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Italia “messa in mora” per la cattura dei richiami vivi per la caccia

Italia messa in mora per cattura dei richiami vivi per la caccia

Quantunque siano messe sotto accusa le leggi regionali di Lombardia, Veneto e Toscana, la Commissione UE sa bene che anche nelle Marche, in Trentino, Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia sono stati autorizzati impianti di cattura. Soddisfazione espressa per la procedura avviata dal Presidente della Lipu, Fulvio Mamone Capria. 

Con la lettera del 20 febbraio 2014 a firma del Commissario per l’Ambiente Janez Potočnik e indirizzata al Ministro degli Affari Esteri Emma Bonino a cui è subentrata due giorni dopo Federica Mogherini, la Commissione UE ha notificato al nostro Paese una procedura di infrazione (messa in morain materia di cattura dei richiami vivi per la caccia, ritenendo che “la Repubblica d’Italia sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 8 e all’allegato IV, lettera a) e dell’articolo 9 della Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in quanto nelle Regioni LombardiaVeneto e Toscana, è stata consentita la cattura, mediante l’utilizzo di reti, di sette specie di uccelli di cui all’allegato II della medesima Direttiva (Columba palumbus, Turdus pilaris, Turdus philomelos, Turdus iliacus, Turdus merula, Vanellus vanellus, Alauda arvensis)”.

Inoltre, la Commissione ha ricordato che la cattura delle stesse specie di uccelli mediante l’utilizzo di reti è stata autorizzata ed attuata anche nelle Regioni MarcheEmilia-RomagnaFriuli Venezia Giulia e nella Provincia Autonoma di Trento, anche se non sono stati resi disponibili i riferimenti degli atti in base ai quali gli impianti di cattura sono stati autorizzati.

Già in passato, la Commissione UE aveva espresso le sue preoccupazioni in merito alla pratica della cattura di richiami vivi con reti che contravviene agli Artt. 5-6-7-8 della succitata Direttiva in quanto le “deroghe” sono soggette a determinate condizioni e monitoraggio della Commissione stessa, poiché i vari mezzi, sistemi o metodi di cattura a larga scala o non selettivi devono essere vietati a causa dell’eccessiva pressione che esercitano o possono esercitare sulle specie in questione.

La prima condizione è “la mancanza di soluzioni alternative”, mentre i provvedimenti di natura amministrativa e legislativa adottati dalle Regioni Lombardia, Veneto e Toscana, sono avvenuti, secondo la Commissione UE, “in mancanza della dimostrazione di assenza di valide soluzioni alternative. Al contrario, la Commissione ritiene che vi siano numerose valide alternative alla cattura di uccelli per la cessione ai fini del richiamo mediante reti”.

Poiché la cattura di richiami vivi di ColombaccioCesenaTordo bottaccioTordo sasselloMerloPavoncellaAllodola è finalizzata alla caccia delle stesse specie di uccelli, la Commissione considera che “la stessa potrebbe avvenire innanzitutto senza l’utilizzo di richiami o per esempio con l’utilizzo di richiami a bocca. Infatti, nella maggior parte delle regioni italiane e degli altri Stati Membri, la caccia a tali specie è effettuata, con successo, senza utilizzare richiami vivi (e senza quindi l’uso di mezzi vietati per la loro cattura)”.

I richiami vivi vengono catturati nei roccoli ovvero in impianti muniti di reti da uccellagione.

Il Roccolo del Sauch (935 m s.l.m.)  è l’unico conservato in Trentino nella sua forma originaria, con casello, tondo e colonnato a ferro di cavallo. Situato nel territorio del Comune di Giovo (TN)  in Val di Cembra, è un interessante complesso vegetale, una splendida scultura arborea di faggi e abeti, formata da doppi colonnati e piante potate con forme rotondeggianti, che un tempo era utilizzato per la caccia agli uccelli di passo lungo una delle principali rotte migratorie alpine (la rotta del Sauch). L’uccellagione era una caccia nobile già prima dell’800, svolta all’interno di parchi dalla nobiltà, poi caduta in decadenza insieme alla classe nobile che la praticava. Fu salvata dal popolo contadino che, da pura arte venatoria la fece diventare forma di sostentamento, con cattura di uccelli ad uso di richiamo e, soprattutto, alimentare. Dopo che un gran numero di volatili si era posato nello spazio posto al centro della galleria, dal casello veniva agitato lo spauracchio preceduto dal fischio dell’uccellatore. La fuga in volo orizzontale portava gli uccelli dritti verso una rete tesa tra le arcate della galleria.
Dal 1968 la cattura di avifauna con questa tecnica è proibita e il Roccolo del Sauch è tornato in funzione nel 1993 come Osservatorio d’ornitologia e centro didattico ambientale. Qui gli uccelli vengono catturati, classificati e inanellati a scopo scientifico, per poi essere liberati. L’APPA (Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente) del Trentino, in collaborazione con il Museo delle Scienze di Trento e il Servizio Foreste e Fauna della PAT, organizza e gestisce una rete di guide in grado di illustrare le caratteristiche ambientali ed etnografiche del territorio circostante.


