Un paper discussion di UNEP-IRP, presentato in occasione della Settimana del Commercio e dell’Ambiente, co-organizzata con la WTO, indica che l’attuale commercio globale incontrollato ha un effetto dannoso sul Pianeta, ma misure commerciali appropriate possono consentire un’economia meno dispendiosa in termini di risorse.
In occasione della Settimana del Commercio e dell’Ambiente (16-20 novembre 2020), evento ad alto livello online, organizzato da WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e UNEP (Programma Ambiente delle Nazioni Unite) è stato presentato il paper di discussione “Sustainable Trade in Resources: Global Material Flow, Circularity and Trade” (Commercio sostenibile delle risorse: flusso globale di materiali, circolarità e commercio), redatto dall’International Resource Panel (IRP), il gruppo di 40 scienziati di fama mondiale di 30 diversi Paesi, istituito nel 2007 dall’UNEP, che fornisce valutazioni scientifiche indipendenti, autorevoli e pertinenti sullo stato delle politiche, delle tendenze e del futuro delle risorse naturali, con la collaborazione dell’Environment and Trade Hub dell’UNEP.
Il paper mira a promuovere la consapevolezza dei responsabili politici sui flussi commerciali di risorse materiali – compreso il loro impatto ambientale – e le potenzialità del commercio nel contribuire alla transizione verso un’economia più verde e più circolare.
Il settore del commercio è responsabile di quantità ben maggiori di materiali estratti di quanto non venga indicato dai flussi commerciali diretti, qualora si tenesse conto di materiali aggiuntivi quali energia, acqua e suolo utilizzati nell’estrazione e nella produzione di beni scambiati, che permangono come rifiuti ed emissioni nei Paesi esportatori.
Nel 2017, il materiale utilizzato per il commercio era di 3 volte il commercio diretto, poiché più di 35 miliardi di tonnellate di risorse materiali erano state estratte a livello globale per produrre 11 miliardi di tonnellate di merci scambiate direttamente. Ciò significa che un terzo dei 92 miliardi di tonnellate totali di risorse materiali estratte nell’economia globale in quell’anno era destinato alla produzione di beni per il commercio.
L’analisi condotta dall’IRP sui materiali incorporati nei beni commercializzati rivela che i processi ad alta intensità di risorse si sono spostati dai Paesi importatori ad alto reddito ai Paesi esportatori a basso reddito, con un correlato spostamento degli impatti ambientali associati.
L’estrazione e il trattamento delle risorse per l’esportazione impoveriscono le risorse naturali, aumentando nel contempo i rifiuti, le emissioni, la perdita di biodiversità, il degrado del suolo e l’inquinamento dell’acqua. Sono quindi necessarie politiche appropriate per affrontare gli impatti ambientali negativi del commercio e garantire che il commercio contribuisca a guidare la transizione verso un’economia più equa, sostenibile e circolare.
Un recente Rapporto dell’UNCTAD (United Nation Conference on Trade and Development) ha sottolineato come la pandemia ha ridefinito l’economia mondiale in modi che accentueranno le disuguaglianze e che potranno essere colmate solo se ci sarà una trasformazione globale degli atteggiamenti nei confronti del commercio.
L’analisi delle politiche condotte dall’Environment and Trade Hub dell’UNEP mostra come sia le regole commerciali multilaterali che gli accordi commerciali regionali possono essere utilizzati in modo proattivo per far avanzare l’economia circolare e ridurre al minimo gli impatti ambientali associati all’estrazione di risorse.
“Le ricadute economiche del COVID-19 è solo un inizio di quel che vedremmo se i sistemi naturali della Terra si rompessero – ha affermato la Direttrice esecutiva dell’UNEP Inger Andersen, presentando il report – Dobbiamo assicurarci che le nostre politiche commerciali globali proteggano l’ambiente non solo per il bene del nostro Pianeta, ma anche per la salute a lungo termine delle nostre economie“.
I vantaggi di diventare ecologici
Secondo il documento, questi cambiamenti potrebbero pagare grandi dividendi per il Pianeta. Conservando le risorse, l’umanità potrebbe ridurre le proprie emissioni di gas serra fino al 90%. Mentre il modello circolare potrebbe avere “implicazioni economiche” per i Paesi che dipendono dalle risorse naturali, dando origine a nuove industrie dedite al riciclaggio e alla riparazione. Nel complesso, il rapporto prevede che un modello economico più verde stimolerebbe la crescita dell’8% entro il 2060.
“È diffusa opinione che la nostra strada verso la prosperità consista nell’individuare, prelevare ed estrarre risorse – ha aggiunto la Direttrice esecutiva dell’UNEP – Ma non è così. Abbracciando la circolarità e riutilizzando i materiali possiamo ancora guidare la crescita economica proteggendo il Pianeta per le generazioni future“.
Alcuni Paesi, sia nel mondo sviluppato che in quello in via di sviluppo, hanno abbracciato il concetto di economia circolare. Tuttavia, sottolinea il rapporto gli accordi commerciali internazionali possono svolgere un ruolo importante nel rendere questi sistemi più diffusi, invitando l’Organizzazione mondiale del commercio, a cui aderiscono 164 Paesi, a tenere in considerazione l’ambiente nella definizione dei regolamenti. Ha inoltre raccomandato che i patti commerciali regionali promuovano gli investimenti in industrie favorevoli al Pianeta, eliminando i sussidi “dannosi”, come quelli per i combustibili fossili, ed evitando di svalutare gli accordi ambientali globali.
“Riorientare l’economia globale non è un lavoro facile – ha aggiunto la Andersen – Ci sono molti interessi acquisiti con cui dobbiamo lottare. Ma con la popolazione della Terra che dovrebbe raggiungere quasi i 10 miliardi entro il 2050, dobbiamo trovare modi per alleviare la pressione sul Pianeta“.
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