Acqua Regioni Risorse e consumi

Istat: le reti idriche continuano a perdere il 42% di acqua

I dati rilasciati dall’Istat il 22 marzo (Giornata Mondiale dell’Acqua) rilevano, tra l’altro, che nel 2022 l’acqua dispersa nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile soddisferebbe le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone per un intero anno, l’Italia è terza in UE per il prelievo di acqua potabile per abitante, che le reti comunali di distribuzione erogano ogni giorno, per gli usi autorizzati, 214 litri di acqua potabile per abitante (36 litri in meno del 1999), che nel 2021, il 21,8% della spesa per la protezione dell’ambiente è destinato ai servizi di gestione delle acque reflue e che nel 2020, il 19,0% della superficie agricola utilizzata è irrigato.

In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua 2024, l’Istat ha pubblicato un focus tematico che presenta una sintesi dei principali e più recenti risultati delle diverse indagini, elaborazioni e analisi realizzate dall’Istituto, per offrire all’utente una lettura integrata delle statistiche sulle acque con riferimento agli aspetti legati al territorio e alla popolazione.

Si tratta di dati complementari a quelli offerti nella stessa giornata dall’ISPRA , sulla base di Protocollo di Intesa tra i due Enti che svolgono attività di ricerca su numerosi aspetti convergenti: tra gli altri obiettivi strategici, l’ISTAT fornisce statistiche economiche, sociali ed ambientali di alta qualità ed affidabilità; l’’ISPRA, anche nelle sue funzioni di coordinamento del Sistema nazionale per la protezione ambientale e (SNPA), raccoglie, organizza, cataloga i dati geografici, territoriali ed ambientali per offrire al Paese una puntuale ed efficace informazione ambientale.

L’Istat ricorda che la salvaguardia delle risorse idriche e la gestione efficace, efficiente e sostenibile dei servizi idrici rientrano, oltre che in vari Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda ONU al 2030, anche tra gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che rappresenta un’opportunità (sono previsti per il “pacchetto acqua” 4,38 miliardi di euro) per rafforzare la resilienza del sistema idrico, considerati i cambiamenti climatici in corso, rendendo i processi più efficienti, soprattutto nei territori che presentano una maggiore vulnerabilità a situazioni di criticità idrica.

Dai dati dell’Istat, si osserva che nel 2022, il volume di acqua prelevata per uso potabile in Italia è pari a 9,14 miliardi di metri cubi, impiegati per assicurare gli usi idrici quotidiani della popolazione, ma anche di piccole imprese, alberghi, servizi, attività commerciali, produttive, agricole e industriali collegati direttamente alla rete urbana, nonché le richieste pubbliche (scuole, uffici pubblici, ospedali, fontanili, ecc.). Il maggiore prelievo avviene nel distretto idrografico del Fiume Po: 2,80 miliardi di metri cubi (30,7% del totale nazionale), segue il distretto idrografico dell’Appennino meridionale (2,32 miliardi di metri cubi d’acqua per uso potabile, 25,4% del volume nazionale).

L’84,7% del prelievo deriva da acque sotterranee (48,5% da pozzo e 36,2% da sorgente) e il 15,2% da acque superficiali (bacino artificiale, corso d’acqua superficiale e lago naturale). A integrazione delle fonti di acqua dolce, per sopperire alle carenze idriche, una piccola parte del prelievo è derivata da acque marine o salmastre (lo 0,1% del totale), concentrata soprattutto in Sicilia per approvvigionare le isole minori, e in minima parte anche in Toscana e Lazio.

L’erogazione giornaliera pro capite di acqua potabile è mediamente più elevata nei comuni del Nord e massima nel Nord-ovest (251 litri per abitante al giorno), che presenta un significativo differenziale regionale (dai 232 litri per abitante al giorno del Piemonte ai 419 della Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, regione con il valore più elevato).

Nel 2022 il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua è pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,4% dell’acqua immessa in rete. L’indicatore è in leggerissima risalita rispetto al 2020 (quando era al 42,2%), a conferma del persistente stato d’inefficienza di molte reti di distribuzione.

Nonostante negli ultimi anni molti gestori del servizio idrico abbiano avviato iniziative per garantire una maggiore capacità di misurazione dei consumi e il contenimento delle perdite di rete, la quantità di acqua dispersa in distribuzione continua a rappresentare un volume considerevole, quantificabile in 157 litri al giorno per abitante. Stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2022 soddisferebbe le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone per un intero anno (che corrisponde a circa il 75% della popolazione italiana).

Le perdite totali di rete sono da attribuire a: fattori fisiologici, presenti in tutte le infrastrutture idriche in quanto non esiste un sistema a perdite zero; rotture nelle condotte e vetustà degli impianti, prevalente soprattutto in alcune aree del territorio; fattori amministrativi, dovuti a errori di misura dei contatori e usi non autorizzati (allacci abusivi). Sebbene le perdite abbiano un andamento molto variabile, le differenze territoriali e infrastrutturali ripropongono il consolidato gradiente Nord-Sud, con le situazioni più critiche nelle aree del Centro e Mezzogiorno, ricadenti nei distretti idrografici della fascia appenninica e insulare.

Nel 2022, i distretti idrografici con le perdite totali in distribuzione più ingenti sono la Sardegna (52,8%), la Sicilia (51,6%) e l’Appennino meridionale (50,4%), seguito dall’Appennino centrale (45,5%). L’indicatore raggiunge, invece, il valore minimo nel distretto del Fiume Po (32,5%) e risulta di poco inferiore al dato nazionale nei distretti delle Alpi orientali (40,9%) e Appennino settentrionale (40,6%).

