Nel momento in cui la Legge sul consumo di suolo si è arenata al Senato e difficilmente sarà approvata in questa legislatura, nonostante la proposta iniziale sia di quasi 5 anni fa, il Rapporto dell’Istat sull’urbanizzazione nel nostro Paese offre ulteriori elementi per affermare che è necessario uscir fuori da una logica di edilizia residenziale “aggressiva” poco rispettosa di suolo e ambiente.
Dall’ultimo Rapporto dell’Istat “Forme, livelli e dinamiche dell’urbanizzazione in Italia” emerge che in Italia urbanizzazione e sprawl (“una modalità insediativa poco governata è concentrata che deborda in forma dispersa all’esterno dei centri abitati“) hanno continuato a crescere a ritmi elevati e che la cementificazione del territorio ha ormai raggiunto il 7% contro una media dell’UE del 4,1%.
In un momento in cui la Legge “Contenimento del consumo di suolo e riuso del suolo edificato“, dopo essere stata approvata l’anno scorso dalla Camera dei Deputati (la proposta originaria risale a 5 anni fa), si è arenata al Senato della Repubblica, dalle cui secche difficilmente uscirà, visto la forte opposizione delle Regioni che non vogliono cedere quelle prerogative previste dal Titolo V della Costituzione, introdotte inopinatamente 14 anni fa, e i grossi interessi che tale provvedimento rischia di compromettere, rimettendo in discussione progetti urbanistici ed edilizi che si davano per scontati, l’e.book dell’Istituto nazionale di statistica fornisce un quadro impressionante del fenomeno che merita analisi e approfondimenti.
“Il volume offre una lettura integrata dei fenomeni ambientali, sociali ed economici che caratterizzano le realtà territoriali del nostro Paese – recita il comunicato dell’Istat – Attraverso un’analisi qualitativa e quantitativa dell’urbanizzazione, affronta temi connessi e conseguenti alla rilevanza delle realtà urbane, con l’obiettivo di fornire il necessario contributo informativo alle policy. Inoltre cerca di rispondere alla necessità di un approfondimento dei dettagli territoriali (le periferie urbane, ad esempio) per misurare e interpretare i fenomeni socio-economici e di disporre di strumenti che integrino le dimensioni sociali, economiche e ambientali per la lettura del benessere degli ecosistemi urbani. È pertanto un testo che pone elementi di riflessione su temi importanti, che spesso si rintracciano nel dibattito pubblico, come la mancanza di uno schema concettuale e definitorio di area urbana e di città“.
Il libro è idealmente sviluppato in due parti. La prima, che affronta le problematiche connesse alla definizione concettuale di area urbana e di città, si concentra maggiormente sugli aspetti teorico-metodologici connessi. La seconda parte approfondisce le principali caratteristiche che qualificano le aree urbane, offrendo contributi originali su temi di rilievo come il consumo di suolo, il rapporto dinamico tra urbano e rurale, lo studio della concentrazione spaziale della popolazione, i flussi di mobilità all’interno delle città, le pressioni ambientali, il confronto con altre realtà europee.
È la crescita delle aree urbane nel periodo 2001-2011 che si evidenzia in maniera decisiva: +8,7%, pari, in valori assoluti, a 1.600 Km2, con l’aumento maggiore nelle aree non urbane (9,5%), piuttosto che nelle città medie (8,2%) e in quelle grandi (7,1%).
L’Istat sottolinea che l’incremento delle aree edificate risulta “divergente rispetto all’andamento democratico in molte aree del paese, soprattutto nel Mezzogiorno“.
Il fenomeno dell’urbanizzazione è particolarmente evidente:
– lungo le coste, dove l’incidenza delle superfici edificate raggiunge l’11,5% (contro i 5,9% dei comuni non litoranei);
– nelle aree di pianura (13,1 contro il 6,4% delle aree collinari 3 il 2,8% delle aree montane)
– nei comuni di maggiore ampiezza demografica (10,7%in quelli da 10 a 50mila abitanti, 14,1% nella fascia successiva fino a 100mila abitanti e 27,4% oltre i 100mila abitanti).
Per confrontare la situazione dell’Italia con quella degli altri Paesi europei, l’Istat ha elaborato i rilevamenti del database Urban Atlas, classificando 5 macro aree (aree artificiali, agricole, boschive, umide e acque).
Tenuto conto del parametro aree artificiali che rileva il livello di urbanizzazione, l’Italia nel 2012 aveva un’incidenza del 7% contro una media europea del 4,1%. I Paesi europei che presentano i valori più alti sono Malta (32,6%), Paesi Bassi (12,3%), Belgio (12,1%) e Lussemburgo (10,1%), mentre Finlandia, Svezia e Lettonia hanno una copertura artificiale dell’1,6%.
Tra le principali realtà urbane italiane, crescono di più: Bologna (+17,1%), Taranto (+13,3%), Torino (+11,6%) e Bari (+10,7%). Complessivamente 22 milioni di persone, un terzo della popolazione nazionale, vivono nelle 21 realtà urbane maggiori. Da sole, le quattro metropoli con oltre un milione di abitanti (Torino, Milano, Roma e Napoli) ospitano quasi il 20% dei residenti in Italia.
In termini di stock, nell’arco temporale di quasi un secolo l’edilizia residenziale italiana ha vissuto, al netto delle demolizioni avvenute nel corso degli anni, una crescita consistente e continua nel tempo: dai quasi due milioni di edifici presenti già prima del 1919 si è passati ai dodici milioni e più censiti nel 2011 (un numero 6,6 volte superiore).
Secondo l’Istat, in Italia si è affermata un’edilizia residenziale “aggressiva” e poco rispettosa di suolo e ambiente, in linea con “con le altre dinamiche dei consumi che hanno caratterizzato lo sviluppo economico del nostro Paese dal dopoguerra in poi“.