Un nuovo processo realizzato nei Laboratori chimici della Rice University (Texas) è riuscito a produrre fiocchi di prezioso grafene da materiali di scarto contenenti carbonio, a costi decisamente inferiori alle attuali produzioni. Il processo promette vantaggi ambientali per la gestione dei rifiuti, il rafforzamento del calcestruzzo e di altri materiali compositi, nonché ulteriore slancio al Progetto europeo nell’ambito di Graphene Flagship per lo sviluppo di catalizzatori in grado di rimuovere gli inquinanti atmosferici.
“Quella buccia di banana, trasformata in grafene, può aiutare a facilitare una massiccia riduzione dell’impatto ambientale del calcestruzzo e di altri materiali da costruzione. Dal momento che ci sei, lancia pure quei vuoti di plastica”.
Così hanno sintetizzato i risultati del loro studio “Gram-scale bottom-up flash graphene synthesis”, pubblicato su Nature il 27 gennaio 2020, i ricercatori della Rice University di Houston, una delle principali Università degli Stati Uniti per lo studio delle nanotecnologie e la scienza dei materiali, e della C-Crete Technologies, Società specializzata nella produzione e commercializzazione di materiali e compositi avanzati scalabili per un mondo a bassi consumi energetici e ridotte emissioni di carbonio.
Il nuovo processo, realizzato nei laboratori della Rice University dal chimico James Tour e denominato “flash graphene”, che riesce a trasformare grandi quantità di rifiuti e qualsivoglia quantitativo di carbonio in preziosi fiocchi di grafene, potrebbe costituire un punto di svolta sia nella gestione dei rifiuti, che nella produzione di calcestruzzo ovvero nella riduzione dell’inquinamento atmosferico da NOx.
“Il mondo getta dal 30% al 40% di tutto il cibo, perché va a male e i rifiuti di plastica sono un problema mondiale – ha affermato Tour, Professore di Scienza dei materiali e Nanoingegneria – È già stato dimostrato che qualsiasi materia solida a base di carbonio, inclusi i rifiuti di plastica misti e gli pneumatici di gomma fuori uso, può essere trasformata in grafene“.
Come riportato in Nature, il processo flash graphene avviene in un reattore progettato appositamente che riscalda rapidamente a 3.000 °K (oltre 2.700 °C), il materiale contenente carbonio ed espelle tutti gli elementi che ne sono privi, come i gas. Le simulazioni a livello di atomo effettuate dalla ricercatrice nonché co-autrice dello studio, Ksenia Bets hanno confermato che è la temperatura la chiave per la rapida formazione del materiale.
“Sostanzialmente acceleriamo il lento processo geologico attraverso il quale il carbonio si evolve nel suo stato fondamentale, la grafite – ha affermato – Viene accelerato molto da un picco di calore, ma deve essere anche arrestato al momento giusto, nella fase del grafene. È sorprendente come simulazioni al computer d’avanguardia, notoriamente lente per l’osservazione di tali cinetiche, rivelino i dettagli di movimenti e trasformazioni atomiche modulate ad alta temperatura”.
“I rifiuti alimentari e quelli plastici, il coke del petrolio, il carbone, gli scarti di legno e il biochar sono i candidati principali del processo che, quando sarà industrializzato, elementi come ossigeno e azoto che escono dal reattore flash potranno essere intrappolati come piccole molecole perché hanno un valore – ha sottolineato Tour – Con l’attuale prezzo commerciale del grafene compreso tra i 67.000 e i 200.000 dollari per tonnellata le prospettive per questo processo sembrano essere straordinarie. Il costo del grafene finora ha impedito la sua applicazione – ha aggiunto Tour – Flash graphene ridurrà notevolmente il prezzo e ci aiuterà a gestire meglio gli sprechi“.
Secondo Tour, una concentrazione di appena lo 0,1% di flash graphene nel cemento utilizzato per legare il calcestruzzo potrebbe ridurre di un terzo il suo massiccio impatto ambientale, tale da emettere fino all’8% di CO2 di origine antropica all’anno. Inoltre, il calcestruzzo per l’edilizia costerebbe di meno sia per produrlo che per trasportarlo. Al contempo, gas serra come l’anidride carbonica e il metano, che gli scarti alimentari avrebbero emesso dalle discariche, verrebbero intrappolati.
Questi risultati che dimostrano la possibilità di produrre grafene con metodi economici darebbero ulteriore slancio al Progetto europeo Graphene Fagship che vede la collaborazione di: Università di Bologna, Politecnico di Milano, CNR, NEST, Italcementi HeidelbergCement Group, Istituto israeliano di tecnologia, Università tecnologica di Eindhoven e Università di Cambridge.
Il Gruppo che lavora sui rivestimenti fotocatalitici, coordinato da Italcementi, ha sviluppato un nuovo composito costituito da grafene accoppiato al biossido di titanio (TiO2) con proprietà di fotodegradazione degli ossidi di azoto (NOx) significativamente più potenti (fino al 70%) del solo biossido di titanio.
L’inquinamento atmosferico è un problema crescente, in particolare nelle aree urbane. Secondo l’OMS un decesso prematuro su nove può essere attribuito all’inquinamento atmosferico. In particolare, l’ultimo Rapporto dell’AEA sulla Qualità dell’aria in Europa indica che sono sempre gli stessi inquinanti atmosferici a causare i danni maggiori alla salute degli europei che vivono nelle aree urbane: particolato (PM); biossido di azoto (NO2); ozono a livello del suolo (O3), con l’Italia che svetta per le morti premature causate da esposizione a NO2 (14.600 all’anno) e a O3 (3.000).
Per
affrontare il problema, i ricercatori sono continuamente alla ricerca di nuovi
modi per rimuovere più inquinanti dall’atmosfera e i fotocatalizzatori come il
biossido di titanio (TiO2) sono un ottimo modo per farlo.
“La fotocatalisi è uno dei modi più
potenti per disinquinare l’ambiente, poiché il processo non consuma i
fotocatalizzatori – ha osservato Marco
Goisis, coordinatore della ricerca di Italcementi – È una reazione attivata dalla luce solare”.
Il nuovo materiale è stato realizzato tramite l’esfoliazione da fase liquida della grafite – un processo che crea grafene – in presenza di nanoparticelle di biossido di titanio, usando solo acqua e pressione atmosferica. Il nanocomposito di grafene e titanio ottenuto può essere usato sulla superficie dei materiali per rimuovere passivamente gli inquinanti dall’aria. Se il rivestimento viene applicato al calcestruzzo delle strade o sulle pareti degli edifici, le particelle inquinanti possono essere lavate via dalla pioggia o dal vento o pulite manualmente, il cosiddetto “smog eating”.
I risultati dei test eseguiti sono stati pubblicati il 7 novembre 2019 su Nanoscale.