Secondo il Food Waste Index Report 2024 di UNEP e WRAP, diffuso alla vigilia della Giornata Internazionale Rifiuti Zero (30 marzo 2024), che mira a sostenere l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 12.3 per dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030, nel 2022 sono stati generati rifiuti alimentari per 1,05 miliardi di tonnellate, pari a 132 chilogrammi pro capite e quasi un quinto di tutto il cibo a disposizione dei consumatori.
Alla vigilia della Giornata Internazionale Rifiuti Zero (30 marzo 2024) , proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con l’obiettivo di promuovere modelli di consumo e produzione sostenibili di cibo e di sostenere il passaggio a società circolari, aumentando e la consapevolezza su come le iniziative Rifiuti Zero contribuiscano all’avanzamento dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, il Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) a cui è affidato il compito di organizzare insieme a UN-Habitat le attività celebrative, ha diffuso il 27 marzo 2024, nel corso di un evento online il Rapporto 2024 Food Waste Index, redatto in collaborazione con WRAP (The Waste and Resources Action Programme), Ong britannica che lavora con le imprese e i privati nella riduzione dei rifiuti e nello sviluppo di prodotti sostenibili.
Il settore dei rifiuti contribuisce in modo significativo alla triplice crisi planetaria: cambiamento climatico, perdita di biodiversità e natura e inquinamento. Si stima che l’umanità generi ogni anno 2,24 miliardi di tonnellate di rifiuti solidi urbani, di cui solo il 55% viene gestito in strutture controllate. Ogni anno circa 931 milioni di tonnellate di cibo vanno perse o sprecate e fino a 14 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entrano negli ecosistemi acquatici.
Il nuovo Rapporto, redatto a 3 anni di distanza dal primo che ha segnato un momento cruciale nella comprensione dello spreco alimentare globale nei settori della vendita al dettaglio, della ristorazione e delle famiglie, rivelando che gli sprechi a livello mondiale siano ben maggiori di quanto si pensasse di quanto si pensasse in precedenza, si articola sullo stesso modello:
– in primo luogo vengono presentati dati provenienti da tutto il mondo, fornendo stime globali e nazionali significativamente più solide e dettagliate;
– in secondo luogo, amplia la metodologia di misurazione dello spreco alimentare, offrendo indicazioni migliorate sulla misurazione nei settori della vendita al dettaglio, della ristorazione e delle famiglie;
– infine, si passa dalla misurazione degli sprechi alimentari all’esplorazione di soluzioni per la loro riduzione, concentrandosi sui partenariati pubblico-privato.
Secondo i dati del Rapporto, nel 2022 sono stati generati 1,05 miliardi di tonnellate di rifiuti alimentari (comprese le parti non commestibili), pari a 132 chilogrammi pro capite e quasi un quinto di tutto il cibo a disposizione dei consumatori. Del totale spreco alimentare nel 2022, il 60% è avvenuto a livello familiare, con i servizi di ristorazione responsabili del 28% e la vendita al dettaglio del 12%.
“Lo spreco alimentare è una tragedia globale – ha affermato Inger Andersen, Direttrice esecutiva dell’UNEP – Milioni di persone soffriranno la fame oggi perché il cibo viene sprecato in tutto il mondo. Non solo si tratta di un importante problema di sviluppo, ma gli impatti di tali rifiuti superflui stanno causando costi sostanziali al clima e alla natura. La buona notizia è che sappiamo che se i Paesi dessero priorità a questo problema, potrebbero invertire significativamente la perdita e lo spreco alimentare, ridurre gli impatti climatici e le perdite economiche e accelerare i progressi verso gli obiettivi globali”.
Dal 2021, c’è stato un rafforzamento dell’infrastruttura dei dati con più studi che monitorano lo spreco alimentare. A livello globale, il numero di dati a livello familiare è quasi raddoppiato. Tuttavia, molti paesi a basso e medio reddito continuano a non avere sistemi adeguati per monitorare i progressi compiuti verso il raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 12.3: “Entro il 2030, dimezzare lo spreco pro capite globale di rifiuti alimentari nella vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo lungo le filiere di produzione e fornitura, comprese le perdite post-raccolto”.
