Presentato poco dopo l’annuncio di Copernicus che il 17 novembre 2023 il mondo ha superato per la prima volta i 2 °C, l’Emissions Gap Report 2023 dell’UNEP sul divario delle emissioni diffuse in atmosfera rispetto a quelle che sarebbero necessarie per mantenere il riscaldamento globale entro i limiti previsti dall’Accordo di Parigi, rileva che anche con i nuovi e aggiornati impegni (NDC) il mondo si sta avviando verso un aumento della temperatura globale tra 2,5 – 2,9 °C in questo secolo, ben superiore agli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Il mondo si sta dirigendo verso un aumento della temperatura di gran lunga al di sopra degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, a meno che i Paesi non si impegnino è più di quanto annunciato.
Non lascia spazio a fraintendimenti l’Emissions Gap Report 2023, l’’annuale rapporto del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) a cui hanno contribuito molti dei maggiori scienziati di tutto il mondo, e presentato il 20 novembre 2023 nel corso di una Conferenza stampa online che si è tenuta un’ora dopo che il servizio climatico europeo Copernicus con un post ha annunciato che il 17 novembre 2023 è stato il giorno che per la prima volta il mondo ha superato i 2 °C (2,07 °C ) rispetto ai livelli pre-industriali, e dopo che lo stesso Copernicus l’8 novembre aveva attestato che tutti i giorni di ottobre hanno raggiunto e superato 1,5 °C. Tant’è l’autrice principale del Rapporto Anne Olhoff del think tank danese sul clima Concito, collegata in video Conferenza, ha commentato: “È davvero un’indicazione che stiamo già assistendo ad un’accelerazione del cambiamento. In base a ciò che ci dice la scienza, questo è semplice sussurro. Ciò che accadrà in futuro sarà più simile a un ruggito”.
Il Rapporto dell’UNEP, assieme al Greenhouse Gas Bulletin della WMO, costituisce la relazione scientifica di verifica delle azioni e misure degli impegni presi a Parigi (2015) per mantenere alla fine del secolo l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 °C e di fare tutti gli sforzi possibili per contenerlo a 1,5 °C, come richiesto dalle Parti dell’UNFCCC, e viene tradizionalmente presentato qualche giorno prima della Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Clima (UNFCCC-COP) che quest’anno si svolge a Dubai (30 novembre – 12 dicembre 2023).
Il Rapporto di quest’anno assume un rilievo particolare perché la COP28 dovrà affrontare il primo Global Stocktake (GST) ovvero il processo “per fare il punto sull’attuazione dell’accordo di Parigi, con l’obiettivo di valutare i progressi collettivi globali verso il raggiungimento dello scopo dell’accordo e dei suoi obiettivi a lungo termine” (art. 14 dell’Accordo di Parigi), che si tiene ogni cinque anni e che è destinato a informare la prossima tornata di contributi determinati a livello nazionale (NDC) da presentare entro il 2025.
Il titolo del Rapporto “Broken Record. Temperatures hit new high, yet world fails to cute missions (again)” (Disco rotto. Le temperature raggiungono nuovi massimi, ma il mondo non riesce (ancora) a ridurre le emissioni), ironizza sul fatto che gli attuali impegni assunti dai Paesi nell’ambito dell’Accordo di Parigi mettono il mondo sulla strada per raggiungere alla fine del secolo una temperatura compresa tra 2,5 e 2,9 °C al di sopra dei livelli pre-industriali e se si vuole mantenere una traiettoria in linea con l’obiettivo, nel 2030 si debbono tagliare le emissioni del 28% per i 2 °C, e del 42% per 1,5 °C.
“Sappiamo che è ancora possibile conseguire il limite di 1,5 °C – ha affermato il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antònio Guterres – Occorre estirpare la radice avvelenata della crisi climatica: i combustibili fossili. E c’è bisogno di una transizione giusta ed equa verso le energie rinnovabili”.
Il Rapporto sottolinea che mantenere la possibilità di raggiungere gli obiettivi di temperatura dell’Accordo di Parigi dipende dal rafforzamento significativo della mitigazione in questo decennio per ridurre il divario delle emissioni. Ciò faciliterà obiettivi più ambiziosi per il 2035 nella prossima tornata di contributi determinati a livello nazionale (NDC) e aumenterà le possibilità di soddisfare gli impegni di zero emissioni nette, che ora coprono circa l’80% delle emissioni globali.
