Cambiamenti climatici Clima

WMO: livelli record di gas serra in atmosfera nonostante i lockdown

L’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) ha diffuso il suo Bollettino annuale sui gas serra, che costituisce la verifica scientifica delle azioni e misure degli impegni dell’Accordo di Parigi, da cui emerge che non c’è alcuna inversione di tendenza nella concentrazione dei gas climalteranti in atmosfera, ed anche i lockdown imposti dalle misure di contenimento del COVID-19 avranno un impatto limitato sul forcing radiativo dei gas di lunga durata.

In un anno “normale”, ad una settimana dalla Conferenza sui Cambiamenti Climatici dell’ONU (COP), il Greenhouse Gas Bulletin del World Meteorological Organization (WMO) avrebbe avuto una vasta eco mediatica, costituendo assieme all’Emissions Gap Report dell’UNEP (la pubblicazione è prevista per il 9 dicembre), la relazione scientifica di verifica delle azioni e misure degli impegni presi ai Parigi (2015) dai Paesi nell’ambito della Convenzione sul Clima (UNFCCC) per mantenere alla fine del secolo l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 °C e di fare tutti gli sforzi possibili per mantenerlo a 1,5 °C.

Come purtroppo sappiamo, la pandemia di Covid-19 ha sconvolto anche l’Agenda climatica 2020 con il differimento della COP26 di Glasgow al prossimo anno, per cui l’ultimo Bollettino della WMO pubblicato il 23 novembre 2020 è rimasto offuscato dalle notizie di aggiornamento dell’evoluzione del Covid-19 e delle misure da prendere per il suo contenimento.

Eppure, il titolo (Possiamo intravedere l’impatto delle misure di contenimento del COVID-19 sui livelli di CO2 in atmosfera?) avrebbe dovuto stimolarne la lettura, scoprendo che non soltanto nel 2019 le concentrazioni hanno superato le 410 ppm, ma, contrariamente a quanto si possa pensare, hanno continuato a salire anche nel 2020 nonostante i lockdown, per l’effetto cumulativo delle passate e attuali emissioni di una serie di gas, tra cui l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) e il protossido di azoto (N2O).

Forzatura radiativa atmosferica dal 1750 dei gas serra di lunga durata al 2019, in base all’Annual Greenhouse Gas Index della NOAA

L’anidride carbonica rimane nell’atmosfera per secoli e nell’oceano ancora più a lungo – ha affermato il Segretario generale della WMO, Petteri Taalas L’ultima volta che la Terra ha sperimentato una concentrazione paragonabile all’attuale di CO2 è stato 3-5 milioni di anni fa, quando la temperatura era di 2-3 °C più calda e il livello del mare era di 10-20 metri più alto di adesso. Ma non c’erano 7,7 miliardi di abitanti“.

Abbiamo superato la soglia globale di 400 parti per milione nel 2015 e solo quattro anni dopo, abbiamo superato 410 ppm – ha proseguito Taalas – Un tale tasso di crescita non è mai stato visto nella storia dei dati in nostro possesso. Il calo delle emissioni correlato al blocco è solo un piccolo inconveniente nel grafico a lungo termine. Abbiamo bisogno di un appiattimento sostenuto della curva“.

La pandemia di COVID-19 non è una soluzione per i cambiamenti climatici – ha concluso il Segretario della WMO – Tuttavia, ci fornisce una piattaforma per un’azione climatica più sostenuta e ambiziosa per ridurre le emissioni a zero netto attraverso una trasformazione completa dei nostri sistemi industriali, energetici e di trasporto. I cambiamenti necessari sono economicamente accessibili e tecnicamente possibili e influenzerebbero solo marginalmente la nostra vita quotidiana. È positivo che un numero crescente di Paesi e aziende si stiano impegnando a favore della neutralità del carbonio. Non c’è tempo da perdere“.

