Biodiversità e conservazione Fauna

Paul Barton: il pianista che “sussurra” agli elefanti

di Anna Rita Rossi

Il pianista inglese Paul Barton dismesse le vesti da concertista ha scelto di esibirsi nelle foreste della Thailandia, per un pubblico davvero esclusivo: gli elefanti usati e maltrattati per attività lavorative, dei quali, ormai malati, anziani e ciechi, si prende cura una Fondazione.

Da tempo la musica è ritenuta un linguaggio universale e, a quanto pare, non solo per gli esseri umani. Paul Barton, con la sua singolare iniziativa di suonare a favore degli elefanti maltrattati della Thailandia, ha dimostrato che la lingua dei suoni può addirittura superare le barriere delle specie.

Paul Barton è un noto pianista inglese che a un certo punto della sua vita ha deciso di lasciare la carriera di concertista per andare in Thailandia a insegnare pianoforte alla Thai Piano School. L’idea era quella di restare per un limitato numero di mesi, ma poi, il famoso pianista ha incontrato, Khwan, l’attuale moglie, e ha deciso di trasferirsi definitivamente nel Paese del Sud-est asiatico.

La moglie di Barton è sempre stata interessata alla conservazione e all’attivismo a favore degli animali. Questa sua predisposizione ha influenzato anche il marito che ha deciso di compensare a modo suo tutto il dolore e la sofferenza patita dagli elefanti in Thailandia e inferta dagli esseri umani.

Per comprendere la situazione di questi pachidermi bisogna però fare qualche passo indietro e conoscere alcuni fatti relativi ai commerci thailandesi. Il legno di teak della Thailandia, considerato il più pregiato al mondo, ha determinato nel XX secolo un pesante sfruttamento forestale che ha provato la riduzione della copertura forestale del Paese dal 61% al 34%.
In pratica, dal 1975 al 1986, la Thailandia ha perso il 28% delle sue restanti foreste.
Nel 1989, il governo preoccupato da queste cifre allarmanti ha deciso di vietare il taglio commerciale del legname.

Negli anni del disboscamento selvaggio, oltre agli alberi, ci sono state altre vittime: gli elefanti. I pachidermi non solo vedevano ridursi di giorno in giorno il loro spazio vitale, ma furono anche privati della libertà, costretti a trasportare pesanti tronchi di legno e attrezzature per il disboscamento attraverso le giungle, e obbligati a contribuire alla distruzione del loro habitat.
Questi animali, inoltre, hanno subìto torture e maltrattamenti senza fine di cui portano segni indelebili sul corpo. Molti di loro hanno anche perso la vista a causa di rami che li ferivano durante i tragitti all’interno delle foreste.

Con l’entrata in vigore del divieto di deforestazione, gli elefanti non solo sono rimasti “disoccupati”, ma erano anche incapaci di sopravvivere da soli. Era necessario un intervento a loro sostegno e fortunatamente c’è chi si è attivato per creare loro dei rifugi sicuri, come l’Elephant’s World, a Kanchanaburi, sulle rive del fiume Kwai. In questi santuari, dove alcuni volontari provvedono al loro recupero e benessere, gli elefanti possono trascorrere gli anni che hanno ancora da vivere in pace e senza dover più lavorare, grazie a una rete di donazioni.

Barton e la moglie si sono impegnati a favore degli elefanti da anni, e il pianista, in occasione del suo cinquantesimo compleanno, ha deciso di realizzare un sogno a lungo accarezzato: suonare musica per gli elefanti ciechi.
Per mettere in atto la sua idea, Barton si è caricato sulle spalle il pianoforte e l’ha trasportato in un’area montuosa, dove solitamente si radunano gli elefanti, affermando che quel suo gesto era il minimo che potesse fare per scusarsi con gli animali per tutto il male, la fatica e il dolore sopportati durante i lunghi anni di lavoro forzato.

A ispirare Barton per questo singolare progetto è stata una precedente esperienza. Il pianista, infatti, aveva lavorato per due anni con dei bambini ciechi e aveva notato l’impatto che la musica aveva nelle loro vite. Così, ha pensato di offrire anche gli elefanti ciechi la medesima opportunità offerta ai bambini.

La prima spettatrice di Barton è stata Plara, un’elefantessa cieca. I risultati di questo esperimento risalgono al 2011 e sono davvero sorprendenti.
Gli elefanti ingurgitano molto cibo, mangiano velocemente e in modo vorace. Niente può distoglierli da questa incessante attività.
Il giorno in cui il pianista suonò per la prima volta per Plara, l’elefantessa era stata condotta in un’area ricca di succosi germogli di bambù, dove aveva iniziato a mangiare con buona lena. Appena Barton produsse al pianoforte i primi suoni, l’elefantessa smise di colpo di mangiare, tanto che il cibo rimase per metà dentro e per metà fuori dalla bocca, finché durò l’esecuzione di un brano di Beethoven che il pianista aveva scelto di suonare per l’occasione.

Secondo Barton, la musica piace a tutti gli animali, ma ritiene che gli elefanti traggano benessere dall’ascolto come gli esseri umani, Inoltre, hanno un’ottima memoria, condividendo con la specie umana il processo di flash back ovvero di rivivere episodi del passato.

Dopo varie esperienze di esibizioni con brani di Beethoven, Schumann, Chopin, Bach, Satie e Grieg, Barton è riuscito a creare con gli elefanti una relazione speciale, comunicando in una lingua che non è umana e neppure degli elefanti. Le reazioni dei pachidermi ai suoni della musica sono diverse: chi si ferma accanto al pianoforte, in attesa che Paul muova le dita sui tasti; chi lo fissa attentamente; chi cammina seguendo la melodia o muovendo la proboscide.
In generale poi, gli elefanti più giovani preferiscono la musica più ritmata, mentre quelli più anziani amano le melodie lente e calme.

In ogni caso, qualunque siano le preferenze e le reazioni alle esecuzioni di Paul Barton, la musica fa bene al cuore, anche a quello degli elefanti, basta guardare anche uno solo dei seguenti video.

In copertina: gli elefanti salvati si riuniscono attorno a Paul Barton ascoltando la musica (fonte: Linkedin)

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