Secondo l’ultimo Rapporto Green for Growth 2014, l’adozione di programmi ambiziosi e completi di riforme strutturali permetterà ai Governi una assai valida opportunità per un ritorno alla crescita, forte, sostenibile ed equilibrata, in grado di creare posti di lavoro e ridurre le disuguaglianze. Per l’Italia lo scenario non è incoraggiante, segnalando un ulteriore aumento della disoccupazione, senza lasciare intravedere miglioramenti a breve.
Chi volesse trovare indicazioni sul contesto macroeconomico in cui si trova ad agire il Governo Italiano e, in particolare, il suo neo Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, potrebbe trovare interessanti spunti ed analisi nell’editoriale “Evitare la trappola della bassa crescita”, da lui firmato quale Economista capo dell’OCSE, che apre il Rapporto “Going for Growth 2014”.
Oltre ad offrire le principali indicazioni in materia di politica economica, il Rapporto 2014 dell’OCSE valuta e confronta i progressi che i Paesi hanno fatto in termini di riforme strutturali dal 2008 e prende in esame quali altre misure possono essere intraprese per rilanciare la crescita e renderla più inclusiva.
“La diffusa decelerazione nella produttività dall’inizio della crisi potrebbe presagire l’inizio di una nuova era di bassa crescita. Lo slancio dell’economia globale resta debole, aumentando il timore che ci sia stata una contrazione strutturale nei tassi di crescita rispetto alla fase pre-crisi – scrive Padoan – È improbabile che la creazione più rapida di posti di lavoro sia sufficiente per riportare i tassi di occupazione ai livelli pre-crisi, men che meno a livelli capaci di compensare l’impatto dell’invecchiamento della popolazione nei Paesi avanzati”.
Il Rapporto sottolinea che la crisi ha indebolito la crescita potenziale di molte economie avanzate, mentre alcune economie emergenti stanno di fatto incontrando ostacoli strutturali. Un ritorno verso una crescita sana e sostenibile richiede riforme strutturali ambiziose e ampie, includendo un ampio ventaglio di settori.
I Governi hanno continuato a progredire su molti fronti nonostante la sfida di attuare riforme in un clima di crescita indebolita. Negli ultimi due anni, il ritmo delle azioni intraprese nelle aree interessate dalle raccomandazioni dell’OCSE ha in qualche modo decelerato, ma nell’insieme rimane ben superiore al ritmo osservato prima della crisi. L’intensità degli interventi di riforma si è mantenuta più elevata nei Paesi della zona euro esposti alle pressioni dirette dei mercati o sotto programmi di assistenza finanziaria.
In termini di riforme tese a incrementare la produttività, è stata dedicata una maggiore attenzione alle azioni volte ad aumentare l’efficienza del settore pubblico, a migliorare i risultati ottenuti nel campo dell’istruzione e allo snellimento della regolamentazione sui mercati dei prodotti, mentre le azioni nel campo della tassazione e delle infrastrutture sono state in qualche modo considerate meno importanti. Per quanto riguarda le riforme sul mercato del lavoro e delle politiche sociali, gli interventi di riforma sono stati particolarmente numerosi nelle aree dei sistemi pensionistici, dei programmi di sostegno ai redditi e alla ricerca di lavoro, nonché in materia di legislazione sulla protezione del lavoro.
L’elevato e persistente tasso di disoccupazione è una preoccupazione per la maggior parte dei Paesi europei, in particolare per i Paesi del sud e del centro dell’Europa che continuano a registrare alti tassi di disoccupazione di lunga durata, anche quando la disoccupazione media è diminuita dalla crisi. I fattori che contribuiscono alla disoccupazione, e che variano tra Paesi, comprendono diverse tipologie di barriere alla creazione di posti di lavoro e alla mobilità dei lavoratori e un sostegno insufficiente per la ricerca di lavoro e lo sviluppo delle competenze. Nei Paesi del sud dell’Europa, più colpiti dalla crisi, sarebbero utili riforme dei mercati dei prodotti più energiche per potenziare l’impatto delle sostanziali riforme del mercato del lavoro attuate negli ultimi anni.
Nei Paesi in cui la disuguaglianza di reddito è particolarmente marcata, l’azione sulle priorità di politica economica dovrebbe principalmente contribuire a ridurre il differenziale dei redditi, anche se tale azione potrebbe richiedere più tempo. Dall’altro canto, i provvedimenti presi per incoraggiare la crescita nei Paesi che fanno fronte ai più ampi squilibri delle partite correnti, dovrebbero complessivamente contribuire in modo limitato al risanamento dei suddetti squilibri.
L’OCSE indica che la maggior parte dei Governi hanno continuato a emanare riforme, nonostante le sfide poste da una situazione di crescita modesta, e mette in evidenza le azioni che possono ancora essere adottate per aumentare la produttività e l’efficienza del settore pubblico, migliorare i risultati scolastici e rafforzare i mercati del lavoro.
Secondo l’OCSE, l’Italia deve spostare la sua politica del lavoro “tutelando maggiormente il reddito dei lavoratori e meno il posto di lavoro in sé”, chiedendo anche di “abbassare il cuneo fiscale e il costo minimo del lavoro” e la contrattazione collettiva affinché la negoziazione salariale sia più “reattiva” rispetto alle condizioni del mercato del lavoro. L’organizzazione ricorda la priorità di ribilanciare la protezione dai posti di lavoro ai lavoratori alleggerendo la protezione dei lavoratori per alcuni tipi di contratto e aumentando la rete di protezione sociale.
L’OCSE riconosce all’Italia alcune riforme del mercato del lavoro, in particolare il ricorso obbligatorio alla conciliazione e l’introduzione graduale di una assistenza universale alla disoccupazione come previste dalla riforma Fornero e con l’introduzione dell’Aspi (ndr: prestazione economica istituita per gli eventi di disoccupazione che si verificano a partire dal 1° gennaio 2013 e che sostituisce l’indennità di disoccupazione ordinaria), ma ritiene che “una parte difficile della riforma sarà combinare con efficienza tutti gli elementi di supporto e attivazione“: in particolare il training e le agenzie di collocamento, previste a livello regionale, con la fornitura dei sussidi che avvengono invece a livello nazionale.
Per ridurre i loro ritardi nella formazione, inoltre, l’Italia dovrebbe riformare l’educazione professionale.
Inoltre, “rimane valida la raccomandazione di liberalizzare le professioni chiuse“, mentre per migliorare la competitività, l’Italia deve “ridurre le barriere alla concorrenza, aumentando l’applicazione della legge a tutti i livelli, riducendo la proprietà pubblica e i ritardi della giustizia civile“.
Sul lato della disoccupazione non ci sono segnali di inversione della tendenza all’aumento e preoccupa, scrive l’OCSE, quella di lunga durata (un anno o più): “Diversi anni di consolidamento fiscale aggiustamenti nei bilanci del settore privato, bassa fiducia e disponibilità di credito ridotta hanno lasciato l’Italia con un tasso di disoccupazione a due cifre e nessun segno di un’inversione rapida e autosufficiente”.