Mentre a Washington il Direttore dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro mette in guardia le Istituzioni finanziarie sui rischi di una ancora troppo lenta diffusione di investimenti nella green economy, in Italia il Ministro dell’Ambiente, intervenendo al meeting della FoSS, dichiara che il Green Act, “annunciato” per marzo dal tweet del Capo del Governo, è “in fase di ascolto”, quindi, lontano dall’assumere la forma di provvedimento legislativo.
Intervenuto all’annuale Convegno di Primavera di Washington (17-19 aprile 2015), organizzato dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale, il Direttore Generale dell’ILO (l’Agenzia dell’ONU con sede a Ginevra che si occupa di promuovere la giustizia sociale e i diritti umani internazionalmente riconosciuti, con particolare riferimento a quelli riguardanti il lavoro in tutti i suoi aspetti), ha ribadito che non c’è più spazio per l’inazione e il 2015 deve costituire l’anno di svolta per le strategie di crescita e di sviluppo sostenibile.
Citando i dati dell’ultimo Rapporto dell’Agenzia sulle Prospettive occupazionali e sociali, Guy Ryder ha dichiarato che “Nel 2014 i salari sono calati dell’1-2%, c’erano 61 milioni di posti di lavoro in meno e nel 2019 saranno 80 milioni in meno. La crescita economica sarà deludente nel 2015 e nel 2016 non sarà migliore. La lenta crescita dell’occupazione, i salari fermi e la disuguaglianza crescente, deprimono i consumi e sono un deterrente per gli investimenti, facendo aumentare al contempo i rischi per la stabilità economica, sociale e politica globale”.
Fin dall’adesione al partenariato dell’UNEP “Green Jobs Initiative” del 2008, l’ILO ritiene che sussista una correlazione tra nuovi posti di lavoro, green economy, difesa dell’ambiente e contrasto ai cambiamenti climatici, confortata in questo da numerosi studi scientifici, prefiggendosi di diventare l’Organizzazione riconosciuta per dare indirizzi sull’occupazione e sulla dimensione sociale dei cambiamenti climatici e le politiche ad essi collegati, così come sulle altre sfide ambientali e sulle nuove opportunità di cui è portatrice la green economy.
In Italia, nel Meeting di primavera (13 aprile 2015) organizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (FoSS), il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha chiarito che il Green Act, “annunciato” per marzo da un tweet del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, non è prossimo a prendere sostanza di provvedimento legislativo.
“Ora – ha spiegato Gian Luca Galletti – siamo in una fase di ascolto. Non abbiamo fretta perché in Parlamento ci sono molte riforme ed il Green Act ha bisogno di una fase di confronto, non lunghissima, ma necessaria. Vale la pena di fare una grande concertazione, per fare un disegno di legge che dimostri quanto l’ ambiente sia importante per la ripresa”.
Se “vale la pena” attendere ancora pur di avere un Documento che contenga “le linee di indirizzo per affrontare le grandi sfide del futuro”, come indicato dal Ministro, è altrettanto vero che non si può allungare troppo i tempi per imprimere una svolta economica in grado di superare la crisi occupazionale che attanaglia il nostro Paese in maniera drammatica.
Il meeting, che si è svolto in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2015 (ECOMONDO di Rimini, 3-4 novembre 2015) e che ha avuto per tema “Il contributo della green economy per la ripresa dell’Italia”, ha ribadito che l’ “economia verde”, insieme all’abbattimento delle emissioni di carbonio, può assicurare nuovo sviluppo, un miglior benessere, nuova occupazione, tutela del capitale naturale e dei servizi eco-sistemici.
“La via verso un mondo a bassissime emissioni di gas serra potrà essere tracciata con un nuovo buon accordo internazionale sul clima – ha osservato Edo Ronchi, Presidente della FoSS – ma potrà avere successo solo con lo sviluppo della green economy che è la via maestra per la crescita e l’occupazione sia a livello globale che nazionale. Proprio in Italia è necessario saper avvalersi degli strumenti economici a disposizione, come i fondi europei e prendere la strada di una fiscalità ecologica che sappia orientare il mercato, le produzioni e i consumi verso la green economy“.
I Fondi europei per orientare il mercato in direzione green, infatti, sono consistenti. La Politica europea di coesione, la principale politica di investimento dell’UE, prevede 50 miliardi di euro l’anno nella programmazione 2014-2020 e guarda all’avvio e al rafforzamento delle filiere produttive dedicate alla green economy.
Ad esempio, dei Fondi FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e FSE (Fondo Sociale Europeo) ci sono 22,2 miliardi di euro per le regioni meno sviluppate (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia), 1,35 miliardi per le regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna) e 7,56 miliardi per le regioni più sviluppate (tutte le altre del centro nord).
Inoltre, gli obiettivi tematici di green economy del FESR (economia a basse emissioni, adattamento climatico e protezione rischi, utilizzo razionale delle risorse, trasporto sostenibile) dispongono di un plafond di risorse pari a 8,6 miliardi, il 41% del totale.
Per disporre di nuove entrate per alimentare gli investimenti green, sono necessarie anche misure di fiscalità ambientale.
“Il modo più efficace e immediato di avviare un percorso di riforma della fiscalità in chiave ecologica – ha indicato Ronchi – è quello di introdurre una carbon tax, in modo da consentire, con le maggiori entrate, di compensare una consistente riduzione del cuneo fiscale a favore di lavoro e imprese e disporre di entrate aggiuntive, formate anche solo da una quota minoritaria delle nuove entrate, per alimentare investimenti green in ricerca e eco-innovazione”.
Visto che il 22 giugno 2015, come annunciato sempre nel corso del Meeting dal Ministro dell’Ambiente Galletti, si terranno gli Stati Generali sui Cambiamenti Climatici, sarebbe auspicabile che tale evento, anziché rientrare “in una fase di preparazione del Green Act”, diventi l’occasione per presentarlo!