“Non c’è persona o economia sul pianeta che non sia stata toccata dal cambiamento climatico, quindi dobbiamo smettere di stabilire record indesiderati sulle emissioni di gas serra, sulle temperature elevate globali e sulle condizioni meteorologiche estreme – ha dichiarato sottolineato Inger Andersen, Direttrice esecutivo dell’UNEP – Dobbiamo invece togliere la lancetta dallo stesso vecchio tracciato di ambizioni insufficienti e azione inadeguata, e iniziare a stabilire altri record: sulla riduzione delle emissioni, sulle transizioni verdi e giuste e sulla finanza climatica”.
Oltre a fornire un aggiornamento sulla direzione in cui si stanno avviando le emissioni globali di gas serra e su dove dovrebbero trovarsi per essere nella traiettoria dell’obiettivo finale, l’edizione 2023 si concentra sulle transizioni energetiche nei Paesi a basso e medio reddito ed esamina il ruolo della rimozione del biossido di carbonio.
I messaggi chiave del Rapporto
Settembre è stato il mese più caldo mai registrato, con temperature medie globali di 1,8 °C superiori ai livelli preindustriali. Fino all’inizio di ottobre di quest’anno, sono stati registrati 86 giorni con temperature superiori a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali.[ndr: come più sopra osservato sono diventati ben di più]
Il Rapporto rileva che le emissioni globali di gas serra (GHG) sono aumentate dell’1,2% dal 2021 al 2022, raggiungendo un nuovo record di 57,4 gigatonnellate di anidride carbonica equivalente (GtCO2e). Le emissioni di gas serra dei Paesi del G20 sono aumentate dell’1,2% nel 2022. Le tendenze delle emissioni riflettono modelli globali di disuguaglianza. A causa di queste tendenze preoccupanti e degli insufficienti sforzi di mitigazione, il mondo è sulla buona strada per un aumento della temperatura ben oltre gli obiettivi climatici concordati durante questo secolo.
Se gli sforzi di mitigazione che emergono dalle politiche attuali continueranno ai livelli odierni, il riscaldamento globale sarà limitato solo a 3 °C rispetto ai livelli preindustriali in questo secolo. La piena attuazione degli sforzi inseriti nei contributi determinati a livello nazionale (NDC) incondizionati metterebbe il mondo sulla buona strada per limitare l’aumento della temperatura a 2,9 °C. Gli NDC condizionali ovvero le politiche che sonocondizionate da aiuto esterno, ad esempio la finanza climatica nei Paesi in via di sviluppo) pienamente attuati, porterebbero a temperature non superiori a 2,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, con un indice di probabilità per entrambi del 66%.
Queste proiezioni della temperatura sono leggermente superiori rispetto a quelle dell’Emissions Gap Report del 2022, poiché il Rapporto di quest’anno include un numero maggiore di modelli nella stima del riscaldamento globale.
Gli attuali NDC incondizionati ovvero i contributi determinati a livello nazionale, indicando le misure di riduzione delle emissioni e di adattamento implicano che nel 2030 saranno necessari ulteriori tagli alle emissioni di 14 GtCO2e rispetto ai livelli previsti di 2 °C. Per 1,5 °C sono necessari tagli da 22 GtCO2e.. L’implementazione di NDC condizionali riduce entrambe queste stime di 3 GtCO2e.
In termini percentuali, il mondo deve ridurre le emissioni del 28% entro il 2030 per raggiungere l’obiettivo dei 2 °C previsto dall’Accordo di Parigi, con una probabilità del 66% e del 42% per l’obiettivo di 1,5 °C.
Se tutti gli NDC condizionati e gli impegni netti zero a lungo termine fossero rispettati, sarebbe possibile limitare l’aumento della temperatura a 2°C. Tuttavia, gli impegni di zero emissioni non sono attualmente considerati credibili: nessuno dei Paesi del G20 sta riducendo le emissioni a un ritmo coerente con i propri obiettivi di zero emissioni. Anche nello scenario più ottimistico, la probabilità di limitare il riscaldamento a 1,5°C è solo del 14%.
Dalla firma dell’Accordo di Parigi nel 2015 i progressi comunque attuati hanno ridotto il divario di attuazione, definito come la differenza tra le emissioni previste nell’ambito delle politiche attuali e la piena attuazione degli NDC. Si prevede che le emissioni di gas serra nel 2030, sulla base delle politiche in atto, aumenteranno del 16% rispetto al momento dell’adozione dell’Accordo di Parigi. Oggi l’aumento previsto è del 3%.