La Commissione UE lamenta che tali prelievi siano effettuati nonostante che l’ISPRA, l’organismo abilitato a dichiarare che le condizioni stabilite siano soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possano essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone, emetta da anni pareri sfavorevoli in merito ai provvedimenti regionali di autorizzazione alla cattura per la cessione ai fini del richiamo.

La Commissione rimprovera alle Autorità italiane non solo di non aver dato seguito a pareri dell’ISPRA, ma riguardo alla condizione dell’“impiego misurato“, previsto dall’articolo 9 della Direttiva Uccelli, e al divieto di deroghe per specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione (Art. 19 bis) di non aver “fornito alcuna prova sufficiente per dimostrare che tale condizione è stata rispettata”.

Nei provvedimenti amministrativi e legislativi delle Regioni Lombardia, Veneto e Toscana non sono individuati e gestiti i rischi connessi alla cattura di esemplari appartenenti a specie non oggetto di deroga, come pure quelli connessi alla cattura di esemplari appartenenti a specie oggetto di deroga, in numero superiore a quello autorizzato.

Solo alcuni tra i più recenti provvedimenti adottati dalla Regione Veneto fanno parzialmente riferimento a tali condizioni di rischio”.

Inoltre, in tali provvedimenti non c’è alcun riferimento alla condizione che i necessari controlli saranno effettuati e secondo quali modalità, bensì si limitano a dire quali sono le autorità che svolgono ordinariamente i controlli, senza alcuna definizione di un programma di controlli rafforzati, adeguato alle condizioni di rischio (periodo della deroga, numero impianti, localizzazione e controllabilità degli impianti, orari di esercizio, catture di specie non-target, catture di un numero di uccelli superiore a quello autorizzato, precedenti casi di frode e mercato nero di uccelli illegalmente catturati da questi impianti, ecc.).

Solo il recente provvedimento adottato dalla Regione Lombardia (D.G.R. 6 settembre 2013 n. x/260) fa parziale riferimento ai controlli ed impone un numero minimo di controlli presso gli impianti di cattura e sui cacciatori che detengono richiami vivi”.

Ora, il Governo ha due mesi di tempo per rispondere alle osservazioni della Commissione UE e se non saprà farlo in modo soddisfacente o in caso di omissione,  verrà emesso un “parere motivato”, anticamera del deferimento alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. In caso di condanna saranno comminate all’Italia pesantissime sanzioni di multe milionarie.

Ovviamente, la notizia della messa in mora è stata subito commentata con favore dalle Associazioni ambientaliste, in primis dalla Lipu-BirdLife Italia.
È una notizia clamorosa per le conseguenze che avrà sulla normativa italiana – ha affermato il Presidente Fulvio Mamone Capria – ma che attendevamo e che avevamo a nostra volta stimolato, denunciando a tutti i livelli la pratica dei richiami vivi. Ora che la Commissione europea ha definitivamente messo sotto accusa il nostro Paese e chiarito che per questa pratica non c’è futuro, il Governo deve assumersi con urgenza le proprie responsabilità e cancellare dalla legge italiana l’utilizzo degli uccelli a fini di richiamo, per evitare l’onta di una nuova condanna europea in materia ambientale e per porre fine allo scempio subito dai piccoli uccelli migratori”.

Abbiamo avuto perfettamente ragione – ha  aggiunto Danilo Selvaggi, Direttore generale – a sostenere che quella dei richiami vivi è attività del tutto fuori legge, esistendo valide alternative alla cattura e all’utilizzo degli uccelli selvatici come richiami per la caccia. Si tratta di una pratica violenta e non selettiva, eticamente intollerabile ed ecologicamente dannosa, alla cui denuncia abbiamo dedicato una intensa campagna di raccolta firme, che presenteremo nei prossimi giorni. Ma c’è subito l’occasione, per l’Italia, di mettersi in regola: è la legge Europea 2014, attualmente nelle commissioni della Camera dei Deputati, che già prevede un articolo sul tema. Ora va modificato, prevedendo il divieto assoluto di utilizzo degli uccelli a fini di richiamo”.

La Lipu ha annunciato anche un appuntamento, già nei prossimi giorni, con cui presenterà la petizione contro i richiami vivi e la bozza di proposta di legge per cancellare questa pratica dall’ordinamento italiano.

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