I disastri naturali correlati ai cambiamenti climatici, la cui frequenza e intensità sono aumentate in questi decenni, hanno determinato danni economici che costano ogni volta per singolo evento 26 milioni di dollari in più rispetto all’anno precedente, e nelle zone temperate come Europa e USA i costi sono più salati.
I danni economici causati da disastri naturali associati ai cambiamenti climatici, come alluvioni, tempeste, uragani, ondate di calore estreme, siccità, incendi e frane, sono aumentati considerevolmente negli ultimi 50 anni a causa dell’incremento sostanziale dei danni causati da ogni singolo evento catastrofico che costa ogni volta circa 26 milioni di dollari in più rispetto all’anno precedente.
È quanto emerge dallo Studio “Evidence for sharp increase in the economic damages of extreme natural disasters”, pubblicato sul numero del 22 ottobre 2019 sulla PNAS, a cui la prestigiosa Rivista della National Academy of Sciences ha dedicato la copertina, e condotto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Economia e del Dipartimento di Eccellenza EMbeDS (Economics and Management in the era of Data Science) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Stato della Pennsylvania.
Lo studio è cruciale per elaborare e implementare in maniera consapevole misure di riduzione dell’impatto dei disastri e di contrasto dei cambiamenti climatici, i cui danni catastrofici stanno crescendo a ritmo più sostenuto nelle aree climatiche temperate come l’Europa e gli USA, che storicamente sono state meno colpite da eventi estremi.
“Se per esempio prendiamo come riferimento il 1970 e il 2010, i dati mostrano che l’impatto economico di un disastro particolarmente nefasto (tra l’1% dei più dannosi) è aumentato di circa 20 volte – ha dichiarato Matteo Coronese, Dottorando in Economia alla Scuola Superiore Sant’Anna e principale autore dello Studio – Per essere più concreti, un singolo evento di questa portata nel 1970 causava circa 500 milioni di dollari di danni, mentre nel 2010 le perdite erano già salite a 10 miliardi di dollari. Ovviamente questi maggiori danni sono in parte dovuti all’aumento della popolazione e della ricchezza potenzialmente distruttibile (ad esempio edifici). Una volta tenuti in considerazione questi fattori, l’impatto economico degli eventi estremi risulta comunque raddoppiato. Più precisamente stimiamo che, ogni anno, un evento catastrofico (tra l’1% dei più dannosi) costi circa 26 milioni di dollari in più dell’anno precedente al netto degli aumenti attribuibili all’evoluzione di reddito, popolazione e prezzi”.
I dati presi in considerazione nello studio riguardano danni economici derivanti da disastri avvenuti in tutto il mondo tra il 1960 ed il 2014, e si concentrano su eventi collegati ai cambiamenti climatici da un gran numero di studi.
“L’incremento nei danni che documentiamo è compatibile con i cambiamenti climatici – ha sottolineato a sua volta Francesco Lamperti,co-autore dello Studio ricercatore alla Scuola Superiore Sant’Anna e presso l’European Institute on the Economics and the Environment – Milano, il centro di ricerca transatlantico nato dalla partnership tra Resources for the Future (RFF), il think tank per l’energia e l’economia dell’ambiente di Washington, e la Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) – Tuttavia, il nostro studio non esamina in quale misura tale aumento sia attribuibile in modo diretto ai cambiamenti climatici. Stabilire un collegamento diretto richiederà infatti ulteriori studi per i quali sono necessari dati addizionali e più precisi”.
I ricercatori osservano che l’aumento dei costi delle
catastrofi naturali estreme non è uniforme in tutto il mondo. Sembrano più
drammatici in aree tradizionalmente considerate temperate.
“Ciò può essere dovuto
al fatto che le catastrofi estreme stanno colpendo aree temperate, nonché per
il motivo che queste aree sono meno preparate ad affrontare catastrofi estreme
rispetto alle regioni tropicali – ha sottolineato Francesca Chiaromonte, docente di
Statistica alla Scuola Superiore Sant’Anna e alla Penn State University, nonché
coordinatrice del
Dipartimento di Eccellenza EMbeDS – Le
regioni tropicali, in particolare quelle nella parte più ricca del mondo, hanno
sviluppato meccanismi per attenuare gli impatti di catastrofi estreme. In
effetti, potrebbero essere necessari sforzi analoghi in aree che
tradizionalmente consideriamo più sicure”.

Secondo i ricercatori, i risultati conseguiti sono robusti e le dinamiche osservate sono compatibili con le predizioni di un modello teorico che connette cambiamenti nei valori medi delle variabili climatiche (per esempio il livello dei mari) con un aumento del rischio di danni estremi.
“I grandi eventi possono sopraffare le infrastrutture locali – ha affermato Klaus Keller, Professore di Geoscienze e Direttore del Center for Climate Risk Management presso la Penn State University – Molti decisori stanno progettando strategie per gestire il rischio climatico. Il successo di queste strategie dipende spesso da come gli eventi estremi stanno cambiando“.
Naturalmente ci vuole cautela nel formulare raccomandazioni di politica economica per i politici, le imprese, le associazioni, i cittadini, ma “lo studio ci consente comunque di concludere che i policy-makers, assieme a tutti noi, devono prepararsi velocemente ad affrontare l’aumento consistente dei danni estremi dovuti ai disastri naturali – ha commentato l’ultimo dei co-autori e Docente di Economia alla Scuola Superiore Sant’Anna, Andrea Roventini,responsabile del Progetto GROWINPRO (Growth Welfare Innovation Productivity), finanziato dalla Commissione UE, che si pone l’obiettivo di fornire un nuovo insieme integrato di politiche per spingere l’Europa verso una traiettoria di sviluppo equilibrata, alimentata dall’innovazione ed inclusiva, affrontando anche le principali sfide che si pongono alla società, come i cambiamenti climatici, l’invecchiamento della popolazione e la robotizzazione.
“La necessità di interventi che attenuino le conseguenze catastrofiche dei disastri naturali futuri e consentano alle nostre società di adattarsi alle nuove condizioni climatiche – ha proseguito Roventini – è sempre più vitale ed imminente, anche in Italia, che come le altre zone temperate era considerata sinora considerato meno esposta. Inoltre, alla luce dei nostri risultati, un principio di cautela suggerirebbe di cercare di contenere la frequenza e l’intensità dei disastri naturali futuri con politiche di contrasto del cambiamento climatico”.
Lo studio in sintesi
– Negli ultimi 50 anni i disastri naturali associati al cambiamento climatico hanno causato crescenti danni economici.
– L’aumento più notevole nei danni si associa ad eventi catastrofici.
– Ogni singolo disastro (compreso tra il 5% degli eventi più dannosi) costa ogni anno circa 5 milioni di dollari in più rispetto all’anno precedente. Per un singolo disastro appartenente al 1% degli eventi i più dannosi, l’incremento stimato è invece di circa 26 milioni di dollari per anno.
– Le dinamiche osservate sono compatibili con un vasto numero di lavori teorici che collegano i danni crescenti prodotti da eventi estremi ai cambiamenti climatici.
Ovviamente ai costi economici degli impatti dei cambiamenti climatici si devono aggiungere anche quelli umanitari, come ha indicato il Rapporto “I costi del non far nulla”, presentato dalla Federazione Internazionale delle società della Croce rossa e della Mezzaluna rossa (IFRC) al Vertice sul Clima dell’ONU in settembre, che ha stimato in 20 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 i costi umanitari per far fronte agli eventi catastrofici se si continua nell’attuale inazione.