Un Rapporto dell’OCSE cerca di mettere in risalto le criticità e i possibili interventi di governance per affrontare le sfide relative all’approvvigionamento idrico urbano.
Tra le buone pratiche individuate nel Rapporto, è stato inserito BLUEAP, il Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici di Bologna, finanziato dal Programma LIFE+ e coordinato dal Comune (partner ARPA-ER, Ambiente Italia e Kyoto Club), che affronta, tra l’altro, il problema dell’eventuale penuria della risorsa idrica.
Le tendenze demografiche e climatiche stanno esponendo sempre più le città a rischio di avere meno risorse e sempre più inquinate, in particolare quella idrica. Di fronte a queste sfide si richiedono solide politiche pubbliche e strutture di governance in grado di coordinare su più scale le authority e i settori politici.
In occasione di “Mayors and Water“, evento complementare e collaterale alla 3a Conferenza “European Innovation Partnership Water”, svoltasi lo scorso febbraio a Leeuwarden (Paesi Bassi), che ha riunito le Reti delle Città Europee, Piattaforme europee per l’acqua e Gruppi di Azione del Partenariato EIP Water con portatori di interesse, l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e Lo Sviluppo Economico) ha presentato il Rapporto “Water Governance in Cities”.
Basandosi su un sondaggio di 48 città, il Rapporto analizza i fattori chiave che influenzano la governance delle acque urbane, si sofferma sulle tendenze nella ripartizione di ruoli e responsabilità tra i livelli di governo, e valuta le lacune della governance multilevel nella gestione delle acque urbane. Per esempio, tra le città prese in esame il tasso di trattamento delle acque reflue è passato dall’82% del 1990 al 90% del 2012; il consumo di acqua pro-capite tra il 2000 e il 2012 è diminuito del 20%; la percentuale di popolazione che ha avuto accesso all’acqua potabile è stata del 98% nel 2012, contro il 94% del 1990.
Degne di essere prese in considerazione sono alcune sfide individuate dal Rapporto.
– Disuguaglianza nell’accesso ai servizi e nella accessibilità economica costituisce ancora un problema in molte località, con fasce di popolazione che non sono connesse ai sistemi idrici che si riscontrano in aree urbane e periferiche di Paesi OCSE (per esempio, in Grecia, Italia, Messico, Portogallo), con tassi di accesso più bassi in città come Belo Horizonte (75%) e Vera Cruz (79%). Alcuni gruppi di popolazione ben individuabili (per esempio, i poveri che vivono in aree svantaggiate, minoranze etniche) sono tuttora impossibilitati a trovare soluzioni di contrasto all’accessibilità economica.
– Nonostante i progressi nella qualità dell’acqua, il 75% delle città esaminate mostrano che l’inquinamento idrico è una sfida. Sono necessari investimenti continui nel trattamento delle acque, assieme a sistemi di irrigazione più efficienti, specialmente in alcuni Paesi, dove una parte della popolazione è ancora collegata ad impianti di solo trattamento primario o a rete fognaria senza trattamento.
– Le città sono sempre più esposte ai disastri provocati dalle acque. Le recenti alluvioni a Copenhagen (2011) e a New York (2012) hanno determinato enormi danni e perdite economiche. Le previsioni indicano che quasi il 20% della popolazione mondiale sarà a rischio di alluvioni nel 2050, mentre diverse città stanno già soffrendo le conseguenze di pesanti siccità, anche in Paesi tradizionalmente ricchi di acqua come il Brasile.
– Più del 90% delle città analizzate hanno infrastrutture obsolete o inefficienti che mettono in pericolo la copertura totale di acqua per bere e per i servizi igienici e riducono la capacità di proteggere i cittadini contro i disastri provocati dalle alluvioni. Ciò dipende da vari fattori, quali i cambiamenti climatici, le crisi economiche, la crescita demografica e le dinamiche urbane.
– La capacità dei governi sub-nazionali costituisce sempre il tallone di Achille: il 65% delle città manca di una staff e di competenze gestionali in grado di affrontare la sfida. L’efficace diffusione delle responsabilità per l’acqua è anche minacciata da inadeguate ed incerte entrate dei governi locali, i cui budget sono stati sempre più tagliati dalla crisi economica mentre nell’area OCSE sono sempre più soggetti agli investimenti pubblici.
Dal Rapporto emergono anche alcuni aspetti chiave.