Solo 4 Paesi del G20 (Australia, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti) e l’UE dispongono di stime sullo spreco alimentare adatte a monitorare i progressi fino al 2030. Canada e Arabia Saudita hanno stime adeguate sulle famiglie, con la stima del Brasile prevista per la fine del 2024. In questo contesto, il Rapporto funge da guida pratica per i Paesi per misurare e segnalare in modo coerente gli sprechi alimentari.

I dati confermano che lo spreco alimentare non è solo un problema dei “Paesi ricchi”, con livelli di spreco alimentare domestico che differiscono nei livelli medi osservati per i paesi ad alto reddito, medio-alto e medio-basso di soli 7 kg pro capite. Allo stesso tempo, i Paesi più caldi sembrano generare più sprechi alimentari pro capite nelle famiglie, potenzialmente a causa del maggiore consumo di alimenti freschi con parti sostanziali non commestibili e della mancanza di robuste catene del freddo.
Secondo dati recenti, le perdite e gli sprechi alimentari generano l’8-10% delle emissioni globali annuali di gas serra (GHG) – quasi 5 volte quelle del settore dell’aviazione – e una significativa perdita di biodiversità, assorbendo l’equivalente di quasi un terzo delle emissioni mondiali dei terreni agricoli. Si stima che il costo delle perdite e degli sprechi alimentari sull’economia globale sia di circa 1 trilione di dollari.
Si prevede che le aree urbane trarranno particolare beneficio dagli sforzi volti a rafforzare la riduzione degli sprechi alimentari e la circolarità. Le aree rurali generalmente sprecano meno cibo, e la spiegazione più probabile è che gran parte degli avanzi alimentari viene usata per gli animali domestici, il bestiame e il compostaggio domestico.
Al 2022, solo 21 Paesi hanno incluso la riduzione delle perdite e/o degli sprechi alimentari nei propri Piani climatici nazionali (NDC), il cui processo di revisione del 2025 offre un’opportunità chiave per aumentare le ambizioni climatiche integrando le perdite e gli sprechi alimentari. Il Food Waste Index Report sottolinea l’urgenza di affrontare lo spreco alimentare sia a livello individuale che sistemico.
Sono necessarie basi di riferimento solide e misurazioni regolari affinché i Paesi possano mostrare i cambiamenti nel tempo. Grazie all’attuazione di politiche e partenariati, paesi come il Giappone e il Regno Unito dimostrano che un cambiamento su larga scala è possibile, con riduzioni rispettivamente del 31% e del 18%.
“Con gli enormi costi per l’ambiente, la società e le economie globali, causati dallo spreco alimentare, abbiamo bisogno di un’azione più coordinata tra i continenti e le catene di approvvigionamento – ha affermato Harriet Lamb, CEO di WRAP – Sosteniamo l’UNEP nel chiedere a più paesi del G20 di misurare gli sprechi alimentari e di lavorare verso l’Obiettivo 12.3 Questo è fondamentale per garantire che il cibo sfami le persone e non le discariche. I partenariati pubblico-privati sono uno strumento chiave che fornisce risultati oggi, ma richiedono sostegno: siano essi filantropici, aziendali o governativi, gli attori devono mobilitarsi a sostegno di programmi che affrontano l’enorme impatto che lo spreco di cibo ha sulla sicurezza alimentare, sul nostro clima e sui nostri portafogli”.
L’UNEP continua a monitorare i progressi a livello nazionale per dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030, con una crescente attenzione a soluzioni che vanno, oltre la misurazione, verso la riduzione. Una di queste soluzioni è l’azione sistemica attraverso i partenariati pubblico-privati (PPP): portare il settore pubblico, quello privato e quello non governativo a lavorare insieme, identificare i colli di bottiglia, co-sviluppare soluzioni e promuovere il progresso. Finanziamenti adeguati possono consentire ai PPP di ridurre gli sprechi alimentari dal campo alla tavola, ridurre le emissioni di gas serra e lo stress idrico, condividendo al tempo stesso le migliori pratiche e incoraggiando l’innovazione per un cambiamento olistico a lungo termine. I PPP sulle perdite e sugli sprechi alimentari stanno crescendo in tutto il mondo, anche in Australia, Indonesia, Messico, Sud Africa e nel Regno Unito, dove hanno contribuito a ridurre oltre un quarto dello spreco alimentare pro capite delle famiglie nel periodo 2007-2018.