Benessere

Benessere climatico in un’economia a emissioni zero

Un team transdisciplinare di ricercatori internazionali, nell’ambito del Progetto europeo CAPABLE coordinato dal CMCC, ha messo a punto un indice di benessere multidimensionale per misurare il benessere in relazione a 198 scenari del database IPCC AR6, scoprendo che il raggiungimento di obiettivi più rigorosi in materia di cambiamenti climatici tende ad avere un effetto positivo su 5 indicatori su 7 (temperatura, emissioni di NOx e zolfo, copertura forestale ed elettricità) mentre solo 2 indicatori (PIL, approvvigionamento alimentare) tendono ad aumentare con obiettivi meno stringenti.

Ridefinire i nostri sistemi energetici comporterà inevitabilmente costi a breve termine. Ma come si possono confrontare questi costi con i benefici derivanti dall’evitare gli impatti del cambiamento climatico per l’umanità e per le generazioni future?

Per rispondere a questa domanda, un gruppo internazionale di scienziati ha sviluppato un nuovo indice di benessere che tiene conto di diverse dimensioni legate alla salute e alla sostenibilità, sviluppato nell’ambito di CAPABLE (ClimAte Policy AcceptaBilLity Economic framework), coordinato dal Centro EuroMediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), progetto finanziato dal programma Horizon Europe dell’UE e portato avanti da un consorzio transdisciplinare composto da 10 istituzioni partner e università di tutta Europa, il cui obiettivo è di fornire raccomandazioni robuste, resilienti e attuabili per la progettazione di misure politiche climatiche socialmente ed economicamente accettabili per il 2030 e oltre.

Nello Studio dal titolo “Multidimensional welfare indices and the IPCC 6th Assessment Report scenarios, in uscita sul numero di giugno 2024 di Ecological Economics, vengono esaminati gli scenari climatici degli ultimi rapporti dell’IPCC, in relazione a quelli di diversi fattori che compongono l’indice di benessere multidimensionale: temperatura, emissioni di NOx e zolfo, copertura forestale, elettricità, PIL e approvvigionamento alimentare.

 “Abbiamo derivato un indice di benessere con un approccio basato su una funzione di benessere, semplice da applicare ed intuitivo – ha affermato Johannes Emmerling, ricercatore senior presso il CMCC e autore corrispondente dello Studio – Applichiamo una serie di specifiche dell’indice di benessere, mirando a ottenere classifiche robuste dei target politici climatici che si comportano meglio in termini dell’indice di benessere multidimensionale”.

In particolare, oltre al PIL che rimane la misura predominante del successo economico di un paese, i ricercatori includono diversi fattori, come: temperatura, emissioni di ossidi di azoto e zolfo come indicatori degli impatti sulla salute, disponibilità di cibo come indicatore degli impatti sulla salute legati all’agricoltura e al consumo alimentare, produzione di elettricità come indicatore dell’accesso all’energia e della fornitura di energia pulita, copertura forestale come indice della conservazione della biodiversità.

I ricercatori hanno classificato gli scenari alternativi del recente Sesto Rapporto di Valutazione (AR6) dell’IPCC e testato in quali casi il raggiungimento di target climatici più rigorosi migliori il benessere, trovando che in molti scenari il benessere migliora con una temperatura globale più bassa, con alcune importanti eccezioni.

Vediamo che mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 o 2 gradi porta a risultati ancora migliori in termini dei nostri indici di benessere multidimensionali – ha spiegato Emmerling – Solo se diamo un peso molto alto alla disponibilità di cibo nell’indice, la rigorosa mitigazione del cambiamento climatico compete con una maggiore disponibilità di cibo a livello globale”.

Secondo i risultati dello Studio, il raggiungimento di target politici climatici più rigorosi migliora generalmente il benessere umano a medio e lungo termine, anche quando la mitigazione del cambiamento climatico ostacola lo sviluppo in altre dimensioni del benessere a causa dei costi più elevati o delle perdite di reddito, ma anche ad esempio per quanto riguarda la disponibilità di cibo. Pertanto, gli sforzi per ridurre le emissioni sono di estrema importanza.

Tuttavia, è importante notare che il raggiungimento di target climatici rigorosi è spesso associato alla riforestazione e alle colture dedicate alla bioenergia che competono con l’uso del suolo per garantire la disponibilità di cibo. Questo indica che alleviare il trade-off tra mitigazione del cambiamento climatico e disponibilità di cibo è anch’esso cruciale.

Infine, i ricercatori mostrano che la perdita di PIL derivante da target climatici stringenti è un concetto molto limitato dei costi delle politiche. Solo aggiungendo gli altri 6 indicatori, il rapporto tra severità dei target e PIL si ribalta nella maggior parte dei casi. Questo conferma la necessità di considerare il welfare oltre al solo PIL.

La transizione da un’economia basata su combustibili fossili a basso costo ad una senza carbonio sarà costosa – ha concluso Emmerling – Pertanto, le perdite di PIL previste sono state usate come argomento principale per ritardare o evitare la decarbonizzazione. Eppure, abbiamo visto che anche se includiamo il PIL e altre dimensioni del benessere, mantenere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di rimanere ben al di sotto di 2 gradi risulta essere una scelta migliore rispetto a scenari meno rigorosi”.

In copertina: fonte Pexels

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