabia Saudita.

Per guidare efficacemente l’eliminazione del carbone e degli altri combustibili fossili, i membri del G20 devono introdurre un prezzo significativo del carbonio in modo che aziende e consumatori paghino per le loro emissioni di gas serra. Tredici economie del G20 hanno lanciato tasse o mercati sul carbonio a livello nazionale, mentre Brasile, India e Turchia stanno pianificando tali programmi. Tuttavia, la maggior parte dei programmi esistenti sono inefficaci a causa dei prezzi bassi o delle generose concessioni come permessi gratuiti di carbonio o esenzioni fiscali.

La terza area prioritaria è l’implementazione di politiche e regolamenti per spingere le aziende e le istituzioni finanziarie a valutare e mitigare la loro esposizione ai rischi legati al clima. Il cambiamento climatico pone rischi sempre crescenti per banche, investitori e assicuratori, nonché per le aziende, minacciando in ultima analisi la stabilità finanziaria delle economie. Sebbene alcuni policy maker del G20 siano convinti di questi pericoli, pochi hanno intrapreso azioni efficaci per richiedere alle imprese di ridurre la propria esposizione.

Il Rapporto della BNEF rivela che gli Stati membri del G-20 si trovano in fasi significativamente diverse in questo processo. L’UE e il Regno Unito sono all’avanguardia, ma altri Paesi stanno ancora costruendo i propri quadri normativi attraverso linee guida volontarie e gruppi pilota. Al contempo, alcuni paesi, come Stati Uniti, Arabia Saudita e Turchia, sono ancora più indietro.

Istantanea sull’Italia. Fonte: Climate Policy Factbook: COP28 Edition

Il Rapporto contiene delle istantanee per Paese. In quello dedicato all’Italia, si legge nel preambolo che “Come Germania e Francia, anche l’Italia rientra nell’obiettivo vincolante dell’UE di riduzione delle emissioni di gas serra almeno del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e di raggiungere lo zero netto entro il 2050. Ha implementato il miglior sostegno settoriale a basse emissioni di carbonio mirato al sistema energetico, sebbene l’integrazione delle energie rinnovabili sia stata ostacolata da ritardi di connessione alla rete. Rispetto a Germania e Francia ha offerto molto meno sostegno nazionale all’idrogeno e il suo lento avvio all’introduzione di sussidi all’acquisto determinano ritardi nelle vendite di veicoli elettrici”.

In copertina: Immagine tratta da Africa Sustainability Matters

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.