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Cambiamenti climatici: inequivocabile l’influenza sulla mortalità

Il nuovo Rapporto sugli indicatori demografici dell’Istat, che dedica alcuni approfondimenti sulla speranza di vita alla nascita e sulla mortalità, rileva che aumentano in Italia, sempre più vecchia, le morti per i cambiamenti climatici.

Nel 2022 i decessi in Italia sono 713mila, con un tasso di mortalità pari al 12,1‰. Rispetto all’anno precedente il numero dei morti è superiore di 12mila unità, ma inferiore di 27mila rispetto al 2020, anno di massima mortalità per via della pandemia. Il numero più alto dei decessi si è avuto in concomitanza dei mesi più rigidi, gennaio e dicembre, e nei mesi più caldi, luglio e agosto. In questi soli quattro mesi si sono osservati 265mila decessi, quasi il 40% del totale, dovuti soprattutto alle condizioni climatiche avverse che hanno penalizzato nella maggior parte dei casi la popolazione più anziana e fragile, composta principalmente da donne […] Un segnale, apparentemente inequivocabile di quanto i cambiamenti climatici stiano assumendo rilevanza crescente anche sul piano della sopravvivenza, nel contesto di un Paese a forte invecchiamento”.

Lo rileva l’Istat in un nuovo Rapporto sugli indicatori demografici del 2022, che dedica alcuni approfondimenti sulla speranza di vita alla nascita e sulla mortalità.

Il RapportoClimate change as a threat to health and well-being in Europe: focus on heat and infectious disesases” dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), sviluppato nell’ambito dell’iniziativa  dell’Osservatorio europeo per il clima e la salute aveva messo in evidenza lo scorso dicembre che, nonostante gli elevati standard medi di vita, l’invecchiamento della società e la prevalenza di malattie croniche rendono la popolazione europea particolarmente vulnerabile al caldo, non solo a causa di ondate di calore più frequenti e intense, ma anche per l’urbanizzazione e del relativo effetto “isola di calore urbano”, perché gli edifici e le città nella maggior parte dell’Europa non sono stati costruiti per proteggere le persone dalle temperature elevate. Particolarmente colpiti dal caldo sono i gruppi socio-economici fragili, la cui vulnerabilità in combinazione con il sostanziale riscaldamento globale previsto, crea un quadro terribile di un futuro con un numero crescente di morti e disturbi legati al caldo.

La speranza di vita alla nascita nel 2022 in Italia è stimata in 80,5 anni per gli uomini e in 84,8 anni per le donne, solo per i primi si evidenzia, rispetto al 2021, un recupero quantificabile in circa 2 mesi e mezzo di vita in più. Per le donne, invece, il valore della speranza di vita alla nascita rimane invariato rispetto all’anno precedente. I livelli di sopravvivenza del 2022 risultano ancora sotto quelli del periodo pre-pandemico, registrando valori di 6 mesi inferiori nei confronti del 2019, sia tra gli uomini che tra le donne.

Praticamente un italiano ogni quattro è over 65, e gli ultracentenari al 1° gennaio 2023 sono 22.000. La Liguria è la regione più anziana, con una quota di over 65enni pari al 28,9% e una di ultra 80enni del 10,4%. Seguono il Friuli-Venezia Giulia (26,9% e 9,1%) e l’Umbria (26,8% e 9,2%). La regione con le percentuali più basse di ultrasessantacinquenni e ultraottantenni è la Campania (20,6% e 5,6%), seguita dal Trentino-Alto Adige (21,8% e 7%) e dalla Sicilia (22,9 e 6,7%).

Nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’Unità d’Italia, sotto la soglia delle 400mila unità, attestandosi a 393mila. Dal 2008, ultimo anno in cui si registrò un aumento delle nascite, il calo è di circa 184mila nati, di cui circa 27mila concentrati dal 2019 in avanti. La crisi demografica (al 2022 il numero medio dei figli per donna è 1,24) è dovuta solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie. In realtà, tra le cause pesano molto tanto il calo dimensionale quanto il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni).

La regione con la fecondità più alta è il Trentino-Alto Adige con un valore pari a 1,51 figli per donna. Seguono Sicilia e Campania, registrano valori molto più bassi, rispettivamente 1,35 e 1,33. In questo insieme di regioni le madri sono mediamente più giovani, con valori dell’età media al parto compresi tra il 31,4 della Sicilia e il 32,1 del Trentino-Alto Adige. Decisamente contenuta la natalità in Molise e la Basilicata, con un valore di 1,09 figli per donna, ma su tutte spicca la Sardegna che, con un valore pari a 0,95, è per il terzo anno consecutivo l’unica regione con una fecondità al di sotto dell’unità.

Nel 2022 i movimenti migratori tornano ai livelli pre-pandemia. I trasferimenti, interni e per l’estero, risultano in crescita sia rispetto al 2021 sia, soprattutto, al 2020, quando le restrizioni dovute alla diffusione del virus Covid-19 avevano portato a un crollo degli spostamenti. Nel 2022 si sono verificati 1 milione 484mila trasferimenti interni, il 4% in più rispetto all’anno precedente e ben il 10% in più rispetto al 2020, tornando così ai livelli del 2019, quando i trasferimenti erano stati 1 milione 485mila. Anche nel 2022 si registrano movimenti migratori interni sfavorevoli al Mezzogiorno.

Il saldo migratorio netto con l’estero sale al 3,9‰ abitanti, a conferma di una tendenza di crescita avviatasi dal 2014 e interrottasi solo nel periodo pandemico. Il tasso, quindi, è in crescita non solo rispetto ai due anni precedenti, ma anche rispetto al 2019 quando il saldo migratorio con l’estero risultò pari al 2,6‰ abitanti.

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