Uno studio, condotto da epidemiologi, economisti, ecologisti e biologi della conservazione di 21 istituzioni scientifiche, ha calcolato che investire un importo pari a solo il 5% delle perdite economiche annuali stimate associate alle morti umane dovute al COVID nella protezione dell’ambiente e nella sorveglianza delle malattie in fase iniziale, i rischi di future pandemie zoonotiche potrebbero essere ridotti della metà.
“Possiamo pagare ora o pagare molto di più in seguito – ha affermato Stuart Pimm della Nicholas School of the Environment – Duke University (North Caroline) co-autore principale dello Studio “The costs and benefits of primary prevention of zoonotic pandemics”, pubblicato sul numero del 4 febbraio 2022 di Sciences Advances e condotto da un folto gruppo di ricercatori di 21 istituzioni scientifiche internazionali, tra università, centri medici, organizzazioni non profit ambientali o agenzie governative negli Stati Uniti, Cina, Brasile, Sud Africa e Kenya – Abbiamo scoperto che la prevenzione è davvero la migliore medicina. Stimiamo che potremmo ridurre notevolmente la probabilità di un’altra pandemia, investendo solo un ventesimo delle perdite finora subite dal Covid in misure di conservazione progettate per aiutare a fermare prima di tutto la diffusione di questi virus dalla fauna selvatica all’uomo”,
Secondo lo Studio, un punto di partenza intelligente sarebbe investire in programmi per porre fine alla deforestazione tropicale e al traffico internazionale di fauna selvatica, fermare il commercio di carne selvatica in Cina e migliorare la sorveglianza e il controllo delle malattie negli animali selvatici e domestici in tutto il mondo.
COVID, SARS, AIDS, Ebola e molti altri virus emersi nel secolo scorso hanno avuto origine in luoghi selvaggi e in animali selvatici prima di diffondersi all’uomo, osservano gli autori dello studio. I margini della foresta tropicale in cui gli esseri umani hanno disboscato oltre il 25% degli alberi per l’agricoltura o altri scopi sono focolai per queste trasmissioni di virus da animale a uomo, così come i mercati in cui vengono venduti animali selvatici, vivi o morti (wet market).
“La linea di fondo è che se non smettiamo di distruggere l’ambiente e vendere specie selvatiche come animali domestici, carne o medicinali, queste malattie continueranno ad arrivare – ha proseguito Primm – E come mostra questa attuale pandemia, controllarle è eccessivamente costoso e difficile. Sono passati due anni da quando è emerso il COVID e la cura non funziona ancora. Negli Stati Uniti non vengono vaccinate abbastanza persone, nonostante i vaccini siano disponibili e possiamo permetterceli, mentre non abbastanza vaccini andranno in altri paesi che non possono permetterselo“.
Lo studio, condotto da epidemiologi, economisti, ecologisti e biologi della conservazione, calcola che investendo un importo pari a solo il 5% delle perdite economiche annuali stimate associate alle morti umane dovute al COVID nella protezione dell’ambiente e nella sorveglianza delle malattie in fase iniziale, i rischi di future pandemie zoonotiche potrebbero essere ridotti della metà. Ciò potrebbe aiutare a salvare circa 1,6 milioni di vite all’anno e ridurre i costi di mortalità di circa 10 trilioni di dollari all’anno.
Una raccomandazione chiave del nuovo studio è di utilizzare parte di questo denaro per formare più veterinari e biologi delle malattie della fauna selvatica. Un’altra è quella di creare un database globale di genomica dei virus che potrebbe essere utilizzato per individuare la fonte dei nuovi agenti patogeni abbastanza presto da rallentarne o arrestarne la diffusione e, in definitiva, accelerare lo sviluppo di vaccini e test diagnostici.
“Le epidemie si stanno verificando con sempre maggiore frequenza – ha osservato Andrew Dobson della Princeton University e co-atore principale dello studio – Stanno diventando più gravi e si stanno diffondendo in più continenti“.
Ricordiamo che in occasione della Giornata Mondiale delle Zoonosi 2020, che viene celebrata il 6 luglio di ogni anno, giorno in cui nel 1885 il biologo francese Louis Pasteur somministrò con successo il primo vaccino contro la rabbia (malattia zoonotica), l’UNEP (Programma Ambiente delle Nazioni Unite) ha diffuso il Rapporto “Prevenire la prossima pandemia: malattie zoonotiche e come spezzare la catena della trasmissione” con 10 raccomandazioni per le imprese, la società civile e i responsabili politici per prevenire futuri focolai di malattie zoonotiche. per prevenire la prossima pandemia, tra cui incentivare le pratiche di gestione sostenibile del territorio e di sviluppo di alternative per la sicurezza alimentare e i mezzi di sussistenza che non si basino sulla distruzione degli habitat e della biodiversità.
Altrettante 10 Raccomandazioni ha stilato il panel di 26 scienziati indipendenti istituito dalla Presidente della Commissione UE Ursula Von der Leyen e dalla Presidenza italiana di turno del G20, che in occasione del Global Health Summit (Roma, 21 maggio 2021) ha presentato un Rapporto dove vengono illustrate non solo le azioni necessarie a mettere fine alla pandemia, ma anche quelle per assicurare una migliore preparazione in vista delle future minacce pandemiche, dal momento che il mondo si avvia ad entrare in quella che hanno denominato “age of pandemics. Tra le raccomandazioni, la necessità di “investire in sistemi permanenti e forza lavoro per la preparazione e la risposta” e “affrontare il problema alla radice, riducendo i rischi attraverso modi di vita più sostenibili”.
La prevenzione è molto più economica delle cure – ha concluso Aaron Bernstein del Boston Children’s Hospital e del Center for Climate, Health and the Global Environment presso la Harvard TH Chan School of Public Health, anche lui co-autore principale dello Studio – Rispetto ai costi e alle distruzioni sociali ed economiche associate al tentativo di controllare i patogeni dopo che si sono già diffusi agli esseri umani, prevenire le epidemie prima che scoppino alla fine è un affare economico”.
In copertina: Villaggi e agricoltori locali hanno spesso bisogno di integrare le loro fonti di cibo e di reddito con la caccia illegale di carne di animali selvatici (Fonte: PASA – The Pan-African Sanctuary Alliamce)