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“Global Catastrophic Risks 2017”: inadeguata per le sfide incombenti

Global Catastrophic Risks 2017

Global Challenges Foundation, Fondazione svedese il cui obiettivo è di far aumentare nell’opinione pubblica la consapevolezza delle più grandi minacce per l’umanità e della necessità di una Governance globale abbastanza forte per gestirli, pubblica ogni due anni un Rapporto dove vengono elencati i “rischi catastrofici globali“, che potrebbero verificarsi con maggior probabilità in un prossimo futuro, individuati da esperti accademici di alto livello. Tra i più noti, Johan Rockström, Direttore del Stockholm Resilience Centre presso l’Università di Stoccolma, riconosciuto a livello internazionale come uno dei massimi esperti sulle questioni legate alla sostenibilità globale per la teoria dei “Planetary boundaries” ovvero dei confini planetari, oltrepassati i quali, gli effetti a cascata che ne derivano possono essere assolutamente fuori delle nostre capacità di controllo e devastanti per l’umanità (3 di questi parametri biologici, secondo lo scienziato, sarebbero già stati superati: cambiamenti climaticiperdita di biodiversità e ciclo dell’azoto).

Nel “Global Catastrophic Risks 2017“, pubblicato il 24 maggio 2017, sono acclusi i risultati di un Sondaggio sulla percezione dei rischi globali da parte della società civile che la Fondazione ha commissionato alla ComRes, società britannica di consulenza specializzata in ricerche di mercato e sondaggi di opinioni, in vista del G7 di Taormina.

Il survey è stato realizzato attraverso interviste fatte tra il 27 aprile e il 10 maggio 2017, a 8.100 persone, equamente distribuite, di 8 Paesi (AustraliaBrasileCinaGermaniaIndiaSudafricaRegno Unito e Stati Uniti), che rappresentano la metà della popolazione mondiale.
Per la prima volta nella storia umana abbiamo raggiunto un livello di conoscenza scientifica che ci permette di sviluppare un rapporto illuminato sui rischi di grandezza catastrofica – si legge nel comunicato della Fondazione – Non solo possiamo prevedere molte delle sfide che ci attendono, ma siamo anche in grado di identificare cosa occorre fare per ridurre o eliminare alcuni di questi rischi“.

Il Rapporto avverte che se le più stupefacenti stime scientifiche sugli effetti del riscaldamento globale fossero corrette, ci sarebbe “un’alta probabilità che in futuro la civiltà umana possa scomparire“.
C’è soddisfazione, quindi, che l’indagine condotta segnali come sia significativo il sostegno da parte dell’opinione pubblica sulle azioni da intraprendere sui cambiamenti climatici, con circa l’88% degli intervistati che dichiara di essere disposto ad apportare modifiche al proprio standard di vita se questo può prevenire in futuro le conseguenze del riscaldamento globale.
L’86% teme “altri danni ambientali su larga scala“, come l’inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo e per quasi l’84% i cambiamenti climatici in grado di causare altri rischi ambientali, come l’aumento del livello dei mari e la riduzione della banchisa e dei ghiacciai.
L’uso di armi di distruzione di massa, comprese le armi nucleari, chimiche e biologiche, ha una risposta inferiore (83%) quale rischio catastrofico globale.

Minore (80%), è la preoccupazione per la crescita della popolazione e per i rischi connessi alle epidemie naturali e alle pandemie (77%).

Un numero ancora più basso di persone (53%) crede che possano derivare gravi minacce dalla diffusione dell’intelligenza artificiale.

Il 61% degli intervistati ritiene che il mondo oggi sia più insicuro rispetto ai rischi catastrofici, con un aumento del 27% rispetto al precedente rapporto stilato due anni fa. I cittadini più preoccupati risultano quelli del Brasile (80%), della Germania (71%) e del Sudafrica (70%), di contro quelli meno preoccupati degli 8 Paesi coinvolti nel sondaggio sono i cinesi (41%) e gli indiani (47%).
La maggioranza (70%) degli intervistati dichiara che è tempo di creare un nuovo organismo globale appositamente progettato per affrontare i rischi globali.
Quasi il 60% è disposto a che il proprio Paese rinunci ad un certo livello di sovranità. Il supporto per un’organizzazione sovranazionale è più elevato in India(84%), Cina (78%) e Sudafrica (76%), ma questa idea è risultata popolare nell’intero panel di intervistati, con i cittadini degli Stati Uniti al 67% e quelli della Germania (i meno disponibili) al 62%.

Secondo la Fondazione, gli “attuali canali non sono sufficienti per combattere le minacce che devono essere affrontare e le istituzioni che dovrebbero garantire la pace, la sicurezza, lo sviluppo e la salvaguardia dell’ambiente sono assolutamente inadeguate per le dimensioni delle sfide che incombono”, rilevando che c’è la necessità di una stretta collaborazione della comunità internazionale per la gestione delle minacce.
Mentre i leader mondiali si riuniscono per il vertice del G7 – ha osservato Mats Andersson, Vicepresidente della Fondazione – essi dovrebbero essere consapevoli che i cittadini di tutto il Pianeta si aspettano che collaborino e lavorino più duramente per trovare le soluzioni adeguate per queste gravi minacce per l’intera umanità

Purtroppo, ben sappiamo come si è concluso il G7 di Taormina sui cambiamenti climatici, nonostante siano percepiti dai cittadini di tutto il mondo come minaccia catastrofica quanto una guerra!

Proprio questa sera (31 maggio 2017), a Torino il 20° Festival CinemAmbiente si aprirà con la proiezione del film “The Age of Consequences”, il lungometraggio dell’australiano Jared P. Scott che risale direttamente alle origini dell’attuale crisi globale, mettendo in relazione i cambiamenti climatici con la crescente scarsità di risorse e quindi con l’aumento delle ondate migratorie e il propagarsi dei conflitti nazionali e internazionali.

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