L’annuale Rapporto “Mal’aria” di Legambiente evidenzia che l’emergenza smog in Italia, nonostante i lockdown correlati alla pandemia di Covid-19 non si arresta e si cronicizza sempre di più.
Il bilancio dell’annuale report di Legambiente “Mal’aria di città 2021”, pubblicato il 29 gennaio 2021, che analizza i risultati di monitoraggio della qualità dell’aria nel 2020 di 96 capoluoghi di provincia, è sempre preoccupante e non si arresta neanche con la pandemia.
Il Rapporto traccia un doppio bilancio, stilando sia la classifica delle città fuorilegge per avere superato i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili (PM10) dalla legislazione UE sia la graduatoria delle città che hanno superato il valore medio annuale per le polveri sottili (PM10) suggerito dalle Linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che stabilisce in 20 microgrammi per metro cubo (µg/mc) la media annuale per il Pm10 da non superare contro quella di 40 µg/mc dell’UE.
Il quadro complessivo che emerge è preoccupante: nel 2020 in Italia su 96 capoluoghi di provincia analizzati 35 hanno superato almeno con una centralina il limite previsto per il PM10, ossia la soglia dei 35 giorni nell’anno solare con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo.
A Torino spetta la maglia nera con 98 giorni di sforamenti registrati nella “centralina Grassi”, seguita da Venezia (via Tagliamento) con 88, Padova (Arcella) 84, Rovigo (Largo Martiri) 83 e Treviso (via Lancieri) 80. Al sesto posto in classifica si trova Milano (centralina Marche) 79, seguita da Avellino (scuola Alighieri) e Cremona (Via Fatebenefratelli) con 78 giorni di sforamento, Frosinone (scalo) 77, Modena (Giardini) e Vicenza (San Felice) che con 75 giorni di superamento dei limiti chiudono le 10 peggiori città.
Anche meno rassicurante il confronto con i parametri dettati dall’OMS, che hanno come target esclusivamente la salute delle persone. Nel 2020 sono 60 le città italiane (il 62% del campione analizzato) che hanno fatto registrare una media annuale superiore ai 20 µg/mc di polveri sottili. A guidare la classifica è sempre Torino con 35 µg/mc come media annuale di tutte le centraline urbane del capoluogo, seguita da Milano, Padova e Rovigo (34µg/mc), Venezia e Treviso (33 µg/mc), Cremona, Lodi, Vicenza, Modena e Verona (32 µg/mc).
Oltre alle città del Nord però, a superare il limite suggerito dall’OMS sono anche città come Avellino (31µg/mc), Frosinone (30 µg/mc), Terni (29 µg/mc), Napoli (28 µg/mc), Roma (26 µg/mc), Genova e Ancona (24 µg/mc), Bari (23 µg/mc), Catania (23 µg/mc) solo per citarne alcune.
L’emergenza smog, dunque, colpisce tutta Italia. Secondo l’ultimo Rapporto sulla Qualità dell’Aria in Europa dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), ogni anno nel nostro Paese sono 52.300 le morti premature dovute all’esposizione eccessiva di polveri sottili (in particolare il Pm2,5), per gli ossidi di azoto (in particolare l’NO2) 10.400, per l’ozono troposferico (O3) 3.000.
Per Legambiente, i dati di Mal’aria ci ricordano che il 2020, oltre ad essere stato segnato dalla pandemia ancora in corso, è stato anche contrassegnato dall’emergenza smog e dalla mancanza di misure specifiche per uscire dalla morsa dell’inquinamento. Lo dimostra la mancanza di ambizione dei Piani nazionali e regionali e degli Accordi di programma che negli ultimi anni si sono succeduti ma che, nella realtà dei fatti, sono stati puntualmente elusi e aggirati localmente, pur di non dover prendere decisioni impopolari insieme al ricorso sistematico della deroga (come nel caso del blocco degli Euro4 nelle città che sarebbe dovuto entrare in vigore dal primo ottobre 2020 e che è stato prima posticipato al gennaio 2021 e poi all’aprile successivo).
A dimostrazione dell’incapacità dimostrata dal nostro Paese di adeguarsi alle normative dell’UE c’è la condanna della Corte di giustizia europea dello scorso novembre, e altre due 2 procedure di infrazione avviate dalla Commissione UE nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto dei limiti normativi previsti della Direttiva europea per il PM10 e gli ossidi di azoto, a cui si è aggiunta a fine ottobre una nuova lettera di costituzione in mora per eccessive concentrazioni di particolato fine (PM2,5) a cui ora l’Italia dovrà rispondere, essendo state giudicate “non sufficienti” le misure adottate dal nostro Paese per ridurre nel più breve tempo possibile tali criticità.
