Diritto e normativa Società

Dibattito pubblico: estenderlo alle infrastrutture energetiche!

dibattito pubblico

L’articolo 22.comma 2 del D.lgs. Codice dei contratti pubblici, attuativo delle Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, affida ad un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la determinazione dei criteri per l’individuazione delle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio, distinte per tipologia e soglie dimensionali, per le quali è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico.

Mutuato dall’esperienza francese (la Legge n. 95/1995, nota come Legge Barnier, sul rafforzamento della protezione ambientale, ha istituzionalizzato le débat public e istituito la Commissione nazionale per il dibattito pubblico), la versione italiana del dibattito pubblico è un procedimento volto a coinvolgere nei processi di approvazione dei progetti di grandi opere infrastrutturali tutti i portatori di interesse, al fine di migliorare la qualità della progettazione, ma anche di ricomporre le eventuali divisioni tra favorevoli e contrari, salvaguardando gli investimenti previsti.

Dopo una lunga gestazione che ha visto introdotte modifiche rispetto alla proposta originaria del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), la Presidenza del Consiglio dei Ministri rinviava al MIT una bozza di Decreto per essere poi trasmesso agli organismi cui compete il parere, tra cui la Conferenza delle Regioni.

In questa bozza sono esclusi dal dibattito pubblico, oltre alle opere connesse alla difesa e alla sicurezza, alle esigenze della Protezione Civile in caso di urgenza, agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauri, adeguamenti tecnologici e completamenti, ma soprattutto gli impianti nucleariquelli per lo sfruttamento degli idrocarburi, gli oleodotti gasdotti, e le condutture per gli impianti chimici.

In pratica, tutte quelle infrastrutture energetiche più contestate dai territori, come emerso anche dall’ultimo Rapporto del Nimby Forum.

Inoltre, dalla bozza scompariva anche il Comitato di monitoraggio (composto dagli enti locali direttamente coinvolti dall’intervento) che avrebbe avuto il compito di: a) contribuire alla definizione delle modalità di svolgimento del dibattito pubblico; b) collaborare alla realizzazione e alla supervisione del dibattito; c) concorrere alla soluzione dei problemi e delle criticità che eventualmente si manifestino durante il dibattito; d) contribuire alla discussione e alla valutazione delle proposte emerse nel corso del dibattito pubblico.

Su tale bozza la Conferenza delle Regioni ha espresso il 14 dicembre 2017 parere favorevole con osservazioni poco rilevanti, visto che le sue richieste che non venissero limitate le proprie competenze erano già state accolte in precedenza.

Il Consiglio di Stato nel parere espresso il 12 febbraio 2018 ha fatto numerose rilevanti osservazioni.Il primo elemento ostativo all’effettiva operatività del dibattito pubblico viene individuato nelle soglie economiche fissate dal decreto, definite “di importo così elevato [ndr: tra i 200 e i 500 milioni] da finire per rendere, nella pratica, minimale il ricorso a tale istituto”.

In secondo luogo, il Consiglio di Stato auspica una migliore definizione del ruolo della Commissione nazionale del dibattito pubblico, istituita dal decreto correttivo al Codice dei contratti pubblici, e le cui modalità di intervento non risultano adeguatamente specificate nello schema di D.P.C.M., suggerendo di “potenziare l’attività di monitoraggio successivo ad essa demandato dalla legge, prevista dall’articolo 4, comma 6, lettera e), dello schema di decreto ma in modo poco incisivo”.

In aggiunta a queste due osservazioni di carattere generale, il Consiglio di Stato ha suggerito altri interventi, tra cui di:
-approntare strumenti di prevenzione anche per i beni culturali nazionali non protetti a livello UNESCO;
– individuare un numero dispari di componenti la Commissione per evitare situazioni di stallo;
– indicare il soggetto pubblico titolare del potere di indire il dibattito pubblico;
– specificare che il compito di coordinatore del dibattito pubblico, al fine di garantirne l’indipendenza e la terzietà, debba essere svolto da un soggetto esterno all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore ed estraneo agli interessi che vengono in rilievo, ma pur sempre da soggetto appartenente allo Stato-apparato;
– prevedere un termine entro il quale avviare il dibattito pubblico.

Per ultimo, la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, nella seduta del 20 febbraio 2018, oltre a far propria l’osservazione del Consiglio di Stato riguardo all’opportunità di modificare il livello delle soglie decisionali, ha condizionato il parere favorevole a 2 condizioni:
– che siano inserite tra le opere soggette a dibattito pubblico le infrastrutture energetiche;
– che sia individuato un primo periodo di applicazione del decreto, alla fine del quale si possa procedere alla valutazione degli effetti delle disposizioni e alla definizione delle eventuali criticità e dei correttivi da apportare.

L’introduzione del dibattito pubblico nella normativa nazionale – scrivono i deputati – rappresenta una rilevante innovazione, che favorisce la trasparenza delle procedure e la partecipazione dei soggetti interessati, facilitando la risoluzione a monte di eventuali conflitti, consentendo di migliorare la progettazione delle opere stesse e di deflazionare il possibile contenzioso; sarà pertanto necessario valutare il primo periodo di applicazione delle nuove norme, allo scopo di verificare l’efficacia dell’istituto del dibattito pubblico e apportare eventuali correttivi”.

Il débat public va esteso alle infrastrutture energetiche, era questa la volontà del Parlamento”, ha postato il Presidente della Commissione Ermete Realacci.

Al momento, comunque, non c’è alcuna intenzione del Governo di intervenire in merito, stante la “sensibilità” delle comunità locali sulla tematica… e non solo in periodo elettorale.

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