Salute Scienze e ricerca

Mielina: cervelli più evoluti grazie ad un retrovirus

di Anna Rita Rossi

Secondo un recente Studio, la mielina, la guaina protettiva delle fibre nervose che permette al cervello di funzionare correttamente, sarebbe la conseguenza di un’antica infezione virale (retrovirus) il cui genoma ha permesso la mielizzazione, in assenza della quale lo sviluppo di cervelli complessi e la vita diversificata dei vertebrati non sarebbe stata possibile quale oggi la conosciamo.

Lo StudioA retroviral link to vertebrate myelination through retrotransposon-RNA-mediated control of myelin gene expression“, pubblicato il 15 febbraio 2024 sulla rivista “Cell”, prende in esame le origini della mielina, una membrana grassa isolante che si origina attorno ai nervi e permette una distribuzione più rapida degli impulsi elettrici.

Secondo gli autori della ricerca, la produzione di mielina è stata favorita da una sequenza genetica tratta dai retrovirus (virus che invadono il DNA dell’ospite). Questo particolare codice modificato è presente oggi nei mammiferi, negli anfibi e nei pesci moderni.

Ciò che trovo notevole – ha dichiarato Robin Franklin, neuroscienziato dell’Università di Cambridge e coautore dello studio – è che tutta questa diversità di vertebrati moderni conosciuti e le dimensioni che hanno raggiunto non sarebbero esistite”, se non si fosse verificata l’interferenza infettiva dei retrovirus.

Per tentare di scoprire i fattori genetici legati alla produzione di mielina, i ricercatori si sono concentrati sull’analisi dei database del genoma. Alcuni di loro, come il biologo e genetista Tanay Ghosh anche lui dell’Università di Cambridge e autore corrispondente dello Studio, hanno preso in esame le regioni “non codificanti” del genoma, ottenendo una sequenza derivata da un retrovirus, che si trova da tempo nei nostri geni e che i ricercatori hanno chiamato “RetroMyelin”.
Per testare la scoperta sono stati fatti degli esperimenti sui ratti. Eliminando la sequenza individuata si è notato che i ratti non producevano più una proteina essenziale per la formazione della mielina.

Il passo successivo della ricerca è stato quello di trovare sequenze analoghe nei genomi di altre specie e in effetti, sono stati rilevati codici simili nei vertebrati con mascelle (mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi), ma non nei vertebrati senza mascelle o negli invertebrati.
In seguito a ciò, gli scienziati hanno concluso che la sequenza deve essere comparsa all’incirca nello stesso periodo delle mascelle, cioè circa 360 milioni di anni fa.

Fonte: Cell

C’è sempre stata una pressione selettiva per far sì che le fibre nervose conducano gli impulsi elettrici più rapidamente – ha sottolineato Franklin Facendolo più velocemente, puoi agire in maniera più rapida”. Velocizzare la comunicazione neuronale era sicuramente un vantaggio sia per i predatori sia per le prede.

La mielina poi, oltre a consentire una rapida conduzione dei segnali, non prevede un aumento del diametro delle cellule nervose, consentendo loro di avvicinarsi. Inoltre, fornisce anche supporto strutturale, così i nervi possono crescere maggiormente, consentendo altresì lo sviluppo di arti più grandi.
Per quanto riguarda gli invertebrati, in assenza di mielina, essi hanno trovato altri sistemi per trasmettere più velocemente gli impulsi elettrici, ad esempio, aumentando le dimensioni delle cellule nervose.

Lo Studio ha cercato anche di comprendere se l’infezione virale avesse interessato solo un’unica specie primordiale e una sola volta oppure più volte. Per ottenere delle risposte in tal senso, i ricercatori hanno preso in esame le sequenze di retromielina di 22 specie di vertebrati con mandibola. È risultato che ci sono sequenze più simili all’interno di una specie che tra specie diverse, per cui si presuppone che ci siano state più ondate di infezione che hanno portato così alla diversità delle specie di vertebrati attualmente note.

Questa singolare ricerca ha anche consentito di vedere i virus sotto una luce diversa: non come semplici portatori di malattie. Infatti, in differenti fasi dell’evoluzione, i retrovirus sono entrati nel genoma e integrandosi nelle cellule riproduttive delle specie sono stati poi trasmessi alle generazioni successive, producendo effetti evoluzionistici positivi.

Questa interessante scoperta sulla mielina, per Ghosh, potrebbe essere l’inizio di un’indagine in un campo emergente e, secondo lui, “c’è ancora molto da capire su come queste sequenze influenzano i diversi processi evolutivi”.

In copertina: Immagine generata da OpenAI’s DALL·E

di Anna Rita Rossi

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.