“L’inquinamento atmosferico è un problema complesso che dipende da molteplici fattori come il traffico, il riscaldamento domestico, l’agricoltura e l’industria in primis – ha dichiarato Giorgio Zampetti, Direttore generale di Legambiente – Proprio per tale complessità è una questione che non può essere affrontata in maniera estemporanea ed emergenziale, come fatto fino ad oggi dal nostro Paese che purtroppo è indietro sulle azioni da mettere in campo per ridurre l’inquinamento atmosferico, ma va presa di petto con una chiara visione di obiettivi da raggiungere, tempistiche ben definite e interventi necessari, in primis sul fronte della mobilità sostenibile. La pandemia in corso non ci deve far abbassare la guardia sul tema dell’inquinamento atmosferico. Anzi, è uno stimolo in più, a partire dalla discussione in corso sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, perché non vengano sprecate le risorse economiche in arrivo dall’Europa. In particolare chiediamo che vengano destinate cifre adeguate per la mobilità urbana sostenibile, sicura e con una vision zero anche per riqualificare le strade urbane e le città. È urgente procedere con misure preventive e azioni efficaci, strutturate e durature città pulite e più vivibili dopo la pandemia. Una sfida europea, quella delle Clean Cities, a cui stiamo lavorando in rete con tante altre associazioni”.
Proposte
In particolare per Legambiente è urgente intervenire in maniera rapida con misure efficaci affrontando il problema in modo strutturale e con una pianificazione adeguata e incrociando due temi cruciali: quello della mobilità sostenibile e dell’uso dello spazio pubblico e della strada prevedendo interventi ad hoc che, se integrati insieme ad altre misure riguardanti il settore del riscaldamento e dell’agricoltura, potranno portare benefici immediati e duraturi. Occorre prevedere, ad esempio, il potenziamento del trasporto pubblico locale e della mobilità condivisa, elettrica ed efficiente per garantire il diritto di muoversi senza inquinare, lo stop progressivo alla circolazione delle auto nei centri delle città, senza deroghe nè scappatoie, lo stop agli incentivi per la sostituzione dei mezzi più vecchi e inquinanti a favore di mezzi più nuovi ma ugualmente inquinanti. Perché stiamo parlando di incentivi che rischiano di far spendere molti soldi ai cittadini inutilmente, per comprare auto già obsolete o presto fuori legge. Occorre inoltre ripensare lo spazio pubblico con corsie preferenziali per TPL, centri urbani secondo la vision zero, con l’estensione delle aree pedonali nei centri urbani e nei quartieri, percorsi ciclopedonali e zone 30.
Sul fronte del riscaldamento domestico, servono abitazioni ad emissioni zero grazie alla capillare diffusione del “Bonus 110%” che favorisca il progressivo abbandono delle caldaie a gasolio e carbone da subito, e a metano nei prossimi anni.
Infine serve anche un cambiamento della filiera agro-zootecnica rafforzando ed estendendo temporalmente le misure invernali di limitazione o divieto di spandimento di liquami e digestati; istituendo l’obbligo di copertura delle relative vasche di stoccaggio; sostenendo, attraverso misure PSR, investimenti aziendali volti ad attuare operazioni di trattamento, sia delle emissioni di stalla sia dei liquami e letami, con processi che prevedano la produzione di biometano , la separazione solido-liquido, le macchine agricole per migliorare la modalità di applicazione al suolo di liquami e digestati.
“Nei prossimi mesi l’OMS pubblicherà le nuove linee guida che suggeriranno valori ancora più stringenti di quelli attuali, a seguito degli approfondimenti scientifici internazionali avvenuti negli ultimi anni – ha spiegato Andrea Minutolo, Responsabile scientifico di Legambiente – Inoltre, la Commissione europea che sta ragionando sulla revisione della direttiva sulla qualità dell’aria, è intenzionata a far convergere i limiti normativi con quelli dell’OMS. Su questo aspetto da anni chiediamo questo tipo di convergenza dei limiti di legge con le raccomandazioni dell’OMS che, è bene ricordarlo, si riferiscono alla sola tutela della salute delle persone”.