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Inondazioni costiere: 300 milioni di persone da evacuare al 2050

Secondo Climate Central che ha condotto un nuovo Studio, l’innalzamento del livello del mare, correlato ai cambiamenti climatici, costringerà il triplo delle persone rispetto a quanto precedentemente stimato ad abbandonare le proprie residenze per le inondazioni costiere, soprattutto quelle che abitano le grandi città e capitali asiatiche del Sud-Est, ma sono vulnerabili anche quelle di altri continenti. Non ne è immune nemmeno l’Italia.

Climate Central, un’organizzazione indipendente composta da scienziati e giornalisti scientifici, che svolge attività di ricerca in materia di cambiamenti climatici ed energia e che produce contenuti multimediali che distribuisce attraverso i propri siti web, ha pubblicato il 29 ottobre 2019 RapportoFlooded Future: Global vulnerability to sea level rise worse than previously understood” con la contestuale comparsa sulla Rivista Nature dello StudioNew elevation data triple estimates of global vulnerability to sea-level rise and coastal flooding”, i cui risultati costituiscono la base dello stesso Rapporto, condotto da due ricercatori dell’organizzazione: Scott Kulp, Senior Computational Scientist and Senior Developer, Program on Sea Level Rise, e Benjamin Strauss, Chief Scientist ed attuale Presidente e CEO di Climate Central.

In particolare Strauss è stato l’ideatore di Surging Seas, uno strumento interattivo che permette di visualizzare i Paesi e le regioni più vulnerabili alle inondazioni e all’innalzamento del livello del mare, che ha avuto oltre 100 milioni di pagine visualizzate e la citazione in oltre 10.000 pubblicazioni a livello internazionali, compresa quella su “Regioni&Ambiente” (2015), che si basa su 3 componenti principali:
– le Mappe delle zone di rischio, che mostrano l’innalzamento del livello del mare a livello locale e le proiezioni in base ai modelli climatici sul rischio incombente per alcune aree potrebbero scendere al di sotto del livello del mare;
– il Risk Finder che quantifica la superficie e la popolazione esposte sia a livello nazionale che locale;
– le Mapping Choices, che visualizzano le conseguenze locali a lungo termine in base ai diversi scenari di emissioni di carbonio.

Di fatto il Rapporto e lo Studio costituiscono un aggiornamento di quelli pubblicati nel 2015 (lo Studio apparve allora sulla Rivista Atti dell’Accademia delle Scienze (PNAS) e, da quanto riportato, l’’innalzamento del livello del mare correlato ai cambiamenti climatici potrebbe avere un impatto peggiore di quanto era stato precedentemente stimato.

Le previsioni catastrofiche incluse nel nuovo Rapporto non dipendono solo dal fatto che nel frattempo le emissioni globali in atmosfera hanno continuato ad aumentare con il conseguente riscaldamento globale che è proseguito e lo scioglimento delle calotte glaciali artiche ed antartiche e della Groenlandia ha continuato a scaricare volumi giganteschi di acqua negli oceani, ma anche per aver messo a punto un nuovo modello altimetrico digitale (CoastalDEM)che ha permesso di constatare come alcune aree costiere del mondo sono molto più basse di quanto si ritenesse o fosse noto, dal momento che non ci sono dati sufficientemente attendibili o accessibili al pubblico. In particolare, il fenomeno della subsidenza, ovvero dell’abbassamento verticale della superficie terrestre, quella indotta dalle attività umane, come lo sfruttamento eccessivo delle falde acquifere e la densa urbanizzazione, si esplica in tempi relativamente brevi.

Sulla base delle proiezioni sul livello del mare al 2050, il Rapporto evidenzia che i terreni che attualmente ospitano 300 milioni di persone scenderanno al di sotto dell’altezza di un’alluvione costiera annuale media, ed entro il 2100 i territori che ora ospitano 200 milioni di persone potrebbero abbassarsi permanentemente sotto la linea di alta marea. 

 Il Rapporto si focalizza in particolare sulle aree costiere dell’Asia, dove si trovano le persone maggiormente esposte al rischio di dover abbandonare entro il 2050 le proprie abitazioni e proprie abitazioni per effetto delle inondazioni.

