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2019 Anno del Turismo lento: per scoprire i luoghi dell’anima

Il 2019 è l’anno del turismo lento, dedicato a chi vuole viaggiare in Italia a passo lento per “assaporare” i luoghi identitari di un ambiente, un paesaggio e una comunità, che non coincidono per lo più con i più conosciuti e celebrati siti storico-artistico-culturali.

Come il 2016 è stato l’Anno nazionale dei cammini, il 2017 l’Anno nazionale dei borghi e il 2018 l’Anno del cibo italiano il 2019 è l’Anno del turismo lento, dedicato a chi vuole viaggiare in Italia a passo lento.

L’iniziativa era stata lanciata nel 2017 dall’allora Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo (MIBACT, ora solo MIBAC perché le competenze del settore sono state trasferite al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ora MiPAAFT) nell’ambito del Turismo sostenibile di cui il 2017 ne celebrava l’Anno internazionale, con lo scopo di valorizzare i territori italiani meno conosciuti dal turismo internazionale e rilanciarli in chiave sostenibile, favorendo esperienze di viaggio innovative, dai treni storici a alta panoramicità, agli itinerari culturali, ai cammini, alle ciclovie, ai viaggi a cavallo.

Investire sul turismo sostenibile è una strategia di sviluppo che ha come fine la tutela e la riproposizione innovativa di luoghi, memorie, conoscenze e artigianalità che fanno del nostro Paese un luogo unico: un circuito di bellezza straordinariamente diffuso lungo tutto il suo territorio fisico, e lungo un arco di secoli di civiltà.

Non casualmente la Legge n. 158 del 2017 recante “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni“, fa affidamento sul turismo lento per lo sviluppo di quei territori, salvaguardandone i beni culturali, storici e paesaggistici messi in difficoltà dallo spopolamento, quando non intervengono eventi naturali, quali i terremoti che hanno colpito l’Italia centrale nel 2016 e 2017.

La globalizzazione ha prodotto anche fenomeni pericolosi, come il turismo “mordi e fuggi” che tende a far sì che luoghi e paesaggi si equivalgano o si stemperino l’uno nell’altro, perdendo la precipua identità e quella della comunità che vi abita ed opera ovvero di quel genius loci su cui deve poggiare la domanda e l’offerta di un turismo sostenibile.

Nell’antichità il rapporto di “sostenibilità” tra territorio e individuo non derivava solo da tradizioni culturali connesse ad un’economia essenzialmente agricola, ma da una solida conoscenza della comune appartenenza ad un determinato territorio che aveva, come gli uomini, uno “spirito protettore” oggetto di culto.

Nell’Eneide, quando i Troiani, stanchi ed affamati sbarcano alla foce del Tevere, Enea primo di intraprendere l’esplorazione dei luoghi, riconosciuti per essere quelli a lui vaticinati, invita i compagni a pregare il “genium loci, primamque deorum Tellurem, Nymphasque et ignota flumina…” (il genio del luogo, e la Terra prima degli Dei, e le Ninfe e i fiumi ancora ignoti: Publio Virgilio Marone, Eneide, Libro VII, vv. 137-139).

La “riscoperta“ dei valori del luogo è operazione indispensabile per la sostenibilità, ma non basta: occorre che gli stessi siano condivisi per acquisire maggior consapevolezza. È l’esperienza di un “visitatore” che ne conferma la validità, corroborando la comunità locale a credere in quei valori.

Dovunque in Italia vi sono luoghi identitari di un ambiente, un paesaggio e una comunità, che non coincidono con i più conosciuti e celebrati siti storico-artistico-culturali. Sono luoghi ”humiles”, per riprendere un aggettivo caro al poeta Virgilio, che tuttavia sono in grado di evocare emozioni e sentimenti nei viaggiatori non frettolosi, che vogliano “assaporare” questi luoghi dell’anima (il riferimento a Slow Food non è casuale).

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