– L’elevata qualità dei servizi idrici nei Paesi OCSE è minacciata da mancati massicci investimenti che impediscono la riqualificazione, il rinnovo e la manutenzione delle infrastrutture idriche. C’è necessità di affrontare le questioni degli investimenti pubblici, inclusi: il coordinamento a più livelli e la capacità di affrontare le sfide; nuovi approcci infrastrutturali trasversali, specialmente il rapporto tra acqua, agricoltura, energia, protezione ambientale e pianificazione territoriale; la gestione con equilibrio dei rapporti tra utilizzatori urbani e quelli delle aree agricole e fra attuali e future generazioni, in termini di “chi paga cosa”; riduzione delle esigenze di investimenti, assicurando un quadro regolatorio stabile che attragga finanziamenti e migliori l’efficienza.
– Gli attuali livelli di sicurezza idrica sono messi in pericolo dai cambiamenti climatici, dall’urbanizzazione, dalle tendenze demografice ed economiche. Come risposta, è importante accrescere la consapevolezza tra i cittadini e i decisori politici; riformare le politiche e cambiare i comportamenti; collaborare con i portatori di interesse, compresi i promotori immobiliari e gli investitori istituzionali a lungo termine; costruire un consenso su un accettabile livello di rischio e assicurare la disponibilità a pagare per i servizi idrici offerti; potenziare i dati e l’informazione relativi all’acqua per più incisivi sistemi di allerta, monitoraggio e valutazione.
Tra le buone pratiche citate in merito dall’OCSE, c’è il Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici di Bologna: BLUEAP (Bologna Local Urban Adaptation Plan for a Resilient city), progetto finanziato dalla Commissione UE attraverso lo strumento LIFE+ e coordinato dal Comune di Bologna (partner del progetto ARPA E-R, Ambiente Italia e Kyoto Club) che si è concluso nel settembre 2015 e che ha coinvolto 150 portatori di interesse (istituzioni pubbliche e private, associazioni di categoria, università, cittadini), interessato 70 progetti di idee e messo in atto 6 azioni pilota per conseguire, tra l’altro, soluzioni relative alla eventuale penuria di acqua.
– Ruoli e responsabilità per la gestione dell’acqua nelle città sono distribuite su differenti livelli di governo e ampia gamma di attori coinvolti, quali authority pubbliche, fornitori di servizi e organismi di bacini fluviali. Pur in un contesto di elevato decentramento, i governi nazionali hanno un ruolo da svolgere nel sostegno per adeguati incentivi e per normative di governance delle acque urbane. Chiarire “chi fa cosa” e a quale livello di governo può aiutare ad identificare le potenziali inadeguatezze, le sovrapposizioni o le zone grigie, e a sostenere le attività di coordinamento dei vari attori in maniera efficace, efficiente e inclusiva.
– L’acqua nelle città risente delle decisioni prese in altri settori e viceversa, in particolare in agricoltura, energia, finanza, rifiuti solidi, trasporti ed uso dei suoli. C’è necessità di garantire che l’acqua sia riconosciuta come un fattore fondamentale della crescita sostenibile delle città, com’è altrettanto importante una visione strategica al fine di rafforzare la coerenza delle politiche per l’integrazione di quelle urbane per l’acqua, per ridurre la frammentazione degli incentivi in modo che non si generino future passività e interessi inferiori ai costi, e per favorire un approccio esteso a tutta l’amministrazione che realizzi un coordinamento orizzontale e verticale.
Nella maggior parte dei casi, i confini idrologici oltrepassano i perimetri amministrativi della città, richiedendo un approccio funzionale alla gestione delle risorse idriche. Sono necessari ulteriori sforzi per promuovere una maggiore cooperazione tra le città e il loro entroterra, e tra le città di una determinata area metropolitana. La scala a cui viene gestita l’acqua dipende dalla sua funzione: può essere a livello locale o metropolitano per l’acqua potabile e i servizi igienico-sanitari; a livello di sub-bacino o bacino per la gestione delle risorse idriche; a livelli superiori per la protezione contro le inondazioni.
Risulta quindi necessario combinare scale multiple all’interno di sistemi integrati di bacino di governo per promuovere l’uso efficiente delle risorse idriche, la condivisione delle informazioni e i risparmi sui costi.
Un quadro a “tre dimensioni” (3P) può contribuire a rispondere alle sfide sopra indicate.
– Politiche: il coordinamento dell’acqua attraverso le politiche deve favorire le complementarietà intersettoriali e, al contempo, distribuire efficientemente le risorse e rafforzare le capacità.
– Persone: la consapevolezza degli individui sugli attuali e futuri rischi correlati all’acqua deve essere aumentata e devono essere potenziati i processi decisionali inclusivi.
– Posti: è richiesta una prospettiva locale per superare le inadeguatezze del territorio e favorire la cooperazione tra le città e le aree circostanti.
Tale quadro mira a promuovere le interazioni di multi-level in tutto il ciclo delle politiche per l’acqua ed oltre, mettendo un accento particolare sull’amministrazione metropolitana, le collaborazioni rurali-urbane e il coinvolgimento dei portatori di interessi.