Le tendenze del 2020
Il Global Carbon Project (GCP), l’organizzazione internazionale di scienziati il cui scopo è di sostenere gli studi per monitorare le emissioni di gas ad effetto serra e di stimare quanta CO2 possa essere emessa in atmosfera per non far aumentare la temperatura oltre 2 °C, .ha calcolato che durante il periodo più intenso del blocco per le misure anti-COVID, le emissioni giornaliere di CO2 si sarebbero ridotte del 17% a livello globale a causa del confinamento della popolazione. Poiché la durata e la gravità delle misure di confinamento rimangono poco chiare, la previsione della riduzione annuale totale delle emissioni nel 2020 è ancora incerta. Il GCP pubblicherà il prossimo dicembre il suo annuale aggiornamento sulle tendenze globali delle emissioni.

Stime preliminari indicano una riduzione dell’emissione globale annua compresa tra il 4,2% e il 7,5%, che non provocherà una diminuzione di concentrazione della CO2 in atmosfera, che continuerà a salire, anche se ad un ritmo leggermente ridotto (0,08-0,23 ppm all’anno in meno). Ciò rientra ampiamente nella variabilità interannuale naturale di 1 ppm, e significa che a breve termine l’impatto dei confinamenti indotti dal COVID-19 non può essere distinto dalla variabilità naturale.

CO2
L’anidride carbonica è il più importante gas serra a lunga durata nell’atmosfera correlato alle attività umane, contribuendo per circa due terzi alla forzatura radiativa. Il livello annuo medio globale di CO2 è stato di circa 410,5 parti per milione (ppm) nel 2019, rispetto a 407,9 parti per milione nel 2018, avendo superato il punto di riferimento di 400 parti per milione nel 2015. L’aumento di CO2 dal 2018 al 2019 è stato maggiore rispetto a quello osservata dal 2017 al 2018 e anche superiore alla media dell’ultimo decennio.
Le emissioni derivanti dalla combustione di combustibili fossili e dalla produzione di cemento, dalla deforestazione e da altri cambiamenti nell’uso del suolo hanno spinto la CO2 atmosferica nel 2019 al 148% rispetto al livello preindustriale di 278 ppm, che rappresentava un equilibrio dei flussi tra l’atmosfera, gli oceani e la biosfera terrestre. Nell’ultimo decennio circa il 44% della CO2 è rimasto nell’atmosfera, mentre il 23% è stato assorbito dall’oceano e il 29% dalla terra, con il 4% non attribuito.
Il Greenhouse Gas Bulletin si basa sui dati medi globali per il 2019 e le singole stazioni hanno dimostrato che la tendenza al rialzo prosegue nel 2020. Le concentrazioni medie mensili di CO2 nella stazione di riferimento di Mauna Loa (Hawaii) a settembre 2020 erano di 411,29 ppm da 408,54 ppm del settembre 2019. A Cape Grim in Tasmania (Australia), le rispettive cifre erano di  410,8 ppm a settembre 2020, rispetto a 408,58 ppm nel 2019.

CH4
Il metano, un potente gas a effetto serra che rimane nell’atmosfera almeno un decennio, nel 2019 era pari 1.877 parti per miliardo, pari al 260% rispetto ai livelli preindustriali. L’aumento dal 2018 al 2019 è stato leggermente inferiore a quello osservato dal 2017 al 2018, ma comunque superiore alla media dell’ultimo decennio.
Il metano contribuisce per circa il 16% alla forzatura radiativa dei gas serra di lunga durata. Circa il 40% del metano viene emesso nell’atmosfera da fonti naturali (es. zone umide e termiti) e circa il 60% proviene da fonti antropiche (es. ruminanti, coltivazione di riso, sfruttamento di combustibili fossili, discariche e combustione di biomasse).

N2O
Il protossido di azoto, che è sia un gas a effetto serra che una sostanza chimica in grado di ridurre lo strato di ozono, ha raggiunto le 332,0 parti per miliardo nel 2019, ovvero il 123% in più rispetto ai livelli preindustriali. L’incremento dal 2018 al 2019 è stato inferiore a quello osservato dal 2017 al 2018, ma pur sempre eguale al tasso medio di crescita degli ultimi 10 anni.

Il Bollettino della WMO presenta anche i risultati per diversi altri gas, comprese le sostanze che riducono lo strato di ozono regolamentate dal Protocollo di Montreal e dal suo aggiornamento (Accordo di Kigali) .

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.