Benessere Sostenibilità

Rapporto BES: nel 2023 peggiorano i domini Ambiente e Sicurezza

È stato presentato il Rapporto BES (Benessere Equo e Sostenibile) 2023 dell’Istat, che valuta il progresso di una società non soltanto da un punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale, e che, attraverso l’analisi di un ampio set di indicatori statistici di 12 domini, offre una lettura approfondita dei livelli, delle tendenze e delle disuguaglianze di benessere.

In Italia è cresciuto il benessere generale con più della metà degli indicatori che sono migliorati rispetto all’anno precedente, il 28,7% è su livelli peggiori e il 17,8% risulta stabile Meno positiva, invece, la performance sul fronte ambientale e della sicurezza. Permangono le differenze regionali e il gap di molti indicatori rispetto alla media UE. 

È quanto emerge dalla XI edizione del “Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) 2024” che l’Istat ha presentato il 17 aprile 2024 nel corso del convegno scientificoL’evoluzione del benessere equo e sostenibile in Italia”.

Attraverso l’analisi di un ampio set di indicatori statistici (129 su 152) dei quali è possibile fare confronti, il Rapporto offre una lettura approfondita dei livelli, delle tendenze e delle disuguaglianze di benessere che si possono osservare nei 12 domini in cui si articola il framework BES: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi.

I fenomeni e i processi descritti dalla ricca documentazione statistica sul benessere resa disponibile con il Rapporto tracciano una mappa notevolmente accurata e concreta dei bisogni di politiche espressi dal Paese – scrive nella prefazione al Rapporto BES il Presidente Istat, Francesco Maria ChelliNonostante l’aggiornamento tempestivo degli indicatori (che sono riferiti al 2023 in oltre la metà dei casi), le basi dati disponibili ancora non consentono di apprezzare appieno gli impatti degli ingenti investimenti messi in campo per la ripresa dopo la crisi pandemica. Il dispiegarsi delle conseguenze sociali di tali effetti, in particolare, richiede un periodo di osservazione più lungo. L’impegno dell’Istat è quello di fornire, attraverso l’evoluzione del benessere, elementi utili per monitorare anche nei prossimi anni i risultati dell’ampio spettro di misure oggetto delle missioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)”.

L’andamento recente degli indicatori BES è prevalentemente positivo: poco più della metà dei 129 indicatori per cui è possibile il confronto sono migliorati rispetto all’anno precedente, il 28,7% è su livelli peggiori e il 17,8% risulta stabile. Si discostano dal quadro generale i domini Ambiente e Sicurezza, dove le dinamiche sono meno positive.

Soltanto 4 dei 16 indicatori di Ambiente migliorano nell’ultimo anno a fronte dei sette che peggiorano, con l’aggiunta degli indicatori relativi al meteo clima. Nel dominio Sicurezza migliorano soltanto due indicatori soggettivi: la percezione di sicurezza camminando da soli quando è buio e la presenza di elementi di degrado nella zona in cui si vive. Invece sono in peggioramento tutti gli indicatori sui reati predatori e la percezione del rischio di criminalità nella zona in cui si vive.

Rispetto al 2019 (anno pre-pandemico) la tendenza è prevalentemente positiva: migliorano 67 indicatori sui 131 per cui è possibile svolgere il confronto, 24 sono stabili, 40 si trovano invece su un livello peggiore. Tra i domini caratterizzati dall’andamento meno favorevole, con la maggiore quota di indicatori in peggioramento (quattro su nove in entrambi i casi) ci sono Paesaggio e patrimonio culturale e Relazioni sociali.

L’analisi per genere evidenzia uno svantaggio femminile per 38 degli 88 indicatori disponibili per il confronto. Lo squilibrio maggiore tra i livelli degli indicatori riferiti alle donne rispetto a quelli degli uomini, riguarda la composizione degli organi decisionali e dei Consigli regionali. Gli svantaggi femminili più numerosi si osservano invece nei domini Lavoro e conciliazione dei tempi di vita (sette indicatori su 12) e Benessere economico (cinque indicatori su nove). Le donne sono svantaggiate anche rispetto alla percezione di sicurezza camminando da soli quando è buio nella zona in cui si vive (il 72,4% degli uomini si sente sicuro rispetto al 52,1% delle donne).

Gli indicatori di benessere per i quali la condizione delle donne è più favorevole sono nel complesso 27, concentrati nei domini Salute (otto indicatori su 15) e Istruzione e formazione (sette su 13).

La popolazione con titoli di studio più bassi, nell’ultimo anno di aggiornamento dei dati, risulta in svantaggio per 49 dei 60 indicatori disponibili per il confronto. Il divario è particolarmente marcato per la percentuale di occupati che lavorano da casa, che nel 2023 varia tra il 2,1% per le persone con al massimo la licenza di scuola secondaria di primo grado e il 27,4% dei più istruiti. |

Il livello di istruzione più elevato costituisce un elemento di protezione rispetto a numerosi indicatori di disagio economico. Tra i laureati lo 0,6% vive in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale nel 2022 (la percentuale sale al 7,5% tra coloro che hanno al massimo la licenza media) e l’1,7% ha dichiarato di arrivare a fine mese con grande difficoltà, la quota tra i meno istruiti è di oltre sei volte più alta (10,7%). L’incidenza della povertà assoluta diminuisce al crescere del titolo di studio: nel 2022 è pari al 13,6% tra chi ha al massimo la licenza di scuola media e scende al 2,2% tra chi ha conseguito un titolo terziario.

