Circular economy

Circular Economy: in Italia solo un’impresa su 3 adotta pratiche

La IV edizione del Circular Economy Report realizzato dall’E&S Group del Politecnico di Milano con l’obiettivo di comprendere lo stato dell’arte, le possibilità di sviluppo e la crescita dell’economia circolare in Italia, evidenzia che le imprese che ne hanno adottato le pratiche hanno già risparmiato 15,6 miliardi di euro che sono tuttavia solo il 15% di quanto si potrebbe risparmiare entro il 2030.

I risparmi ottenuti in Italia nell’ultimo anno grazie all’adozione di pratiche di economia circolare equivalgono a un miliardo e 200 milioni di euro, per il 57% nelle costruzioni, che fanno salire il totale a 15,6 miliardi, cioè appena il 15% dell’obiettivo di 103 miliardi fissato al 2030. Resta un gap di quasi 88 miliardi, che significa che per colmarlo bisognerebbe risparmiarne circa 11 miliardi all’anno, decuplicando l’attuale sforzo.

È quanto emerge dal “Circular Economy Report 2023” dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, giunto alla sua IV edizione e presentato il 29 novembre 2023 corso di un Convegno dedicato a cui hanno partecipato le aziende partner della ricerca, che analizza alcuni dei principali trend che stanno caratterizzando il passaggio dal paradigma lineare ad uno circolare come nuovo modello di crescita rigenerativa per il mondo delle imprese.

Il Rapporto segnala che la Strategia Nazionale per l’Economia Circolare arranca, con un generale ritardo delle misure previste per il 2023, che si assomma ad un ritardo che anche nel 2022 aveva interessato il primo set di azioni messe in campo nel nostro Paese. Particolarmente difficoltose sono le procedure autorizzative, necessarie però per poter connettere settori diversi e avviare al riuso le materie prime “seconde”. Nel frattempo, l’Europa mostra un passo diverso, con una diffusione delle policy per l’Economia Circolare sempre più trasversale ed una espansione delle aree e dei prodotti coinvolti dalla direttiva eco-design.

L’Economia circolare è uno dei due pilastri fondamentali della transizione ecologica senza soluzioni strutturali che ci consentano di soddisfare la domanda in crescita di beni e servizi con una riduzione del fabbisogno di materie prime, soprattutto quelle critiche, non potremo mantenere la sostenibilità del sistema economico – ha commentato Davide Chiaroni, responsabile scientifico del Report e co-fondatore di Energy&Strategy – Eppure, rispetto alla decarbonizzazione per la quale è indispensabile (sfruttandola appieno, al 2030 la Circular economy porterebbe a una riduzione delle emissioni pari a circa 6,2 MtCO2eq, mentre al ritmo attuale non si andrebbe oltre i 2,2 MtCO2eq), l’Economia circolare non ha l’attenzione che merita. Specialmente in Italia, dove è spesso identificata solo con il riciclo dei rifiuti e dove le difficoltà economiche hanno portato ad accantonarla, soprattutto nel caso delle imprese più piccole. È necessario invertire subito questa tendenza, anche tramite maggiori investimenti pubblici e un quadro normativo stabile e incentivante”.

Nel frattempo, l’Europa mostra un passo diverso, con una diffusione delle policy per l’Economia Circolare sempre più trasversale ed una espansione delle aree e dei prodotti coinvolti dalla Direttiva eco-design. Da una comparazione realizzata sulla base di un set di 10 indicatori statistici, riferiti alle 5 sezioni tematiche individuate dalla versione aggiornata dell’European Circular Economy Monitoring Framework, l’Italia risulta essere tra le nazioni con le più alte performance tra le principali economie europee. Se si guarda però alle misure più specificatamente riferite alla sola “circolarità” (material footprint, produttività delle risorse, tasso di utilizzo delle materie provenienti da riciclo) la posizione del nostro Paese merita qualche riflessione, soprattutto nel raffronto con Francia e Spagna. In particolare l’Italia, pur ottenendo un buon posizionamento per ognuno degli indicatori considerati, scivola al penultimo posto in ottica di investimenti privati in Economia Circolare, fattore che sul lungo periodo potrebbe portare il nostro Paese a perdere la leadership in termini di circolarità a favore di nazioni dove gli investimenti risultano molto maggiori.

Le performance circolari a confronto (Fonte: Elaborazione E&S da dati Eurostat disponibili a settembre 2023)

Per realizzare il Rapporto sono state coinvolte oltre 200 imprese appartenenti a 7 settori chiave della nostra economia (automotivecostruzionielettronica di consumofood&beverageimpiantistica industrialemobili e arredamentitessile). Dalla survey condotta si evidenzia un quadro con diversi chiaroscuri sull’adozione dell’Economia Circolare in Italia.

