Agenda Territorio e paesaggio

Piccoli comuni: il futuro dell’Italia passa attraverso il loro sviluppo

Alla vigilia di “Voler Bene all’Italia” (2 giugno) la Festa dei Piccoli Comuni, il Dossier Legambiente-Uncem mostra come queste piccole realtà territoriali abbiano grandi potenzialità per contribuire allo sviluppo economico del Paese, purché le politiche pubbliche sappiano dare adeguate risposte ai tanti innovatori che le abitano.

Si è svolto a Roma il Convegno “Da piccoli Comuni a smart land” organizzato da Legambiente e Uncem (Unione nazionale dei comuni, comunità ed enti montani), con il patrocinio dei Ministeri dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo (MiPAAFT), per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC), e di Anci, Unpli e Fondazione Symbola, con il sostegno di Poste italiane e Open Fiber, che ha costituito l’evento inaugurale di “Voler Bene all’Italia 2019” , la Festa dei Piccoli Comuni che si celebra il 2 giugno per valorizzare le piccole municipalità che promuovono il buon governo dei territori e la capacità di innovare e competere.

Celebrare queste realtà vuol dire celebrare l’Italia intera, tanto più nella stessa domenica della Festa della Repubblica italiana di cui i piccoli Comuni sono la spina dorsale e la radice identitariaha sottolineato il Presidente Uncem, Marco BussoneMettere questi territori, che spesso garantiscono la manutenzione di territori montani e ne prevengono il dissesto idrogeologico, in grado di competere con le loro enormi potenzialità, in maniera diffusa, è la vera occasione per fare ripartire il Paese“.

Nel corso del Convegno è stato presentato il DossierLa Realtà aumentata dei piccoli Comuni”, di Legambiente – Uncem, elaborato da Caire (Consorzio opera sui temi della programmazione territoriale e del disegno urbano anche attraverso la consorziata Atlante Srl il cui staff professionale assicura l’apporto e l’integrazione di competenze disciplinari articolate), che analizza i caratteri identitari e la qualità del patrimonio storico e culturale di ogni realtà attraverso l’analisi di una serie di indicatori tematici che cercano di delineare i trend di cambiamento (saldo della popolazione, degli stranieri, digital divide, istruzione), degli attori in campo (presenza di giovani, aziende, volontari e istituzioni culturali) e della presenza di patrimonio locale (beni culturali, servizi ecosistemici, prodotti tipici e presenza di cammini). Il quadro restituito è variegato e disomogeneo. Per un verso, una realtà vivace, articolata e in movimento, che si misura con forti processi di cambiamento e con tendenze globali in larga misura inedite. Per l’altro, con divari ancora molto ampi rispetto al resto del Paese.

L’approccio integrato, che la ricerca applica su scala comunale, evidenzia tra gli esiti più significativi come il segmento più interessante dei piccoli Comuni italiani, in funzione dei loro ruoli territoriali e dei loro caratteri identitari, presenti condizioni di attrattività marcatamente superiori a quelli della media del Paese. Negli ultimi quattro anni questi piccoli Comuni hanno attratto in media 1,7 persone per ogni mille residenti, quando la media italiana era di 1,2. L’Italia dei piccoli Comuni può mostrare, dunque, anche condizioni di reale attrattività, rivolgendosi con successo alle scelte insediative della popolazione italiana come delle correnti migratorie della popolazione straniera, a patto che siano presenti condizioni di tenuta identitaria forte e che i fattori di sviluppo socio economico tengano.

Un’attrattività confermata anche dai dati sulla densità imprenditoriale, che nei piccoli Comuni è di 10,4 imprese per 100 residenti contro una media del Paese di 8,5. E un interessante segnale di vitalità proveniente dal segmento delle piccole città storiche è anche la concentrazione dei giovani in ingresso nel mercato del lavoro: 17,3% rispetto a una media nazionale di 16,9.

