Biodiversità e conservazione Fauna

Mammiferi: l’impatto delle misure di lockdown (2019-2021)

Uno studio pubblicato sulla rivista Nature Ecology and Evolution e condotto su scala globale da 220 ricercatori di 21 Paesi, tra cui affiliati di ISPRA, MUSE, FEM, Università di Firenze e Siena, ha analizzato l’impatto sulle abitudini dei mammiferi selvatici dei cambiamenti delle attività umane indotte dalla pandemia da COVID-19, tra il 2019 e il 2021, scoprendo che non tutti gli animali si sono comportati allo stesso modo quando le persone hanno ridotto le attività e che queste differenze non dipendevano solo dal tipo di animale, ma anche dal paesaggio circostante.

Durante l’antropopausa (2019-2021) correlata alle misure di lockdown per il contenimento della pandemia di Sars-CoV-2, gli animali mammiferi hanno dimostrato una maggiore attività, mentre al ritorno delle normali attività umane negli ambienti naturali più integri hanno ridotto la loro attività evitando le persone, negli ambienti più antropizzati invece sono risultati più attivi, ma anche più notturni. I grandi carnivori, inoltre, sono risultati i più sensibili ai cambiamenti dell’attività umana.  

A queste conclusioni è giunto lo StudioMammal responses to global changes in human activity vary by trophic group and landscape”, pubblicato il 18 marzo 2024 su Nature Ecology & Evolution, che ha indagato le attività di 163 specie di mammiferi con l’utilizzo di oltre 5 mila fototrappole, e coinvolto 220 ricercatori in 21 Paesi, incluse 5 istituzioni italiane: ISPRA, MUSE (Museo delle Scienze) di Trento, Fondazione Edmund Mach (FEM), Università di Firenze, Università di Siena.

La pandemia globale da COVID-19 è stata una tragedia che ha causato nel mondo circa 15 milioni di morti, ma ha anche rappresentato un’insolita opportunità per gli scienziati interessati a come le attività umane influenzino il comportamento degli animali.

Le restrizioni alla mobilità dovute al Covid-19 hanno offerto ai ricercatori un’opportunità davvero unica di studiare come gli animali abbiano risposto quando il numero di persone che condividevano il loro paesaggio è cambiato drasticamente in un periodo relativamente breve – ha affermato A. Cole Burton Professore associato al Dipartimento Gestione delle Risorse Forestali dell’Università della Columbia Britannica (Canada) e a Capo della Canada Research in Terrestrial Mammal Conservation, co-autore principale dello Studio – Contrariamente alle narrazioni popolari emerse in quel periodo, non abbiamo visto un modello generale di ‘fauna selvatica che corre libera mentre gli esseri umani stavano rinchiusi nelle loro case. Piuttosto, abbiamo visto una grande variazione nei modelli di attività delle persone e della fauna selvatica, con i casi più sorprendenti la tendenza che le risposte degli animali dipendessero dalle condizioni del paesaggio e dalla loro posizione nella catena alimentare”.

Per sfruttare l’occasione, un gruppo di scienziati, tra cui lo stesso Burton, ha contattato ricercatori che utilizzavano telecamere per monitorare i movimenti dei mammiferi sia prima che durante il lockdown. Le osservazioni hanno coperto gran parte dei mammiferi, dai giganteschi orsi polari ai minuscoli conigli silvilago, per lo più provenienti dal Nord America e dall’Europa, anche se si sono analizzati studi in America Latina, Africa e Asia.

Campionamento tramite fototrappole delle differenze di comportamento dei mammiferi tra i periodi di maggiore attività umana rispetto a quelli di minore attività umana (fonte: Nature Ecology and Evolution ).

Si è scoperto che non tutti gli animali si sono comportati allo stesso modo quando le persone hanno ridotto le attività e che queste differenze non dipendevano solo dal tipo di animale, ma anche dal paesaggio circostante. Nelle foreste, nei prati e in altre aree meno sviluppate, gli animali generalmente si muovevano meno quando gli esseri umani erano più attivi (come per gli altri animali, i movimenti umani venivano misurati in base alla frequenza con cui venivano catturati dalle telecamere.

In generale, si è osservato che al ritorno dell’attività umana dopo i lockdown negli ambienti naturali più integri i grandi mammiferi hanno ridotto la loro attività evitando le persone (-6% di presenza nelle fototrappole) mentre negli ambienti più antropizzati sono risultati più attivi ed anche più notturni (+25%). I grandi carnivori, inoltre, sono risultati i più sensibili ai cambiamenti dell’attività umane,rimanendo comunque appartati per la diffidenza nei confronti degli esseri umani che li hanno sradicati dal loro ambiente.

I risultati suggeriscono che gli sforzi di conservazione della fauna selvatica potrebbero prendere in considerazione misure tese alla diminuzione del disturbo della fauna selvatica e alla prevenzione dei conflitti fra umani e animali selvatici.

Nelle aree naturali più integre, per dare agli animali selvatici lo spazio di cui hanno bisogno, lo studio suggerisce di limitare l’accesso delle persone in alcune zone delle aree protette, di istituire dei corridoi protettivi che favoriscano gli spostamenti degli animali, di prevedere restrizioni stagionali con la chiusura temporanea di alcuni sentieri durante le stagioni migratorie o riproduttive. 

Per dare agli animali selvatici lo spazio di cui hanno bisogno – ha affermato la biologa dell’UBC Kaitlyn Gaynorpotremmo prendere in considerazione l’idea di riservare aree protette o corridoi di movimento liberi da attività umane, o prendere in considerazione restrizioni stagionali, come chiusure temporanee di campeggi o sentieri escursionistici durante le stagioni migratorie o riproduttive”., ha affermato la biologa dell’UBC Kaitlyn Gaynor. , che ha lavorato allo studio.

Nelle aree in cui le persone e gli animali si sovrappongono maggiormente, come le zone periurbane, la notte è un importante rifugio per i mammiferi selvatici. Gli sforzi potrebbero pertanto concentrarsi sulla riduzione dei conflitti con la fauna selvatica dopo il tramonto, prevedendo ad esempio una migliore gestione dei bidoni della spazzatura o l’uso di misure di mitigazione sulle strade per ridurre le collisioni con i veicoli.   

In copertina: fonte CESAM

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