Il grado di adozione di almeno una pratica connessa alla circolarità, infatti, raggiunge quasi il 60% per le grandi imprese, però scende al 29% per le piccole. Inoltre, soprattutto per questa tipologia di imprese, il numero complessivo di “scettici”, ossia di chi non intende adottare l’Economia Circolare, è salito dal 38% del 2022 al 47% del 2023.

La transizione verso l’Economia Circolare, per la quasi totalità delle imprese è ancora ai primi passi, con il 70% delle imprese che dichiara di essere ancora ai livelli iniziali, con un rating medio di 2,06 in una scala da 1 a 5. I risultati ottenuti sottolineano come l’impegno delle aziende sia attualmente orientato verso la valorizzazione del fine vita dei prodotti tramite l’ottenimento di materie prime seconde da prodotti o materiali di scarto, a scapito delle pratiche incentrate su design ed estensione dell’utilizzo.

Il livello di investimenti per l’Economia Circolare è ancora troppo basso. Dal sondaggio realizzato da E&S Group, il 41% delle imprese dichiara di aver ottenuto un tempo di rientro dagli investimenti in Economia Circolare inferiore all’anno, ma per più della metà dei casi ha effettuato investimenti inferiori ai 50.000 euro. La riduzione dell’impatto ambientale e dei rifiuti generati dalle imprese vengono percepiti come i principali benefici connessi all’Economia Circolare, seguiti dalla valorizzazione del brand aziendale.

Nel corso dell’ultimo anno, si è registrata, nonostante tutto, una crescita dei risparmi ottenuti grazie all’adozione delle pratiche di Economia Circolare di quasi 1,2 miliardi di euro. Ciò ha portato al raggiungimento del 15% del potenziale di risparmio di 103 miliardi euro ottenibile al 2030. Rimane tuttavia un gap di quasi 88 miliardi di euro rispetto al potenziale; per colmare questo divario, sarà necessario conseguire un risparmio annuo di 11 Miliardi di euro da qui al 2030, quindi circa 10 volte tanto quanto registrato nello scorso anno.

Negli ultimi anni, si è assisto ad un allargamento della forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e il tasso di riciclo (nel 2010 i tassi di raccolta differenziata e riciclo erano pari rispettivamente a 35,3% e 34%, nel 2021 hanno raggiunto invece il 64% e il 48,1% (ISPRA). Ciò mostra come l’ottenimento di un flusso omogeneo in termini di raccolta, seppur fondamentale, non si traduca direttamente nel raggiungimento di elevati tassi di riciclo. Un ruolo cardine è infatti ricoperto dalla qualità degli input del processo di trattamento, legata allo sviluppo della filiera di raccolta del rifiuto, e da adeguatezza ed efficienza del sistema impiantistico di processo. È importante sottolineare come, affinché determinate soluzioni tecniche vengano implementate in fase di trattamento, sia necessario creare una filiera dedicata che sia effettivamente interessata all’output dei processi di riciclo e possa giustificare investimenti consistenti anche in termini di reverse-logistic.

Considerando un trend di diffusione futura dell’Economia Circolare in linea con quanto registrato ad oggi, l’adozione di pratiche manageriali per l’Economia Circolare potrebbe portare ad una riduzione di emissioni al 2030 pari a circa 2,2 MtCO2eq. Di questa diminuzione, oltre 1 MtCO2eq (pari a quasi il 46% del totale) è riconducibile al settore Building & Construction, coerentemente con il più alto livello di adozione di pratiche circolari. Seguono i settori Food & Beverage e Automotive, i quali contribuiscono rispettivamente per oltre il 21% ed il 20% del totale, mentre Mobile e arredamento e Impiantistica industriale attualmente si caratterizzano come i settori dal minor contributo alla riduzione delle emissioni al 2030.

La riduzione delle emissioni ottenuta dall’adozione delle pratiche di Economia Circolare al 2030 (Fonte: E&S Group)

È interessante però sottolineare che la spinta innovativa per il nostro Paese mostri segnali incoraggianti. L’Italia è 2° per numero totale di brevetti in Europa relativi all’Economia Circolare. Il Rapporto. Ha individuato 210 le start-up circolari in Italia che hanno raccolto nei diversi round di finanziamenti un totale di 122,7 milioni di euro, circa 1/3 del corrispettivo equivalente raccolto da realtà climate-tech italiane.

In Lombardia la percentuale più elevata (34%, pari a 71 startup) e il 35% raggruppato in tre città: Milano (45), Torino (15) e Roma (15). Metà di queste startup circolari è concentrata in 4 settori economici: Agroalimentare (39), Tessile (33), Energia (20) e Gestione rifiuti (18).

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