Al 25 settembre 2023, altri 9 Paesi avevano presentato NDC nuovi o aggiornati dalla COP27, portando il numero totale di NDC aggiornati a 149. Se tutti gli NDC incondizionati nuovi e aggiornati fossero pienamente implementati, probabilmente ridurrebbero le emissioni di gas serra di circa 5,0 GtCO2e, pari al 9% delle emissioni del 2022, all’anno entro il 2030, rispetto agli NDC iniziali.
Tuttavia, a meno che i livelli di emissione nel 2030 non vengano ulteriormente ridotti, diventerà impossibile stabilire percorsi a minor costo che limitino il riscaldamento globale a 1,5 °C con un superamento minimo o nullo durante questo secolo. Accelerare significativamente l’implementazione in questo decennio è l’unico modo per evitare un significativo superamento di 1,5°C.
Il Rapporto invita tutti Paesi a realizzare trasformazioni di sviluppo a basse emissioni di carbonio a livello economico, con particolare attenzione alla transizione energetica. Se si estraesse tutto il carbone, il petrolio e il gas e nel corso della durata di vita delle miniere e dei giacimenti in produzione e pianificati emetterebbero oltre 3,5 volte il budget di carbonio disponibile per limitare il riscaldamento a 1,5 °C, e quasi l’intero budget disponibile per 2 °C.
I Paesi con maggiore capacità e responsabilità in termini di emissioni – in particolare i Paesi ad alto reddito e ad alte emissioni del G20 – dovranno intraprendere azioni più ambiziose e rapide e fornire supporto finanziario e tecnico ai Paesi in via di sviluppo. Poiché i Paesi a basso e medio reddito rappresentano già più di due terzi delle emissioni globali di gas serra, soddisfare le esigenze di sviluppo con una crescita a basse emissioni è una priorità in tali nazioni, ad esempio affrontando i modelli di domanda energetica e dando priorità alle catene di approvvigionamento di energia pulita.
La transizione verso uno sviluppo a basse emissioni di carbonio pone sfide economiche e istituzionali per i Paesi a basso e medio reddito, ma offre anche significative opportunità. Le transizioni in questi Paesi possono contribuire a garantire l’accesso universale all’energia, far uscire milioni di persone dalla povertà ed espandere le industrie strategiche. La crescita energetica associata può essere soddisfatta in modo efficiente ed equo con energia a basse emissioni di carbonio poiché le energie rinnovabili diventano più economiche, garantendo posti di lavoro verdi e aria più pulita.
Per raggiungere questo obiettivo, l’assistenza finanziaria internazionale dovrà essere notevolmente incrementata, con nuove fonti di capitale pubbliche e private ristrutturate attraverso meccanismi di finanziamento – tra cui finanziamento tramite debito, finanza agevolata a lungo termine, garanzie e finanza catalitica – che riducano i costi del capitale.
Il primo Global Stocktake (GST), che si concluderà alla COP28, informerà il prossimo ciclo di NDC che i paesi dovrebbero presentare nel 2025, con obiettivi per il 2035. L’ambizione globale nel prossimo ciclo di NDC deve portare le emissioni di gas serra nel 2035 a livelli coerenti con 2 °C e 1,5 °C, compensando al contempo le emissioni in eccesso fino al raggiungimento di livelli coerenti con questi percorsi.
La preparazione del prossimo ciclo di NDC offre l’opportunità ai Paesi a basso e medio reddito di sviluppare tabelle di marcia nazionali con politiche ambiziose per lo sviluppo e il clima e obiettivi per i quali le esigenze finanziarie e tecnologiche siano chiaramente specificate. La COP28 dovrebbe garantire che sia fornito sostegno internazionale per lo sviluppo di tali tabelle di marcia.
Il Rapporto rileva che ritardare la riduzione delle emissioni di gas serra aumenterà la futura dipendenza dalla rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera. La rimozione dell’anidride carbonica è già in atto, principalmente attraverso l’imboschimento, il rimboschimento e la gestione delle foreste. Le attuali rimozioni dirette tramite metodi terrestri sono stimate in 2 GtCO2e all’anno. Tuttavia, i percorsi a minor costo presuppongono aumenti considerevoli nella rimozione sia convenzionale che nuova dell’anidride carbonica, come la cattura e lo stoccaggio diretto del carbonio atmosferico.
Il raggiungimento di livelli più elevati di rimozione dell’anidride carbonica rimane incerto e associato a rischi: concorrenza fondiaria, protezione dei possedimenti e dei diritti e altri fattori. Il potenziamento dei nuovi metodi di rimozione dell’anidride carbonica è associato a diversi tipi di rischi, tra cui il fatto che i requisiti tecnici, economici e politici per l’implementazione su larga scala potrebbero non concretizzarsi in tempo.