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Tecnologie CDR: su chi far gravare i costi?

Secondo ricercatori britannici, se i finanziamenti per le tecnologie di rimozione della CO2 dall’atmosfera (CDR) dovessero attingere dalle bollette energetiche delle famiglie a basso reddito, non solo sarebbe operazione iniqua e non in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, ma darebbe spazio a chi vuole rallentare l’ambizione e l’azione climatica, una nuova variante del negazionismo climatico, con argomentazioni sui costi delle politiche verdi.

La visione dell’UE per la neutralità climatica, intesa come il raggiungimento di zero emissioni nette di tutti i gas serra, in contrapposizione all’obiettivo di neutralità del carbonio che includerebbe solo le emissioni di CO2, .è stata presentata per la prima volta nel 2018 nella Comunicazione “Un pianeta pulito per tutti”, divenendo un anno dopo la base del Green Deal europeo un anno dopo. Per spianare la strada alla neutralità climatica entro il 2050, l’UE ha innalzato il suo obiettivo climatico per il 2030 con la Legge europea sul Clima (2021) e con il Pacchetto Fit for 55 che contiene le misure legislative per la sua attuazione.

Questa maggiore ambizione dell’UE è anche dovuta ai risultati dello SR1.5 del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) per limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C, delineando il ruolo potenziale delle tecnologie di rimozione dell’anidride carbonica (CDR), dette anche tecnologie a emissioni negative (NET) che sottraggono permanentemente la CO2 all’atmosfera terrestre, nel raggiungimento degli obiettivi climatici globali.

Fonte: Ufficio federale svizzero dell’ambiente

Lo scorso aprile con il Rapporto sulle azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici, , nell’ambito del VI Rapporto di Valutazione (AR6), redatto dal Working Group III dell’IPCC, si è chiarito che ormai la CDR è “inevitabile” perché la riduzione delle emissioni di gas serra da sola non sarà sufficiente per realizzare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Il ruolo potenziale della CDR sta emergendo come uno dei punti critici del dibattito tra ONG, responsabili politici e settore privato. I responsabili politici stanno iniziando a discutere su come incentivare le tecnologie di CDR. Le Ong hanno espresso preoccupazione che la CDR, come meccanismo di flessibilità per arrivare allo zero netto, potrebbe ritardare l’azione per il clima e annacquare l’ambizione di mitigazione. Il settore privato è interessato ad investimenti per progetti dimostrativi e forse per altri progetti che potrebbero beneficiare sia della sovvenzione che dei meccanismi di incentivazione specifici della tecnologia.

Le somme necessarie per sviluppare e scalare tali tecnologie avanzate, la maggior parte delle quali non sono state dimostrate su larga scala, sono significative, almeno a breve termine, ed è anche chiaro che gli impatti socio-ambientali non saranno indolori. In particolare, in un contesto di sviluppo sostenibile su chi dovranno ricadere i costi per il finanziamento di queste tecnologie?

Seppure riferito alla situazione della Gran Bretagna, ricercatori del Sustainability Research Institute, School of Earth and Environment dell’Università di Leeds e del Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment presso la London School of Economics and Political Science (LSE) hanno pubblicato il 5 agosto 2022, il paper Who pays for BECCS and DACCS in the UK: designing equitable climate policy” [ndr: BECCS (Bioenergy with carbon capture and storage) e DACCS (Direct Air Carbon Capture and Storage) sono tecniche di CDR], in cui vengono valutati vantaggi e svantaggi di varie opzioni e combinazioni politiche, sia dal punto di vista dello zero netto che della giustizia climatica.

In un momento in cui l’aumento del costo della vita comincia a mordere sul benessere dei cittadini ed è acceso il dibattito politico su come sostenere il caro bollette energetiche di famiglie ed imprese, mentre al contempo i giganti dei combustibili fossili stanno godendo di profitti multimiliardari, secondo i ricercatori, l’imposizione dei costi delle tecnologie sulla bolletta energetica delle famiglie sarebbe la più regressiva delle opzioni considerate.

Il finanziamento di BECCS e DACCS tramite l’imposta sul reddito è emerso come l’unico modo progressivo per ripartire i costi. Poiché i vantaggi della rimozione del carbonio vanno a beneficio della società nel suo insieme, vi è un’ulteriore argomentazione secondo cui i costi dovrebbero essere condivisi tra i suoi membri nel modo più equo possibile. 

Tutte le opzioni di finanziamento alternative modellate si traducono in risultati regressivi in ​​cui le famiglie a basso reddito pagano in modo sproporzionato per i costi di BECCS e DACCS.

Il finanziamento di BECCS e DACCS attraverso i prelievi sulle bollette energetiche delle famiglie rafforza ulteriormente la disuguaglianza; la spesa per l’elettricità come quota del reddito è sproporzionatamente alta per le famiglie a basso reddito.

Riepilogo dell’impatto delle opzioni di finanziamento.(Fonte: Anne Owen et al. 2022)

Se le famiglie più povere sono costrette a pagare di più per ridurre le emissioni rispetto alle famiglie più ricche che generalmente hanno un’impronta di carbonio molto più elevata, si rischia non solo di danneggiare il supporto per le tecnologie di rimozione dei gas serra, ma anche di dare spazio a coloro che vogliono rallentare l’ambizione e l’azione climatica, una nuova variante del negazionismo climatico, con argomentazioni sui costi delle politiche verdi.

In copertina: Il primo impianto industriale al mondo per la rimozione del CO2 dall’atmosfera è stato sviluppato dalla svizzera Climeworks ed è stato messo in funzione nel 2017 a Hinwil, a qualche chilometro da Zurigo. © Keystone / Gaetan Bally

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