Un gruppo di ricercatori internazionali in uno studio pubblicato su Nature Communications suggerisce che la conversione di vaste aree terrestri in coltivazioni per biomassa destinata a impianti di generazione di elettricità (BECCS) potrebbe far aumentare la quantità di CO2 in atmosfera, tanto che in molti casi è meglio proteggere le foreste e riforestare.
Le tecnologie BECCS (centrali elettriche a biomassa con cattura e stoccaggio del carbonio) sono progettate per produrre energia e immagazzinare il biossido di carbonio (CO2) di scarico nel sottosuolo. Si tratta di una delle tecnologie net emission (a zero emissioni) previste dai Rapporti di valutazione del Gruppo intergovernativo dell’ONU sui Cambiamenti Climatici (IPCC) quali azioni di mitigazione per il contenimento del riscaldamento globale. Poiché il ciclo di combustione di una biomassa si presume essere carbon neutral (il raccolto successivo sarebbe infatti in grado di assorbire una quantità di CO2 pari al prodotto della combustione), sequestrando la CO2 emessa si otterrebbe una rimozione netta dall’atmosfera.
Ora uno Studio condotto da ricercatori internazionali e coordinato dall’Università di Exeter (Gran Bretagna) suggerisce invece che la conversione di vaste aree terrestri in coltivazioni di biomassa per impianti energetici BECCS libererebbe così tanta CO2 che proteggere e rigenerare le foreste sarebbe in molti casi l’opzione migliore.
“La stragrande maggioranza degli attuali scenari previsti dall’IPCC per limitare l’aumento della temperatura globale a meno di 2 °C include i BECCS – ha affermato Anna Harper ricercatrice al College of Engineering, Mathematics, and Physical Sciences dell’Università di Exeter e principale autrice della ricerca “Land-use emissions play a critical role in land-based mitigation for Paris climate targets”, pubblicata il 7 agosto 2018 su Nature Communications – Ma la terra richiesta per coltivare la quantità di biomassa necessaria per tali scenari sarebbe due volte più grande dell’India“.
Questa condizione ha spinto il team di ricerca a valutare le più vaste conseguenze di un tale radicale cambiamento dell’uso globale del territorio. Utilizzando un modello informatico all’avanguardia sulla vegetazione e i suoli di tutto il mondo e confrontandolo gli scenari di cambiamento dell’uso del suolo in linea con la stabilizzazione del clima tra +1,5 e +2 °C di riscaldamento globale, i ricercatori hanno osservato che l’uso di BECCS su una scala così ampia potrebbe portare ad un aumento netto di carbonio nell’atmosfera, specialmente laddove si suppone che le colture introdotte sostituiscano le foreste esistenti.
“In alcuni luoghi la tecnologia BECCS sarà efficace – ha osservato Tom Powell, anche lui dell’Università di Exeter e co-autore dello Studio – ma abbiamo scoperto che in molti luoghi proteggere o rigenerare le foreste è molto più sensato“.
Il funzionamento della tecnologia BECCS dipende da fattori come la scelta della biomassa, la destinazione della iniziale biomassa superficiale e la compensazione delle emissioni di combustibili fossili nel sistema energetico, tal che futuri miglioramenti potrebbero renderla un’opzione preferibile.
“Il nostro lavoro dimostra che la manipolazione della terra può aiutare a compensare le emissioni di biossido di carbonio – ha sottolineato a sua volta il professor Chris Huntingford, del Centro di Ecologia e Idrologia del Servizio meteorologico nazionale britannico (MET Office) e co-autore dello Studio – ma solo se applicate in certi e alquanto determinati luoghi”.
Didascalia: Scenarios for land-use and climate change. a, b Land used for food production (crops and pasture) and bioenergy crops from the IMAGE SSP2 scenarios IM1.9 and IM2.6 (available from https://data.knmi.nl/datasets?q=PBL). c Temperature profiles for the idealized scenarios reaching nearly 1.5 °C and 2 °C by 2100. d CO2 concentrations for each of the 34 ESMs emulated with IMOGEN. The CO2 concentrations relate to the temperatures in c depending on each model’s climate sensitivity (Methods). e, f Spatial maps of change in land for bioenergy crops in IM1.9 and IM2.6. For each scenario, the change is shown as the difference between 2000 and the year of maximum extent of bioenergy crops (2060 for IM1.9 and 2085 for IM2.6) (Fonte: Nature Communications)
“Per soddisfare gli obiettivi derivanti dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici – ha concluso la Harper – dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni e impiegare un mix di tecnologie per rimuovere il biossido di carbonio dall’atmosfera. Non c’è un’unica ‘get-out-of-jail-free card’ [ ndr: “la carta del Monopoli per uscire gratis di prigione” intesa come qualcosa che permette di evitare uno spiacevole risultato delle azioni intraprese]”.
L’ultimo Rapporto della FAO sulla stato delle foreste mondiali, pubblicato lo scorso luglio, ha sottolineato quanto le foreste siano essenziali per gli Obiettivi dell’Agenda ONU 2030, dal contrasto ai cambiamenti climatici alla conservazione della biodiversità, dalla riduzione delle disuguaglianze al miglioramento degli habitat urbani, offrendo prove tangibili dei molteplici contributi offerti dalle foreste e tracciando i percorsi per fare di più.
Il Regolamento UE/2018/ 841, entrato in vigore il 9 luglio 2018, coinvolge per la prima volta il settore LULUCF (Land Use, Land Use Change and Forestry) nella riduzione delle emissioni di gas serra nel quadro degli obiettivi dell’UE per il clima e l’energia al 2030, secondo cui gli Stati membri possono utilizzare determinate azioni di mitigazione nei settori delle foreste e dei terreni agricoli per raggiungere i loro obiettivi climatici.Ciò è in linea con l’Accordo di Parigi che indica il ruolo fondamentale del LULUCF nel raggiungimento degli obiettivi a lungo termine di mitigazione del clima.
Il Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione UE ha contribuito in modo significativo a questa proposta legislativa che fa proprio il nuovo approccio scientifico per la contabilità credibile del ruolo delle foreste per la mitigazione climatica, definito e descritto recentemente da ricercatori italiani del JRC, che stabilisce livelli di riferimento basati su pratiche di gestione forestale storica documentate piuttosto che sugli impatti programmati delle future politiche.