Biodiversità e conservazione

Perdita biodiversità: al 2050 cambiamenti climatici principale driver

Secondo un ampio studio multi-modello pubblicato su Science da un team di ricercatori internazionale, tra cui 3 affiliati dell’Università La Sapienza, i cambiamenti climatici diventerebbero il principale motore della perdita di biodiversità entro la metà del XXI secolo.

Nel XX secolo l’uso intensivo del territorio ha ridotto a livello globale la biodiversità dal 2 all’11%, come stimato da una serie di indicatori, ma entro il 2050 i cambiamenti climatici potrebbero diventare il principale motore di un’ulteriore perdita di biodiversità, specie negli scenari con emissioni più elevate.

Il monito arriva dallo Studio Global trends and scenarios for terrestrial biodiversity and ecosystem services from 1900 to 2050”, pubblicato su Science il 25 aprile 2024 e condotto da un folto gruppo di ricercatori, tra cui Daniele Baisero, Moreno Di Marco, Carlo Rondinini del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università La Sapienza di Roma, coordinati dal Centro tedesco per la ricerca integrativa sulla Biodiversità (iDiv) e dall’Università Martin Luther di Halle-Wittenberg (MLU), che costituisce il più grande studio di modellizzazione nel suo genere fino ad oggi.

I ricercatori hanno confrontato tredici modelli per calcolare gli effetti dell’uso del territorio e dei cambiamenti climatici su quattro distinti parametri di biodiversità e nove servizi ecosistemici

i ricercatori hanno modellato gli impatti dei cambiamenti nell’uso del territorio sulla biodiversità nel corso del XX secolo e hanno scoperto che «La biodiversità globale potrebbe essere diminuita dal 2% all’11% a causa del solo cambiamento nell’uso del territorio». Questo calcolo copre una gamma di 4 parametri di biodiversità – ricchezza globale di specie, ricchezza di specie locali, estensione media degli habitat delle specie, integrità della biodiversità – calcolati da 7 diversi modelli..

Secondo l’IPBES, la Piattaforma Intergovernativa sulla Biodiversità e sui Servizi Ecosistemici del World Biodiversity Council, il cambiamento nell’uso del territorio (per es. la conversione delle foreste in pascoli per il bestiame), è il fattore più importante di perdita di biodiversità, ma misurare quanto sia cambiata rappresenta ancora una grande sfida per gli scienziati. Il team di ricercatori ha quindi modellato gli effetti del cambiamento nell’uso del territorio sulla biodiversità nel XX secolo.

Includendo tutte le regioni della Terra nel nostro modello, siamo stati in grado di colmare i molti punti oscuri – ha dichiarato il coordinatore e principale autore Henrique Pereira, ricercatore presso iDiv e MLU – Inoltre, siamo stati capaci di affrontare le critiche di altri approcci di calcolo che utilizzano dati frammentati e forse non rappresentativi. Ogni approccio ha vantaggi e svantaggi, ma riteniamo che il nostro fornisca la stima più completa delle tendenze globali della biodiversità”.

Per lo studio, i ricercatori hanno utilizzato cinque diversi modelli per calcolare gli effetti del cambiamento dell’uso del suolo sui servizi ecosistemici, scoprendo che nel XX secolo i servizi di approvvigionamento, come la produzione di cibo e legname, si sono moltiplicati, mentre i servizi di regolamentazione – come l’impollinazione da parte degli insetti o il sequestro del carbonio, rilevante per il clima – sono diminuiti moderatamente.

Lo studio ha però guardato anche al futuro fino al 2050, includendo nei modelli i cambiamenti climatici come ulteriore fattore. Secondo questi calcoli, le conseguenze dei cambiamenti climatici avranno un ulteriore impatto negativo sia sulla biodiversità che sui servizi ecosistemici. Sebbene il cambiamento nell’uso del territorio continui a svolgere un ruolo importante, i cambiamenti climatici potrebbero diventare la causa principale della perdita di biodiversità entro la metà del XXI secolo.

Tendenze della biodiversità dal 1700 al 2050. La biodiversità è espressa in termini di abbondanza media delle specie originarie (MSA) per bioma naturale. La restante biodiversità nelle tipologie di copertura del suolo create dall’uomo (ad esempio terreni coltivabili e praterie ampiamente utilizzate) è inclusa nel bioma naturale. ( Fonte: Science, 2024)

Il team ha valutato tre scenari climatici attuali, che vanno dallo sviluppo sostenibile alle emissioni molto elevate, concludendo che il cambiamento nell’uso del suolo e i cambiamenti climatici insieme porteranno a un declino in tutte le regioni del mondo, anche se, inevitabilmente, sussistono differenze tra modelli, scenari climatici e regioni a livello globale.  

Anche se nello scenario più sostenibile modellato, che presuppone un riscaldamento non superiore a 2 °C e un uso del territorio più sostenibile, si è evidenziato un recupero di alcuni servizi ecosistemici regolatori, la biodiversità tende a diminuire, evidenziando ulteriormente, concludono i ricercatori ”che sono necessari rinnovati sforzi politici per raggiungere gli obiettivi della Convenzione sulla diversità biologica”, quali definiti nell’Accordo quadro sulla Biodiversità, adottato alla CBD-COP15 di Kunming-Montreal.

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