Nel corso dell’evento internazionale promosso dal MATTM sarà presentata l’Alleanza delle imprese italiane per l’acqua e il clima e verrà firmata la Dichiarazione di Roma per chiedere che anche l’acqua entri nei negoziati sul clima della COP23 di Bonn, in programma dal 6 al 17 novembre 2017. Ma l’Italia non è un Paese da prendere ad esempio per l’uso e la gestione delle risorse idriche.
Si apre oggi (23 ottobre 2017) a Roma il summit internazionale “Acqua e clima. I grandi fiumi del mondo a confronto” che riunisce sotto l’egida delle Nazioni Unite e del Governo italiano 47 delegazioni di corsi d’acqua e grandi laghi rappresentativi di tutti i continenti per dare vita ad un dialogo costruttivo volto ad affrontare il futuro dell’acqua, minacciato dai mutamenti climatici sempre più frequenti e violenti, con ripercussioni spesso drammatiche in termini di inondazioni, siccità e distruzione di ecosistemi.
Durante l’evento, promosso dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) e dall’UNECE (Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite), dal RIOB (Rete Internazionale degli Organismi di Bacino) e dalla GAWaC (Alleanza Mondiale per l’Acqua e il Clima), che riunisce l’Alleanza delle Imprese e l’Alleanza delle Grandi città (16 mega città con oltre 300 milioni di abitanti) promossa dall’UNESCO, da AquaMadre (il vettore di riferimento individuato dal MATTM per tutte le iniziative culturali e di sensibilizzazione legate alla cultura dell’acqua, con particolare attenzione ai fiumi), sarà presentata l’Alleanza delle imprese italiane per l’acqua e il clima, promossa dal MATTM, alla quale hanno aderito tutte le più importanti aziende del Paese. Nella Giornata conclusiva (25 ottobre 2017) sarà firmata una “Dichiarazione di Roma“, per chiedere che anche l’acqua entri nei negoziati sul clima della COP23 di Bonn, in programma dal 6 al 17 novembre 2017.
Le sessioni di lavoro, che si articoleranno durante i 3 giorni, verteranno sui seguenti argomenti:
– Miglioramento delle conoscenze per l’adattamento al cambiamento climatico; la creazione e il rafforzamento delle reti di monitoraggio e dei sistemi di informazione sulle risorse idriche;
– Gestione delle risorse idriche e degli ecosistemi acquatici nel contesto del cambiamento climatico;
– Partecipazione del pubblico e coinvolgimento del settore privato per l’adattamento ai cambiamenti climatici a livello di bacino;
– Meccanismi finanziari per l’adattamento ai cambiamenti climatici nell’ambito dei bacini.
Il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) nel suo ultimo Rapporto di Valutazione (AR5) afferma che i cambiamenti climatici stanno avendo un forte impatto sulla disponibilità di acqua dolce. Si stima che per ogni incremento di 1 °C della temperatura terrestre, un ulteriore 7% della popolazione mondiale vedrebbe ridursi del 20% la propria disponibilità di risorse idriche.
I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) confermano che il 90% dei disastri naturali è legato all’acqua e che entro il 2030 le persone colpite dal fenomeno delle inondazioni sarà tre volte superiore all’attuale. Senza interventi adeguati sulla gestione e l’uso delle risorse idriche è prevedibile che entro il 2030 la risorsa oggi disponibile subisca una drastica riduzione del 40%. Inoltre, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) stima che entro il 2050 ci saranno oltre 250 milioni di persone che migreranno a causa di eventi meteorologici estremi, di riduzione della disponibilità d’acqua e degrado dei suoli agricoli.
Il nostro Paese non è di certo un esempio virtuoso di oculata gestione della risorsa idrica, visto che il suo indicatore di sfruttamento idrico (WEI) è stato stimato dall‘Agenzia Europa dell ‘Ambiente (AEA) pari a 24%, uno dei più elevati a livello europeo, ed è al primo posto in Europa per consumo medio pro capite con 241 litri giornalieri, e la dispersione del 38,2% dell’immesso nella rete di distribuzione, come abbiamo segnalato in un precedente articolo dedicato al Rapporto “Le risorse idriche nell’ambito della circular economy“, presentato al Festival dell’Acqua di Bari (8-11 ottobre 2017).
Anche il “Rapporto Manutenzione Italia“, presentato il 17 ottobre 2017 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dall’Associazione Nazionale Bacini Idrici (ANBI) che raggruppa 151 Consorzi di bonifica e irrigazione, ha testimoniato che sono tuttora 31 le grandi opere idriche incompiute nel nostro Paese, costate finora 650 milioni di euro e bisognose di altri 776 milioni di euro di investimenti per essere ultimate.
“L’acqua – si legge nella nota diffusa dall’Anbi – è una risorsa essenziale, da proteggere e da cui proteggersi, senz’altro da rendere accessibile a tutti, risparmiandola e tutelandola nei vari usi, riutilizzandola dopo l’affinamento laddove la si consuma“. Inoltre, per risolvere o quanto meno alleviare la situazione di rischio idrogeologico l’ANBI “ritiene non più rinviabile provvedere da un lato a realizzare serbatoi e vasche di espansione e laminazione delle piene al fine di regolare la cospicua quantità di acqua della stagione piovosa e conservare tale risorsa per la stagione irrigua. Dall’altro lato, ammodernare e razionalizzare le reti consortili per lo scolo delle acque, realizzate per un territorio rurale ormai scomparso, nonché completare, ammodernare e rendere più efficienti gli esistenti impianti di irrigazione collettiva“.