Il Mare Adriatico si è riscaldato negli ultimi 100 anni di 2 °C . Lo rilevano i ricercatori del CNR-ISMAR che con la rete meteo marina dell’Istituto monitorano la situazione in tempo reale, ma anche l’andamento storico dei parametri raccolti dal 1913 al 2016 sulle due sponde dell’Adriatico.
di Nicoletta Canapa
Che il clima sta cambiando è un dato di fatto, ma che cambi così repentinamente è un fenomeno che dovrebbe far riflettere.
Nel mare Adriatico la temperatura in superficie (ovvero non oltre i 3m di profondità) ha registrato durante l’estate 2018 valori massimi superiori a 29 °C, anche a causa di prolungati periodi di alta pressione con intenso irraggiamento solare e alla scarsa frequenza di perturbazioni con precipitazioni. Tale dato si è rivelato di poco inferiore a quello della precedente estate, che si era attestato a 30,7 °C. Ma anche al di sotto della soglia di 3m, le temperature registrate presso le stazioni costiere hanno oscillato fra i 28 °C e i 28,7 °C.
Lo ha segnalato con una nota stampa l’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR- ISMAR) che monitora in tempo reale 6 aree geografiche dell’Adriatico, che vanno dal Golfo di Trieste al Golfo di Manfredonia, passando per quello di Venezia, la foce del fiume Po, Rimini e Senigallia, studiandone moto ondoso, temperatura e salinità, ma anche direzione e intensità delle correnti marine.
Chi si occupa della gestione e del monitoraggio di tutta la strumentazione fissa è Pierluigi Penna, tecnico specializzato in Oceanografia fisica e chimica nel gruppo di ricerca del ISMAR-CNR di Ancona, e che “Regioni&Ambiente” ha intervistato.
“Lo stato del mare può essere osservato attraverso vari sistemi – ha dichiarato Penna – Le nostre analisi si basano sulle rilevazioni effettuate per mezzo di pali e boe fisse. Negli ultimi 4 anni la temperatura globale è sensibilmente aumentata, soprattutto nei valori massimi, e il Mar Adriatico non poteva che riflettere questo andamento”.
Certo, concorrono molti fattori all’aumento generale della temperatura superficiale delle acque, come ad esempio la tendenziale scarsità di precipitazioni durante questa estate corrente, assieme agli altri fenomeni locali che tendono all’abbassamento della temperatura del mare.
Oltre alle modifiche dei parametri chimico-fisici del mare per effetto dell’aumento della temperatura globale, Penna mette in guardia su un fenomeno correlato che non deve essere sottovalutato: la tropicalizzazione della fauna e flora marina del bacino del Mediterraneo. È di qualche giorno la notizia che a Lido di Volano (Ravenna) è stato pescato un barracuda, pesce tipico degli habitat tropicali, che arrivato dall’oceano Atlantico attraverso lo stretto di Gibilterra ha trovato condizioni ambientali favorevoli tali da dar luogo varietà nostrane (Sphyraena viridensis), il cui peso varia tra i 3 Kg e i 7Kg.
Sono dette lessepsiane, invece, le specie che si sono introdotte nel mare Mediterraneo attraverso il canale di Suez, costruito dall’ingegnere francese Ferdinand de Lesseps nel 1869 e che è stato recentemente ampliato, permettendo l’intrusione di specie pericolose oltre per gli impatti ambientali ed economici, anche per i danni alla salute umana, come nel caso del pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus) dalle carni velenose, che dopo aver colonizzato il Mediterraneo orientale e già stato pescato nell’Adriatico sulle coste dalmate e pugliesi.
Anche il pesce scorpione (Pterois miles) si è introdotto nel Mediterraneo attraverso il canale di Suez e dopo aver colonizzato il bacino orientale non tarderà a risalire l’Adriatico con impatti ecologici devastanti perché nei nostri mari non ha predatori naturali ed è invece un predatore molto aggressivo. Come se non bastasse, è una specie pericolosa anche per l’uomo a causa del potente veleno delle sue spine che rimane attivo fino a due giorni dopo la morte.
Anche la flora marina alloctona si sta espandendo rapidamente nel Mediterraneo, come le due alghe del genere Caulerpa, quella taxifolia e quella racemosa, che compromettono la presenza di habitat importanti per la fauna, come le praterie di posidonia oceanica. Viene annoverata fra i migranti lessepsiani anche un’angiosperma marina, la halophila stipulacea. Inoltre, anche se priva di conseguenze per la salute umana, ma di notevole impatto turistico-paesaggistico, è la comparsa sempre più frequente in estate in condizioni di alte temperature Fibrocapsa japonica che colora di rossastro le acque lungo il litorale Adriatico fino a circa 300 metri dalla costa.
L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha rilevato che tra il 1970 e il 2015 nel Mediterraneo il numero di specie alloctone è più che raddoppiato, con oltre 250 specie ritrovate nel corso degli ultimi 15 anni.
L’attività di monitoraggio dei mari di CNR-ISMAR non si esaurisce con le rilevazioni in tempo reale. Parallelamente alle stazioni fisse in acqua, infatti, l’Istituto effettua un confronto su scala storica con i dati relativi ad oltre un secolo fa.
“Fra il 1913 ed il 2016 – ha concluso Penna – in oltre 15.000 punti di misurazioni in mare aperto sulle due sponde dell’Adriatico, la temperatura media dell’acqua superficiale è aumentata di circa 2°C, passando da 25 °C a 27 °C”. È un ulteriore segnale che le attività antropiche dell’ultimo secolo con l’immissione di gas ad effetto serra in atmosfera che hanno provocato il riscaldamento globale, stanno incidendo fortemente anche sullo stato dell’ambiente marino, e ad oggi non c’è alcun segnale che si vada verso un’inversione di rotta, come ha testimoniato anche l’ultimo Rapporto sullo Stato del Clima, redatto da oltre 500 scienziati di 65 Paesi, coordinati dalla NOAA (l’Agenzia federale statunitense che si occupa di studi oceanografici e meteorologici).