La decarbonizzazione in UE al 2050, secondo un Rapporto di McKinsey, può essere conseguita ad un costo netto pari a zero, creando anche 5 milioni di posti di lavoro in più, se si interviene in 5 settori chiave parallelamente e contemporaneamente in tutti i Paesi dell’UE. L’Italia sarebbe avvantaggiata rispetto alla media europea, grazie al minor costo delle rinnovabili elettriche, alle potenzialità di decarbonizzazione degli edifici e di produzione dell’idrogeno.
Secondo il Rapporto “Net-Zero Europe: Decarbonization pathways and socioeconomics implications“, pubblicato il 3 dicembre 2020 da McKinsey & Company, Società leader a livello globale di consulenza manageriale e di strategia, che focalizza la sua attività per risolvere problemi di grandi organizzazioni e aziende, il conseguimento dell’obiettivo di decarbonizzazione al 2050 che la UE si è posta comporterebbe un costo netto pari a zero e produrrebbe un guadagno netto di 5 milioni di posti di lavoro,
Lo scorso marzo la Commissione UE ha presentato la Legge europea sul Clima che sancisce l’impegno politico assunto con il Green Deal europeo di conseguire la neutralità climatica al 2050, con uno step al 2030.
Secondo il Rapporto, tale ambiziosa proposta di net-zero al 2050 non spiegherebbe quanto ogni settore e Stato membro dovrebbe contribuire alle riduzioni delle emissioni o quanto tali riduzioni costerebbero.
Al fine diaiutare i responsabili politici e i leader aziendali ad essere informati sui percorsi da intraprendere per pianificare gli sforzi, McKinsey ha tentato di trovare un percorso socialmente ottimale in termini di costi per raggiungere gli obiettivi prefissati.
“Ci sono molti possibili percorsi di riduzione delle emissioni – ha dichiarato Hauke Engel – partner di McKinsey’s Sustainability Practice, uno degli autori del Rapporto – Il nostro rapporto descrive uno scenario efficace in termini di costi che illustra azioni specifiche e fattibili che consentirebbero all’UE di raggiungere i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni”.
Tale percorso, ottimale in termini di costi, illustra la fattibilità tecnica di ridurre le emissioni dell’UE del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e di raggiungere lo zero netto entro il 2050. Inoltre, indica come la decarbonizzazione dell’UE comporti notevoli vantaggi economici, tra cui la crescita del PIL e la riduzione dei costi sanitari e la creazione di posti di lavoro.
Cinque settori nell’UE emettono la maggior parte dei gas a effetto serra: il 28% proviene dai trasporti; il 26% dall’industria, il 23% dall’energia, il 13% dagli edifici; il 13% dall’agricoltura. In tutti i settori, la combustione di combustibili fossili è la principale fonte, rappresentando l’80% delle emissioni.
Per raggiungere gli obiettivi dell’UE in tempo, questi settori dovrebbero ridurre le loro emissioni parallelamente. I cambiamenti richiederebbero una fondamentale riconfigurazione del sistema energetico e delle pratiche di utilizzo del suolo. La maggior parte della tecnologia per raggiungere lo zero netto è già disponibile, ma la continua innovazione tecnologica sarà fondamentale.
– Secondo il Rapporto, dovrebbero essere trasferiti mediamente 800 miliardi di euro all’anno di spesa in conto capitale, circa un quarto di tutte le spese in conto capitale dell’UE, dalle tecnologie ad alta intensità di carbonio a quelle a basse emissioni di carbonio.
– Ogni anno dovrebbero essere investiti altri 180 miliardi di euro, da trarre dai risparmi per le spese di esercizio.
– Sarebbero necessari interventi politici per stimolare gli investimenti. Solo la metà degli investimenti necessari per un percorso zero-netto avrebbe un ritorno positivo. Un finanziamento pubblico di circa 4.900 miliardi di euro colmerebbe il divario. In alternativa, un prezzo del carbonio di 50 euro/tonn/CO2 renderebbe redditizi tre quarti degli investimenti necessari e un prezzo del carbonio di 100 euro/tonn/CO2 renderebbe redditizi l’85%.
