Uno Studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatori dimostra che è possibile conseguire al 2030 l’obiettivo di sviluppo sostenibile di sconfiggere la fame, senza fare ulteriori pressioni sull’ambiente.
L’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile (OSS).2 dell’Agenda ONU al 2030prevede di sconfiggere la fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere l’agricoltura sostenibile.
Ad oggi una persona su nove è denutrita, oltre 30 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni sono sottopeso e un’inappropriata alimentazione è responsabile ogni anno della morte di quasi 3,1 milioni di bambini al di sotto dei cinque. In tutto il mondo, si stima che siano oltre 800 milioni le persone denutrite e che entro il 2050 il mondo avrà probabilmente due miliardi di bocche in più da sfamare.
L’ultimo annuale Rapporto dell’ONU sullo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione, ha evidenziato che per il terzo anno consecutivo il numero degli individui che hanno sofferto la fame è aumentato, mettendo fuori portata, se si continua con lo stesso andamento, l’obiettivo di sviluppo sostenibile di Fame Zero al 2030.
Un approccio per soddisfare le esigenze di cibo di una popolazione mondiale in rapida crescita è quello di aumentare la produzione alimentare attraverso l’intensificazione e l’espansione dell’agricoltura. Ciò avrà inevitabilmente effetti negativi sull’ambiente come l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, la perdita di biodiversità e l’aumento delle emissioni di gas a effetto serra. Allo stesso tempo, è noto che la fame è soprattutto il risultato di un accesso non equo al cibo tra le popolazioni, anche all’interno di singoli Paesi in cui la denutrizione spesso coesiste con l’obesità, piuttosto che di una insufficiente produzione agricola complessiva. Questo fenomeno, tuttavia, viene troppo spesso dimenticato quando vengono prese in considerazione le strategie di eradicazione della fame.
Nello Studio “Tackling food consumption inequality to fight hunger without pressuring the environment”, pubblicato l’11 settembre 2019 sulla rivista Nature Sustainability, ricercatori dell’Università di Ritsumeikan e del National Institute for Environmental Studies (NIES) del Giappone, e quelli dell’ International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA) di Schloss Laxenburg (Austria) hanno esplorato le modalità alternative di porre fine alla fame riducendo le disparità nell’accesso al cibo piuttosto che aumentare la produzione agricola, evitando i rischi di un maggiore impatto sull’ambiente.
La prima strategia alternativa di eradicazione della fame esplorata nello studio, si concentra esclusivamente su come colmare il divario alimentare della popolazione denutrita, che può essere realizzato attraverso un sostegno pubblico mirato a breve termine. Tale strategia includerebbe programmi alimentari e nutrizionali di trasferimenti in natura di alimenti, programmi di alimentazione scolastica, buoni per alimenti, programmi di sostegno al reddito e reti di sicurezza, senza la necessità di attendere la crescita economica. Questa strategia più immediata è definita sicurezza di sostegno guidato. In questo scenario, sradicare la fame entro il 2030, significa fornire cibo sufficiente a ulteriori 410 milioni di persone che altrimenti rimarrebbero denutrite in una situazione di business-as-usual. Concentrandosi solo sulla denutrizione, la produzione agricola globale aggiuntiva necessaria sarebbe solo del 3%, con corrispondenti limitati effetti negativi sull’ambiente.
Questi effetti trascurabili sono in forte contrasto con uno scenario alternativo, in cui l’eradicazione della fame si otterrebbe attraverso un aumento generale del consumo di cibo tipicamente associato a una crescita economica sostenuta che porta non solo ad una riduzione della percentuale di popolazione denutrita, ma anche a un aumento di consumo eccessivo. Peraltro, secondo i ricercatori, questa strategia non consentirebbe il raggiungimento dell’OSS.2 al 2030, poiché sarebbero necessari molti decenni di crescita economica e presupporrebbe una crescita sette volte superiore (+ 20%) nella produzione alimentare. Ciò richiederebbe a sua volta 48 Milioni di ettari di terreno agricolo aggiuntivo e aumenterebbe anche le emissioni di gas serra di 550 Mt CO2eq/anno nel 2030.
Impatti globali dell’agricoltura sull’ambiente nel quadro delle diverse politiche di eradicazione della fame al 2030.
“Questo studio dimostra che fornire cibo sufficiente per la popolazione denutrita richiede solo un aumento marginale della produzione agricola complessiva, con conseguenze molto limitate sull’ambiente – ha affermato Petr Havlik, Vicedirettore del programma Servizi e gestione degli ecosistemi presso lo IIASA e co-autore dello Studio – La denutrizione non è in effetti un problema di capacità di produzione agricola, ma dell’attuale sistema economico e politico. Questo vuol dire che non ci sono scuse per non affrontarlo”.
Ulteriori analisi hanno dimostrato che se l’equità nella distribuzione alimentare fosse accompagnata da una riduzione del consumo eccessivo e degli sprechi alimentari, nonché da una migliore produttività agricola, la denutrizione potrebbe essere eliminata, riducendo al contempo la produzione agricola, con conseguenti molteplici benefici per la sostenibilità ambientale.
“La quantità necessaria di cibo per l’eradicazione della fame e gli impatti negativi sull’ambiente sono molto ridotti combinando una maggiore equità nella distribuzione alimentare, la riduzione degli sprechi alimentari e del consumo eccessivo, con la ricerca e lo sviluppo agricoli per aumentare le rese delle colture nelle regioni in via di sviluppo – ha dichiarato a sua volta Tomoko Hasegawa, riicercatore presso lo IIASA, l’Università di Ritsumeikan e il NIES, nonché principale autore dello Studio – La nostra ricerca dimostra che per raggiungere obiettivi multipli, una sola politica non è sufficiente. Dobbiamo combinare diverse politiche per evitare gli impatti negativi non intenzionali su altri settori. Ciò implica che per porre fine alla fame senza fare pressione sull’ambiente, abbiamo bisogno non solo di politiche che affrontino la fame, ma anche di politiche relative allo spreco alimentare e al consumo eccessivo”.