In nove regioni le perdite idriche totali in distribuzione sono superiori al dato nazionale, con i valori più alti in Basilicata (65,5%), Abruzzo (62,5%), Molise (53,9%), Sardegna (52,8%) e Sicilia (51,6%). Di contro, tutte le regioni del Nord hanno un livello di perdite inferiore, con Veneto (42,2%) e Friuli-Venezia Giulia (42,3%) in linea col dato nazionale. Nella provincia autonoma di Bolzano/Bozen (28,8%), in Emilia-Romagna (29,7%) e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (29,8%) si registrano le perdite minori.

In 13 regioni e province autonome su 21 e in tre distretti idrografici su sette aumentano le perdite idriche totali in distribuzione. Occorre considerare che le variazioni rilevate possono dipendere non solo dallo stato delle reti, ma anche da variazioni nelle modalità di calcolo dei volumi consumati ma non misurati al contatore, dalla crescente diffusione di strumenti di misura, che sono più efficaci nell’evidenziare le situazioni critiche, da situazioni contingenti e cambiamenti gestionali che possono modificare il sistema di contabilizzazione dei volumi.

Le acque trattate provenienti dagli impianti di depurazione delle acque reflue urbane possono rappresentare una fonte di approvvigionamento di acqua “non convenzionale” utile per integrare i volumi utilizzati per diverse finalità, escluso l’uso potabile, quali: l’irrigazione, alcuni processi industriali particolarmente idroesigenti, diversi usi civili (quali, lavaggio strade, antincendio, fontane ornamentali) e servizi ambientali (quali, alimentazione aree umide). In tal senso possono contribuire a ridurre il prelievo di risorsa primaria e a fare fronte alla maggiore frequenza di periodi di scarsità idrica, risultato dei cambiamenti climatici in atto e del perdurare di storiche inefficienze di molte infrastrutture idriche.

Nel 2020, sul territorio nazionale risultano in esercizio 18.042 impianti di depurazione delle acque reflue urbane: il 56,3% è costituito da vasche Imhoff e impianti di tipo primario, il 32,5% da impianti con trattamento di tipo secondario e l’11,1% di tipo avanzato. Questi impianti sono stati progettati per trattare complessivamente un carico massimo di inquinanti organici biodegradabili pari a 107 milioni di abitanti equivalenti.

L’acqua svolge un ruolo cruciale in agricoltura, in particolare per l’irrigazione che rappresenta la maggiore pressione sulla risorsa idrica, soprattutto nei territori in cui precipitazioni e umidità del suolo non sono sufficienti a garantire il fabbisogno idrico delle colture. Nell’annata agraria 2019-2020 la superficie irrigabile delle aziende agricole italiane, ovvero la superficie attrezzata per l’irrigazione, è pari a 3.808 migliaia di ettari (il 30,6% della superficie agricola utilizzata – SAU), distribuiti su circa 484 mila aziende, il 42,8% del totale delle aziende agricole.

L’analisi a livello regionale evidenzia che in Lombardia si concentra il 22,4% della superficie irrigata nazionale; seguono Piemonte (14,0%) e Veneto (13,6%). La propensione regionale all’irrigazione è più elevata in Lombardia (54,3%), seguono – con valori superiori al 25% – Veneto (39,7%), Piemonte (35,9%), Friuli-Venezia Giulia (35,5%), Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (26,0%) ed Emilia-Romagna (25,4%). Nelle Marche, di contro, si registra la minore propensione all’irrigazione, con solo il 2,4% della SAU irrigata; valori inferiori al 10% si rilevano anche in Toscana, Umbria, Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna.

Nel 2023, la quota di famiglie che lamentano irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua nelle loro abitazioni è pari all’8,9% ed è in lieve diminuzione rispetto al 2022 (9,7%). Il disservizio investe le regioni in percentuali molto diverse e interessa circa 2 milioni 300mila famiglie; tra queste, oltre i due terzi è residente nel Mezzogiorno (1,6 milioni di famiglie). Calabria (38,7% di famiglie) e Sicilia (29,5%) sono le regioni più esposte ai problemi di erogazione dell’acqua nelle abitazioni. Diametralmente opposta la situazione nel Nord-ovest (3,1%) e nel Nord-est (2,6%), mentre nel Centro meno di una famiglia su 10 denuncia irregolarità nel servizio di erogazione.

Nel 2023, le famiglie che dichiarano di non fidarsi a bere l’acqua di rubinetto sono il 28,8%. Il dato è stabile rispetto al 2022, anche se riflette una preoccupazione decisamente minore rispetto a 20 anni fa (erano il 40,1% nel 2002). Permangono invece notevoli differenze sul piano territoriale: si passa dal 18,9% nel Nord-est al 53,4% nelle Isole. A livello regionale, le percentuali più alte si riscontrano in Sicilia (56,3%), Sardegna (45,3%), Calabria (41,4%) e Abruzzo (35,1%).

Nel 2023, la quota di persone di 11 anni e più che consuma almeno mezzo litro di acqua minerale al giorno è pari all’81,8% ed è sostanzialmente invariata rispetto al 2022. L’Umbria mantiene il primato nel consumo di acqua minerale (90,3%), mentre nella Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen si registra il valore minimo (59,3%).

Nel 2021, il 21,8% della spesa per la protezione dell’ambiente (46,6 miliardi di euro) è destinato ai servizi di gestione delle acque reflue. Oltre alla gestione dei reflui, la spesa complessiva per la protezione ambientale comprende le risorse spese per la tutela dell’aria e del clima, del suolo e delle acque del sottosuolo, della biodiversità e del paesaggio, la gestione dei rifiuti e l’abbattimento del rumore e delle vibrazioni.

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