Clima Inquinamenti e bonifiche

Emissioni di CO2: 57 produttori responsabili dell’80%

Un Rapporto del think tank globale InfluenceMap, basato sul database Carbon Majors delClimate Accountability Institute, evidenzia che nei 7 anni successivi all’Accordo di Parigi l’80% delle emissioni sono attribuibili a soli 57 produttori di combustibili fossili e cemento, e sono cresciute ben più dei 7 anni precedenti l’Accordo.

L’80% delle emissioni globali di CO2 prodotte da quando è stato sottoscritto l’Accordo di Parigi (2015) per limitare il riscaldamento globale può essere ricondotta a soli 57 produttori di combustibili fossili e cemento.

È quanto emerge dal Rapporto pubblicato il 4 aprile 2024 da InfluenceMap, think tank globale senza scopo di lucro che lavora sulle questioni relative al clima e alla sostenibilità, la cui mission è di facilitare l’azione ambiziosa di aziende e governi a livello globale per affrontare la crisi climatica e della biodiversità.

Il Rapporto si basa sul Carbon Majors un Progetto di database che tiene traccia di 1.421 gigatonnellate di CO2 equivalente (GtCO2e) di emissioni storiche cumulative dal 1854 al 2022, in capo a 122 produttori, le cui attività equivalgono al 72% delle emissioni globali di CO2 legate alla produzione di combustibili fossili e cemento.

Il database Carbon Majors è disponibile dal 2014 presso il Climate Accountability Institute, guidato dallo scienziato Richard Heede, esperto dipolitiche climatiche ed energetiche, che contiene i dati sulle emissioni di 122 dei maggiori produttori mondiali di petrolio, gas, carbone e cemento, offrendo agli studiosi la possibilità di esplorare sulle responsabilità storiche per gli impatti dei cambiamenti climatici e per decenni di disinformazione. Tant’ è che Heede per questa attività è dovuto comparire di fronte al Comitato per la scienza, lo spazio e la tecnologia della Camera dei rappresentanti statunitense, come era accaduto in precedenza al celebre climatologo della NASA James Hansen, chiamato a deporre al Comitato del Senato statunitense per l’energia e le risorse naturali, quando aveva denunciato per la prima volta nel 1988 i rischi del global warming.

Il database quantifica le emissioni operative dirette e le emissioni derivanti dalla combustione dei prodotti commercializzati attribuibili a: 75 Società di proprietà degli investitori; 36 Aziende statali, 11 Stati nazionali, 82 entità produttrici di petrolio, 81 di gas, 49 di carbone e 6 di cemento.

Secondo InfluenceMap, l’88% delle emissioni globali di CO2 derivanti dai combustibili fossili e dal cemento dal 2016 al 2022 può essere collegato a 117 produttori, e l’80% è attribuibile a sole 57 entità produttrici tra aziende e Stati. La maggior parte delle aziende hanno prodotto più combustibili fossili nei sette anni successivi all’Accordo di Parigi che non nei sette anni prima dell’adozione dell’Accordo.

Oltre il 72% delle emissioni di CO2 dei combustibili fossili e cemento a partire dalla Rivoluzione Industriale possono essere ricondotte alle 122 entità del database Carbon Majors:
– le società di proprietà degli investitori rappresentano il 31% di tutte le emissioni tracciate dal database (440 GtCO2e), con Chevron, ExxonMobil e BP rispettivamente primo, secondo e terzo maggior contributore;
– le società statali sono collegate al 33% del totale del database (465 GtCO2e), con in cima Saudi Aramco (Arabia Saudita), Gazprom (Russia) e National Iran Oil Company (Iran);
– gli Stati-nazione rappresentano il 36% (516 GtCO2e), con la produzione di carbone della Cina e ex Unione Sovietica i maggiori contributori. Il gigante asiatico pesa per il 14% del totale delle emissioni, l’Urss per il 6,8%, subito dopo c’è Saudi Aramco per il 3,6%.

La nuova analisi di InfluenceMap mostra che questo gruppo non sta rallentando la produzione, con la maggior parte delle entità che ha aumentato la produzione dopo l’Accordo di Parigi – ha dichiarato Daan Van Acker, responsabile del programma di InfluenceMap – Questa ricerca fornisce un collegamento cruciale per costringere questi giganti dell’energia a rispondere delle conseguenze delle loro attività”.

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