La densità del patrimonio culturale, l’intensità dei servizi ecosistemici, i prodotti tipici e i cammini riflettono le potenzialità dei territori e le positive e interessanti ricadute delle politiche pubbliche di valorizzazione. Il 92% dei prodotti del territorio ha il suo domicilio in piccoli Comuni, mentre i servizi ecosistemici (che secondo stime attendibili valgono 93 miliardi di euro l’anno, quasi il 5% del PIL) presentano nei piccoli Comuni densità più alte: 3.500 euro l’ettaro contro una media di 3.000. La politica dei Cammini è di quelle che cercano di fare sintesi e di restituire il valore globale del patrimonio, maggiore della somma delle sue parti: quasi due terzi dei Comuni interessati da questa politica sono piccoli Comuni (944 dei 1.434 incontrati dai Cammini).

Sul fronte delle politiche di sistema, invece, si registrano ancora notevoli ritardi. Nel 70% della superficie nazionale, i redditi della popolazione sono più bassi del 13,1% rispetto ai centri più grandi; e in 2.600 piccoli Comuni, il gap del reddito medio pro capite è circa del 35%. Sono evidenti, inoltre, alcune carenze strutturali dei servizi, in particolare, la penalizzazione dei piccoli Comuni nella diffusione della Banda ultralarga si presenta in proporzioni davvero gravi al 2018: con il 17,4% delle utenze servite contro una media nazionale del 66,9. Anche sul fronte dei livelli di istruzione, nei piccoli Comuni si contano appena 7,1 laureati per 100 abitanti contro una media nazionale del 10,8, già insoddisfacente rispetto ai livelli dei Paesi OCSE.

I piccoli Comuni sanno porsi sulla frontiera dell’innovazione – ha dichiarato Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente – ma hanno ancora bisogno di politiche di sistema che permettano loro di proiettare nel futuro l’alta qualità della vita di cui sono custodi, potenziando la presenza di servizi e di offerta formativa, le opportunità di lavoro e investimento, gli strumenti di valorizzazione e di manutenzione del territorio“.

L’Italia dei Piccoli Comuni, che rappresenta il 69,7% delle municipalità italiane (5552 Comuni al 2018) e governa oltre il 50% dell’intero territorio nazionale, offre, insomma, numerose esperienze di innovazione che disegnano i contorni di un possibile cambio di passo verso un futuro di benessere e sostenibilità, capace di disegnare un argine allo storico abbandono, invecchiamento e spopolamento dei piccoli centri. Considerando che in questi luoghi si conta al 2030 un anziano ogni tre persone e tre anziani per ogni bambino ma anche una casa vuota ogni due occupate: solo il 15% di quelle disponibili ospiterebbero 300mila abitanti, e le opere di adeguamento edilizie potrebbero valere 2 miliardi di euro nella rigenerazione e decine di migliaia di nuovi addetti. Inoltre, utilizzando un quarto delle superfici coltivate abbandonate negli ultimi 20 anni, avremmo 125 mila nuove aziende agricole di 12 ha ciascuna, assecondando un già marcato ritorno all’agricoltura di eccellenza italiana.

Da segnalare che,  dopo l’approvazione all’unanimità nel settembre 2017 Legge Miisure per il sostegno e la valorizzazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni”, mancano tuttora i Decreti attuativi per la sua piena attuazione.

Il 2019 è l’Anno del Turismo Lento che si inquadra nell’art. 6 della suddetta Legge e che potrebbe costituire un’occasione di sviluppo dei piccoli Comuni delle aree interne, valorizzando in chiave sostenibile quei territori meno conosciuti del nostro Paese che sono luoghi identitari di un ambiente, un paesaggio e una comunità, che non coincidono con i più conosciuti e celebrati siti storico-artistico-culturali, ma che sono in grado di evocare emozioni e sentimenti nei viaggiatori non frettolosi che siano disposti ad “assaporarli” con passo lento, più propensi ad un turismo esperenziale .

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