La Cina potrebbe avere 93 milioni di persone da evacuare in assenza di difese costiere, con Shanghai la città più popolosa della Cina particolarmente esposta, ma anche Tianjin, il porto di Pechino, e la regione del delta del Fiume delle Perle (Hong Kong e Macao), una delle regioni più densamente urbanizzate del mondo e uno dei principali poli della crescita economica del Paese, sono assai vulnerabili.

Le aree costiere del Bangladesh soggette ad inondazioni costiere al 2050

Viene poi il Bangladesh sulle cui aree a rischio vivono attualmente 42 milioni di individui, coinvolgendo anche gli abitanti delle due principali città del Paese: Dacca e Chittagong.

Sono a rischio anche alcune regioni dell’India, quali gli Stati del Bengala Occidentale e l’Odisha, come la città costiera orientale di Kolkata (Calcutta) per un totale di 36 milioni di persone.

In Vietnam, si prevede che le inondazioni annuali degli oceani colpiranno in modo particolare il delta del Mekong ,densamente popolato e la costa settentrionale intorno alla capitale Ho Chi Minh City (Hanoi) e il porto di Haiphong.

Altre città asiatiche colpite saranno Bangkok, Singapore, Giacarta e Manila, tutte densamente popolate. Tuttavia non si deve pensare che il pericolo di inondazioni permanenti non si limiti all’Asia, perché ci sono altri 19 Paesi, dalla Nigeria al Brasile, dall’Egitto al Regno Unito, le cui aree costiere che attualmente ospitano almeno un milione di persone, che potrebbero vedere tratti di costa andare permanentemente al di sotto della linea di alta marea alla fine del secolo.

Non ne è immune l’Italia, come si è evidenziato dall’aggiornamento delle aree a rischio inondazione effettuato l’anno scorso dall’ENEA che ha aggiunto altre 7 aree costire alle precedenti 13 già individuate come più esposte. Ma se si vuole essere aggiornati sulla situazione della propria residenza costiera può inserire la località in Surging Sea Map.

 Gli abitanti dei piccoli stati insulari potrebbero subire perdite particolarmente devastanti. Tre persone su quattro nelle Isole Marshall vivono ora in terre che potrebbero rimanere sotto l’alta marea nei prossimi ottanta anni. Alle Maldive, la cifra è una su tre. E ben prima che la terra venga allagata, i residenti dovranno affrontare l’intrusione di acqua salata nelle riserve di acqua dolce e frequenti inondazioni. Nei Piccoli Stati Insulari, come altrove, la terra potrebbe diventare inabitabile ben prima che scompaia. 

La proiezione dei costi economici, umanitari e politici specifici della revisione al rialzo dell’esposizione globale all’innalzamento del livello del mare rivelata da CoastalDEM non rientra nell’ambito di questo Rapporto, ma l’evidenza suggerisce che saranno elevati e nei decenni a venire, l’innalzamento del livello del mare potrebbe interrompere le economie e innescare crisi umanitarie in tutto il mondo.

L’innalzamento del livello del mare potrebbe anche provocare crisi umanitarie spogliando milioni di persone dalle loro case e dai mezzi di sussistenza tradizionali, con conseguente aumento di costi umanitari. I Paesi in via di sviluppo meno in grado di proteggere i loro residenti attraverso difese costiere o evacuazioni pianificate potrebbero essere particolarmente vulnerabili, pur essendo responsabili in minima parte delle emissioni globali.

Gli autori sottolineano che anche tagli notevoli delle attuali emissioni non scongiura il pericolo dell’innalzamento del mare, ma ridurrebbe di almeno 20 milioni le persone minacciate da inondazioni annuali e inondazioni permanenti alla fine del secolo, rispetto ai moderati tagli alle emissioni effettuati all’incirca in linea con l’accordo di Parigi. In particolare, i benefici dei tagli profondi delle emissioni andrebbero ben oltre l’innalzamento del livello del mare, riducendo il pericolo rappresentato dai molti altri rischi correlati ai cambiamenti climatici. Se i Governi cercassero di limitare gli impatti futuri delle inondazioni oceaniche, dovrebbero anche evitare nuove costruzioni in aree ad alto rischio di inondazioni, proteggendo, trasferendo o abbandonando le infrastrutture e gli insediamenti esistenti. L’innalzamento del livello del mare è un pericolo a breve termine: le comunità di oggi devono fare delle scelte non solo per conto delle generazioni future, ma anche per se stesse

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