Le persone con alti titoli di studio sono più favorite nel mercato del lavoro. Il tasso di occupazione (fascia di età 20-64 anni) dei laureati è infatti pari all’81,6%, quasi 28 punti percentuali in più rispetto allo stesso tasso calcolato tra la popolazione con al massimo la licenza media

Più elevati livelli di istruzione si associano anche a migliori condizioni in termini di partecipazione, sia sociale che culturale. Nel 2023 tra i laureati l’attività di volontariato raggiunge il 13,4% (il triplo rispetto a chi possiede al massimo la licenza media), la partecipazione sociale è quasi tre volte più alta rispetto a quella riscontrata tra la popolazione meno istruita (44,8% rispetto al 16,6%) e la partecipazione civica e politica è quasi doppia (80,5% rispetto al 47,4%).

L’analisi dei 132 indicatori BES per cui è disponibile il dettaglio regionale, nell’ultimo anno di riferimento dei dati, delinea un chiaro gradiente tra le regioni del Centro-nord, su livelli di benessere migliori, e quelle del Mezzogiorno. Classificando le regioni italiane in cinque classi di benessere relativo (bassa, mediobassa, media, medioalta e alta), le regioni del Nord-est si caratterizzano per i maggiori livelli di benessere, con oltre la metà degli indicatori nelle due classi più elevate e non più di un quinto nelle due classi di coda. Per le regioni del Mezzogiorno la situazione si inverte, con oltre il 55% degli indicatori nelle classi bassa e medio-bassa (circa il 70% in Campania e Sicilia).

Nel confronto con le altre regioni della ripartizione di appartenenza, Liguria, Veneto e Lazio presentano profili meno favorevoli, mentre Abruzzo, Molise e Sardegna sono meno sfavorite.

Nell’ultimo anno di riferimento dei dati la più alta disuguaglianza tra le regioni si osserva nei domini Benessere economico e Paesaggio e patrimonio culturale, seguiti da Ambiente. Nel primo dominio, le maggiori disuguaglianze territoriali sono rilevate dagli indicatori di grande difficoltà di arrivare a fine mese (che varia tra l’1,4% e il 24,3%) e grave deprivazione materiale e sociale (dall’1,0% al 14,0%). Nei domini del Paesaggio e patrimonio culturale e Ambiente numerosi indicatori rilevano una notevole variabilità territoriale. Tra questi la densità e rilevanza del patrimonio museale, la densità di verde storico, la diffusione delle aziende agrituristiche, l’impatto degli incendi boschivi e l’esposizione della popolazione al rischio di alluvioni. All’opposto nei domini Salute, Politica e istituzioni e Benessere soggettivo la disuguaglianza tra le regioni è bassa per tutti gli indicatori.

Il confronto con l’Europa, possibile per 38 indicatori che coprono tutti i domini del BES a eccezione del Paesaggio e patrimonio culturale, mostra una situazione peggiore per l’Italia nella maggior parte dei casi (25 indicatori).

Eccezioni positive sono rappresentate dai risultati dei domini Sicurezza, Salute e Ambiente, dove tutti i sette indicatori disponibili per il confronto rilevano per l’Italia livelli di benessere migliori della media dei paesi dell’UE. Tra le differenze più rilevanti si segnalano: il tasso di omicidi che in Italia è ben al di sotto della media dei 27 Paesi (0,5 per 100mila abitanti nel 2021 rispetto a 0,8); la mortalità evitabile della popolazione italiana di 0-74 anni che è di oltre 10 punti più bassa del valore medio UE-27 (19,2 rispetto a 29,4 per 10mila); la speranza di vita alla nascita (82,8 anni in Italia contro 80,6 nell’UE-27 nel 2022).

Nel dominio Benessere economico la grave deprivazione materiale e sociale (4,5% in Italia, 6,7% nel’Ue27) e il sovraccarico del costo dell’abitazione (6,6% in Italia e 8,7% nel’U-27 ) segnalano per l’Italia una condizione di minor sfavore rispetto alla media dei Paesi dell’UE, ma tutti gli altri indicatori disponibili invece, descrivono una condizione peggiore della media UE-27. I gap maggiori riguardano la bassa intensità lavorativa (9,8% in Italia e 8,3% nel’UE-27) e il rischio di povertà (20,1% in Italia e 16,5% nel’Ue27).

Divari molto ampi riguardano le misure del dominio Lavoro e conciliazione dei tempi di vita: in Italia nel 2023 il tasso di mancata partecipazione al lavoro (14,8%) supera di quasi sei punti percentuali la media UE-27 (8,7%); il tasso di occupazione è di 9,1 punti percentuali più basso di quello medio europeo (75,4%) e la percentuale di persone in part time involontario (10,2% nel 2022), nonostante in calo da quattro anni, è quasi il triplo della media UE-27 (3,6%).

Tutte le misure di Istruzione e formazione posizionano l’Italia più in basso della media UE-27. Le distanze maggiori riguardano la quota di persone di 25-34 anni che hanno acquisito un livello di istruzione terziario (43,1% nell’UE-27; 30,6% in Italia) e la maggiore incidenza di giovani che non lavorano e non studiano (NEET:16,1% in Italia; 11,2% nell’UE-27 nel 2023).

Diffusi ritardi rispetto all’UE si ravvisano anche nel dominio Innovazione, ricerca e creatività dove nessuno dei sei indicatori disponibili per il confronto si avvicina alla media europea. In particolare la quota di PIL investito in R&S in Italia (1,43% nel 2021) è decisamente più bassa della media UE-27 (2,27%) e l’incidenza dei lavoratori della conoscenza sull’occupazione totale mostra un gap di -7,6 punti percentuali rispetto alla media UE-27 (25,4% nel 2022).

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