Biodiversità e conservazione Fauna Flora

La foresta amazzonica potrebbe collassare in soli 49 anni

Nella Giornata Internazionale delle Foreste, i risultati dello Studio di ricercatori britannici che con l’attuale ritmo di deforestazione e incendi la foresta amazzonica potrebbe collassare più rapidamente di quanto supposto, dovrebbero indurre ad una riflessione, in un momento in cui la pandemia da Covid-19 sconvolge le nostre vite, sulla necessità di preservare e, possibilmente ripristinare, gli ecosistemi naturali.

Secondo ricercatori britannici che hanno pubblicato lo Studio Regime shifts occur disproportionately faster in larger ecosystems”su Nature Communications,i grandi ecosistemi mondiali, come la foresta amazzonica e le barriere coralline dei Caraibi, potrebbero collassare più rapidamente di quanto si pensasse in precedenza.

Una volta superato il punto di non ritorno, secondo i risultati dello studio, la foresta amazzonica potrebbe morire in 49 anni, mentre le barriere coralline dei Caraibi impiegherebbero meno di 15 anni per crollare completamente. Nel primo caso, la rapida deforestazione viene indicata come il principale driver, mentre l’inquinamento e l’acidificazione delle acque dell’oceano sono il principale fattore che influenza la salute dei coralli.

Il nostro studio rivela che l’umanità deve prepararsi a cambiamenti molto prima del previsto – ha dichiarato Simon Willcock della School of Natural Sciences della Bangor UniversityQuesti rapidi cambiamenti negli ecosistemi più grandi e iconici del mondo avrebbero un impatto sui benefici che ci offrono, che includono di tutto: dal cibo ai materiali, all’ossigeno e all’acqua di cui abbiamo bisogno per vivere“.

I ricercatori hanno preso in esame 42 diversi ecosistemi (4 terrestri; 25 marini; 13  acqua dolce) che variano notevolmente per dimensione, ed hanno utilizzato 5 modelli computazionali per stimare l’importanza della struttura dell’ecosistema nel determinare il tempo disponibile per la trasformazione del sistema, scoprendo che gli ecosistemi più grandi possono collassare ad un ritmo più rapido di quelli più piccoli.

Pensavamo intuitivamente che i grandi sistemi sarebbero crollati più lentamente di quelli piccoli, a causa del tempo necessario affinché gli impatti si diffondessero su grandi distanze – ha sottolineato John Dearing del Department of geography and environmental science dell’Università di Southampton – Ma abbiamo inaspettatamente scoperto che i sistemi di grandi dimensioni collassano molto più velocemente di quanto ci si possa aspettare, anche il più grande sulla Terra richiederebbe forse alcuni decenni”.

Gli ecosistemi composti da un certo numero di specie che interagiscono, piuttosto che da quelle dominate da una singola specie, possono essere più stabili e richiedere più tempo per passare allo stato di ecosistema alternativo, offrendo opportunità per mitigare o gestire gli effetti peggiori, affermano gli autori. Ad esempio, gli elefanti sono definiti una specie “pietra angolare” in quanto hanno un impatto sproporzionatamente grande sul territorio: fanno pressione sugli alberi, ma disperdono anche i semi su grandi distanze. Gli autori affermano che la perdita di importanti specie, come questa, porterebbe a un rapido e drammatico cambiamento sul territorio durante la nostra vita.

Questo è un altro argomento forte per evitare di degradare gli ecosistemi del nostro Pianeta – ha aggiunto Gregory Cooper, della School of Oriental & African Studies dell’Università di Londra – dobbiamo fare di più per preservare la biodiversità“.

Il rischio che potremmo essere sull’orlo della perdita della foresta pluviale più grande e più ricca di biodiversità del mondo, che si è evoluta per almeno 58 milioni di anni e che sostiene la vita di decine di milioni di persone, dovrebbe indurre una riflessione, in occasione Giornata Internazionale delle Foreste (21 marzo 2020), il cui tema quest’anno è “Foreste e Biodiversità”.

Nonostante il rinvio delle iniziative, l’ONU sottolinea la necessità di aumentare la consapevolezza dell’importanza di tutti i tipi di foreste e di intraprendere tutti gli sforzi a livello locale, nazionale e internazionale per organizzare campagne per piantare alberi, perché “Le foreste, la loro gestione e l’uso sostenibile delle loro risorse, anche negli ecosistemi fragili, sono fondamentali per combattere i cambiamenti climatici e contribuire alla prosperità e al benessere delle generazioni attuali e future. Le foreste svolgono anche un ruolo cruciale nella riduzione della povertà e nel raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile”.

Nei giorni scorsi il report pubblicato da WWF Italia, ha messo in evidenza l’effetto boomerang della distruzione dei ecosistemi sulla salute umana, sottolineando il legame strettissimo tra pandemie come il Coronavirus che sta sconvolgendo le vite di milioni di individui e perdita di biodiversità.

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