– Il settore energetico raggiungerebbe per primo le emissioni nette zero, a metà degli anni 2040, i trasporti si avvicinerebbero all’obiettivo nel 2045, gli edifici alla fine degli anni ’40, l’industria nel 2050, seguita dall’agricoltura.
– Entro il 2050, il consumo di petrolio, gas e carbone diminuirebbe di oltre il 90%; la richiesta di energia raddoppierebbe; e le fonti rinnovabili genererebbero più del 90% dell’elettricità, rispetto al 31% attuale.
– Il gas dovrebbe essere utilizzato come combustibile di transizione durante l’eliminazione graduale del carbone che i Paesi dell’est-Europa dovrebbero definire nelle loro agende, mentre Paesi come la Germania, che hanno già la phase-out del carbone in agenda dovrebbero anticipare le scadenze.
– Circa 30 milioni di ettari di terreni marginali potrebbero essere utilizzati per produrre biomassa.
– La riduzione delle emissioni farebbe aumentare i costi delle attività in alcuni settori, che tuttavia sarebbero controbilanciati dai risparmi conseguiti in altri. Se questi costi e risparmi venissero trasferiti ai consumatori, il costo medio della vita diminuirebbe, seppur leggermente, per le famiglie a basso e medio reddito.
– Raggiungere le emissioni nette zero creerebbe 11 milioni di nuovi posti di lavoro e ne sopprimerebbe 6 milioni entro il 2050, con un guadagno netto di 5 milioni di posti di lavoro nel settore dell’energia pulita. I guadagni più significativi sarebbero nei settori dell’energia e dell’edilizia.
– Fino a 18 milioni di persone potrebbero aver bisogno di formazione e sostegno alla transizione in tutta Europa.
Nel Rapporto si sottolinea, inoltre, che l’UE non dipenderebbe più dalle importazioni di combustibili fossili, ma potrebbe dipendere dalle importazioni di tecnologie e materie prime fondamentali per un’economia decarbonizzata. Allo stesso tempo, l’UE ha una grande opportunità per accelerare la R&S e mantenere la sua leadership mondiale a basse emissioni di carbonio.
“Il nostro studio prende in esame un possibile percorso verso la decarbonizzazione in Europa, evidenziandone i potenziali benefici economici: creazione di nuovi posti di lavoro, spinta all’innovazione e accelerazione della crescita – ha affermato Paolo D’Aprile, partner di McKinsey e tra gli autori del report – Ci auguriamo che tale analisi possa orientare gli stakeholder nell’intraprendere progetti di riduzione delle emissioni che garantiscano un futuro sano e prospero ai cittadini europei. In questo contesto, l’Italia ha tutte le potenzialità per poter svolgere il ruolo di capofila nel percorso verso una piena sostenibilità”.
L’Italia sarebbe avvantaggiata rispetto alla media europea, grazie al possibile minor costo delle rinnovabili elettriche, alle potenzialità di decarbonizzazione degli edifici e quindi alla produzione di idrogeno.
“In alcuni Paesi – si legge nel Rapporto – le famiglie a basso reddito vedrebbero vantaggi economici ancora maggiori lungo il percorso ottimale in termini di costi verso la neutralità climatica”, e viene riportato l’esempio dell’Italia:
Anche il Rapporto di DNV GL, pubblicato all’inizio della settimana e dedicato alle soluzioni, strategie e politiche per la transizione energetica, ha sottolineato che le politiche positive per il clima da sole non sono sufficienti per la decarbonizzazione globale e che c’è bisogno del supporto dell’industria intersettoriale per stimolare gli investimenti, dell’implementazione delle nuove tecnologie emergenti, di quadri normativi e politici immediati, e di competenze adeguate della forza lavoro, in grado di adattarsi e stare al passo con i cambiamenti tecnologici in atto.