Acqua Risorse e consumi

Riuso acque reflue in agricoltura: una scelta indifferibile

Un contributo di analisi di REF Ricerche sottolinea che dal riuso delle acque reflue in agricoltura l’Italia può trarre notevoli benefici ambientali, economici e sociali, essendo le tecnologie di depurazione applicabili mature e le difficoltà per gli investimenti necessari potrebbero trovare una soluzione nei programmi comunitari, come il recente Recovery Fund europeo, sempre che la normativa nazionale si adegui quanto prima al Regolamento europeo sulle prescrizioni minime per il loro riutilizzo.

Con i cambiamenti climatici in atto, il rischio di penuria idrica è destinato a peggiorare ed è necessario approntare misure di adattamento. Non casualmente, la crisi idrica è stata inserita nel Global Risks Report 2020 del World Economic Forum (WEF) al 5° posto tra gli eventi di maggior impatto tra quelli che potrebbero accadere nei prossimi 10 anni.

Il WWDR 2020 (World Water Development Report 2020), diffuso in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua (22 marzo 2020) da UN-Water, l’organismo di coordinamento interagenziale delle Nazioni Unite, che si occupa di tutti gli aspetti legati alle risorse idriche, ha evidenziato, tra l’altro, che una gestione efficiente delle risorse idriche può giocare un ruolo molto importante nella mitigazione dei cambiamenti climatici e, in particolare, il trattamento avanzato delle acque reflue può aiutare a ridurre le emissioni di gas serra, fornendo biogas come fonte di energia rinnovabile.

Dopo due anni di iter co-legislativo Il Regolamento europeo sul riutilizzo delle acque affinate a fini irrigui in agricoltura, adottato dalla Commissione UE nel 2018, ha avuto il via libera definitivo da Parlamento europeo e Consiglio il 25 maggio 2020, grazie anche alla pressione esercitata dalla nuova Commissione con l’adozione del nuovo Piano d’azione per l’economia circolare.

Il Regolamento vuole migliorare la disponibilità delle risorse idriche in Europa, dove è cambiata per effetto delle attività antropiche, come ha rilevato un recente Studio di un gruppo di ricerca internazionale, secondo cui la frequenza di lunghi periodi di siccità come quelli registrati nell’Europa centrale nel 2018-2019 sono destinate ad aumentare fino a 7 volte entro la fine del secolo.

Pubblicato sulla GUCE 177/32 del 5 giugno 2020, il Regolamento UE/2020/741 recante prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua si applicherà a decorrere dal 26/06/2023, ogni volta che le acque reflue urbane trattate sono riutilizzate a fini irrigui in agricoltura, in conformità dell’articolo 12, paragrafo 1, della Direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane.

Ci sono, quindi, 3 anni per adeguare le disposizioni nel diritto nazionale, ma se si aspetta, come sempre avviene, l’ultimo momento utile a disposizione, si rischia di giungere alla decorrenza senza progetti cantierabili.

Al riguardo, l’ANBI, l’Associazione nazionale che rappresenta e tutela gli interessi dei Consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario, ha proposto la costituzione di un tavolo tecnico intersettoriale per rendere compatibili le indicazioni del Regolamento, già attuativo, con le aspettative dei settori economici pronti ad investimenti.

Per REF Ricerche, Società indipendente che affianca aziende, istituzioni, organismi governativi nei processi conoscitivi e decisionali, Il riuso delle acque reflue trattate è una risposta efficace allo stress idrico a cui il nostro Paese è sempre più esposto e il suo impiego in agricoltura non può essere rinviato oltre,  come enuncia il titolo dell’ultimo contributo (“Riuso delle acque depurate in agricoltura: una scelta indifferibile”) del Laboratorio Servizi Pubblici Locali, un’iniziativa di analisi e discussione che intende riunire selezionati rappresentanti del mondo dell´impresa, delle istituzioni e della finanza al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali.

Secondo il REF, il riuso delle acque reflue può assicurare benefici ambientali, economici e sociali, che “maturano non solo a favore degli utilizzatori finali, ma anche della collettività e degli ecosistemi naturali”. Tuttavia, “barriere di ordine tecnologico, culturale ed economico hanno scoraggiato la diffusione di questa pratica”.

L’Italia è tra i Paesi che potrebbero trarre i maggiori benefici dal riutilizzo, e le tecnologie di depurazione applicabili sono mature. Nei tre anni che ci separano dall’entrata in vigore del Regolamento, il nostro Paese è chiamato ad adattare la normativa nazionale, identificando le modalità di incentivazione e ripartizione dei costi più appropriate, sintonizzando i diversi attori su uno studio coordinato del regolamento, dell’analisi dei rischi, dei costi e dei benefici, infondendo anche nella collettività la consapevolezza della necessità di puntare sul riutilizzo delle acque reflue come parte di una strategia nazionale per la mitigazione delle conseguenze del cambiamento climatico”.

Le difficoltà di ordine economico, secondo i ricercatori del REF, potrebbero trovare una soluzione nei programmi comunitari recentemente approvati, quali il Recovery Fund europeo, che possono fungere da innesco, sostenendo i costi per la realizzazione degli impianti necessari.

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