Un nuovo studio condotto da due noti scienziati del clima sull’impronta carbonica dell’idrogeno blu il cui processo di produzione prevede l’uso del metano e che viene caldeggiato come soluzione ponte in attesa di passare all’idrogeno verde prodotto da fonti rinnovabili, confermerebbe che non è opzione che aiuta a ridurre il riscaldamento globale.
Secondo la ricerca “How green is blue hydrogen?”, condotta da Robert Howarth, Professore di ecologia e biologia ambientale alla Cornell, University (New York) e Mark Z. Jacobson, Professore di ingegneria civile e ambientale alla Stanford University (California) e pubblicata lo scorso agosto su Energy Science & Engineering, l’idrogeno blu non sarebbe la soluzione adatta per contrastare i cambiamenti climatici.
“Forse con sorpresa, l’impronta di gas serra dell’idrogeno blu è superiore di oltre il 20% rispetto alla combustione di gas naturale o carbone per il riscaldamento e di circa il 60% rispetto alla combustione di gasolio per il riscaldamento, sempre con le nostre ipotesi predefinite – affermano gli autori – In un’analisi di sensibility in cui il tasso di emissione di metano dal gas naturale è ridotto a un valore basso dell’1,54%, le emissioni di gas serra dell’idrogeno blu sono ancora maggiori rispetto alla semplice combustione di gas naturale, e sono solo il 18%-25% in meno rispetto all’idrogeno grigio. La nostra analisi presuppone che l’anidride carbonica catturata possa essere immagazzinata indefinitamente, un’ipotesi ottimistica e non dimostrata. Anche se fosse vero, comunque, l’uso dell’idrogeno blu sembra difficile da giustificare su basi climatiche”.
“Suggeriamo che l’idrogeno blu sia meglio visto come una distrazione, qualcosa che potrebbe ritardare l’azione necessaria per decarbonizzare veramente l’economia energetica globale”.
L’idrogeno blu inizia con la conversione del metano in idrogeno e anidride carbonica utilizzando calore, vapore e pressione o idrogeno grigio, ma va oltre per catturare parte dell’anidride carbonica. Una volta che la CO2 e le altre impurità vengono sequestrate, diventa idrogeno blu, processo che richiede una grande quantità di energia, secondo i ricercatori, che viene generalmente fornita bruciando più gas naturale.
“In passato, non è stato fatto alcuno sforzo per catturare il sottoprodotto di anidride carbonica dell’idrogeno grigio e le emissioni di gas serra sono state enormi – ha sottolineato Howarth – Ora l’industria promuove l’idrogeno blu come soluzione, un approccio che utilizza ancora il metano del gas naturale, mentre tenta di catturare il sottoprodotto di anidride carbonica. Sfortunatamente, le emissioni rimangono molto elevate“.
Il metano è un potente gas serra 100 volte più potente per il riscaldamento dell’atmosfera della CO2, e il Rapporto preliminare AR6 dell’IPCC, pubblicato il 9 agosto 2021, indica che cumulativamente fino ad oggi, il metano ha contribuito al riscaldamento globale per circa i due terzi rispetto all’anidride carbonica.
Secondo i due scienziati del clima, ben conosciuti a livello internazionale, l’idrogeno blu avrebbe un ruolo come strategia solo nella misura in cui fosse possibile immagazzinare anidride carbonica a lungo termine indefinitamente nel futuro senza perdite nell’atmosfera.
Il tallone d’Achille dell’idrogeno blu non sarebbe tanto per le emissioni di anidride carbonica, quanto piuttosto per l’elevata quantità di emissioni fuggitive di metano lungo il ciclo di produzione.
L’idrogeno sostenibile è quello “verde” che si ottiene dall’acqua per elettrolisi (con elettricità fornita da energia solare, eolica o idroelettrica), separando l’idrogeno e l’ossigeno, che attualmente, pur essendo l’unico “colore” di idrogeno totalmente decarbonizzato, trova un impiego limitato a causa degli elevati costi rispetto agli altri combustibili fossili, anche se è prevedibile che il continuo abbassamento dei costi delle fonti elettriche rinnovabili creerà le condizioni per l’implementazione a livello di scala della tecnologia di produzione dell’idrogeno.
Secondo le compagnie del gas, l’idrogeno blu può costituire un punto di partenza per mettere le basi per avviare e consolidare la domanda di idrogeno da parte di settori, come il l’aviazione e i trasporti marittimi che devono ridurre le emissioni di gas serra. Inoltre, ci sarebbe la possibilità di utilizzare le infrastrutture esistenti delle compagnie petrolifere e del gas.
“La società ha bisogno di allontanarsi da tutti i combustibili fossili il più rapidamente possibile e l’idrogeno veramente verde prodotto dall’elettrolisi guidata dall’elettricità rinnovabile può svolgere un ruolo – concludono Howarth e Jacobson – L’idrogeno blu, tuttavia, non fornisce alcun beneficio. Suggeriamo che l’idrogeno blu sia meglio visto come una distrazione, qualcosa che potrebbe ritardare l’azione necessaria per decarbonizzare veramente l’economia energetica globale, nello stesso modo in cui è stato descritto il gas di scisto come combustibile ponte e per la cattura e lo stoccaggio del carbonio in generale”.
Chiaramente, lo studio è destinato ad alimentare le polemiche, perché rimette in discussione la validità di piani già approntati e sui quali si sono creati investimenti ed aspettative. L’Italia che riteneva “l’idrogeno a basso contenuto di carbonio come valida alternativa, passo intermedio verso l’idrogeno verde”, stante a quanto riportato da chi ha potuto consultare la versione in inglese del documento inviato a Bruxelles dal Governo Italiano per illustrare i dettagli delle misure della componente M2C2 “Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile” del PNRR, da negoziare con la Commissione, ha dovuto rivedere i suoi piani dopo che il Documento di accompagnamento redatto dai tecnici della Commissione UE sulla proposta di Piano italiano, che condiziona le risorse al rispetto delle prescrizioni, ha precisato che “Gli investimenti nell’idrogeno saranno limitati all’idrogeno verde e non conterranno idrogeno blu né coinvolgeranno il gas naturale. I traguardi degli investimenti in idrogeno comprenderanno anche disposizioni volte a garantire che non sfoceranno in attività con emissioni di gas a effetto serra superiori a 3 tonnellate equivalenti di CO2 per tonnellata di H2 prodotto”.