In vista dell’adozione di una Strategia sulla lotta alle fake news e alla disinformazione prevista in primavera, la Commissione UE ha pubblicato contestualmente le raccomandazioni del Gruppo di alto livello, i risultati della pubblica Consultazione e quelli preliminari del Sondaggio effettuato da Eurobarometro.
La Commissione UE aveva avviato una Consultazione pubblica (13 novembre 2017 – 23 febbraio 2018) sulle fake news (notizie false) e sulla disinformazione on line.
Obiettivo della consultazione rivolta a cittadini, social media, organi di stampa (emittenti, testate giornalistiche, agenzie di stampa, media online e verificatori), ricercatori e autorità pubbliche era di ricevere contributi per la definizione di una Strategia europea con contrastare la diffusione di fake news e offrire alla popolazione europea strumenti efficaci per individuare informazioni affidabili e verificate e adattarsi alle sfide dell’era digitale.
Contemporaneamente aveva aperto alle candidature per la costituzione Gruppo di esperti di alto livello (HLEG) con il compito di consigliare la Commissione UE per delimitare il fenomeno delle fake news, definire i ruoli e le responsabilità delle parti interessate, cogliere la dimensione internazionale, fare il punto delle posizioni espresse e formulare raccomandazioni. Tale Gruppo, formato da 39 esperti, tra cui 4 italiani (Federico Fubini, Gianni Riotta, Gina Nieri e Oreste Pollicino) si è poi insediato nel gennaio 2018.
Ora, il 12 marzo 2018 sono stati pubblicati sia il Rapporto del Gruppo di alto livello sia i risultati della Consultazione assieme alla presentazione dei primi risultati del Sondaggio di Eurobarometro.
Il Rapporto “A multi-dimensional approach to disinformation” del Gruppo di alto livello, si concentra in particolare sui problemi legati alla disinformazione online, piuttosto che alle fake news, termine che è stato volutamente evitato, ritenendolo inadeguato a rendere la complessità del problema della disinformazione, che riguarda anche la mescolanza di fatti reali e informazioni inventate.
Il Rapporto definisce la disinformazione come “informazione falsa, imprecisa o fuorviante concepita, presentata e diffusa a scopo di lucro o con l’intenzione di arrecare un pregiudizio pubblico”.
Non copre le questioni derivanti dalla creazione e diffusione online di contenuti illegali (in particolare diffamazione, incitamento all’odio, incitamento alla violenza), che sono soggette a risposte normative ai sensi delle leggi nazionali o dell’UE, né le altre forme di distorsioni volute, ma non fuorvianti di fatti, come la satira e la parodia.
Il Gruppo consiglia la Commissione di evitare soluzioni semplicistiche e qualsiasi forma di censura pubblica o privata. Le raccomandazioni mirano invece a fornire risposte a breve termine per i problemi più urgenti, e risposte a lungo termine per aumentare la resilienza della società alla disinformazione e un quadro di riferimento per garantire che l’efficacia di queste risposte sia continuamente monitorata, mentre si stanno sviluppando nuove risposte basate sull’evidenza.
L’approccio multidimensionale raccomandato dal Gruppo si basa su un numero di risposte interconnesse che si rafforzano reciprocamente e che poggiano su cinque pilastri progettati per:
1. migliorare la trasparenza delle notizie online, che comporta una condivisione adeguata e conforme alla privacy dei dati relativi ai sistemi che consentono la loro circolazione online;
2. promuovere l’alfabetizzazione dei media e dell’informazione per contrastare la disinformazione e aiutare gli utenti a navigare nell’ambiente dei media digitali;
3. sviluppare strumenti per responsabilizzare utenti e giornalisti per affrontare la disinformazione e promuovere un positivo impegno verso le tecnologie dell’informazione in rapida evoluzione;
4. salvaguardare la diversità e la sostenibilità dell’ecosistema dei mezzi di comunicazione europei;
5. promuovere la continua ricerca sull’impatto della disinformazione in Europa per valutare le misure adottate da diversi attori e adeguare costantemente le risposte necessarie.
Il Gruppo sostiene, inoltre, la redazione di un codice di principi che le piattaforme online e i social network dovrebbero impegnarsi a rispettare.
Tra questi garantire la trasparenza spiegando come funzionano gli algoritmi che selezionano le notizie da presentare, adottare misure efficaci per migliorare la visibilità delle notizie affidabili e attendibili e facilitarne l’accesso per gli utenti, fornire le informazioni necessarie a identificare chi c’è dietro un determinato tipo di informazioni.
“Grazie al Gruppo di alto livello – scrive nella Prefazione il Commissarie Ue per l’Economia digitale, Mariya Gabriel – ora disponiamo di un’ampia gamma di materiale che ci aiuterà a presentare una serie di iniziative politiche per affrontare meglio i rischi posti dalla disinformazione”.
La Consultazione ha ricevuto un totale di 2.986 risposte: 2.784 da persone fisiche e 202 da organizzazioni legali. Il maggior numero di risposte sono arrivate da Belgio, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna.
I contributi ricevuti hanno riguardato tre ambiti principali:
-la portata del problema, ossia in che modo cittadini e parti interessate percepiscono le notizie false, quanto sono consapevoli della disinformazione online e in che misura si fidano dei diversi media;
-la valutazione delle misure già adottate dalle piattaforme, dai mezzi d’informazione e dalle organizzazioni della società civile per combattere la diffusione di notizie false online e i pareri sui ruoli e sulle responsabilità delle parti interessate;
– le possibili azioni future per migliorare l’accesso dei cittadini a informazioni affidabili e verificate e impedire la diffusione della disinformazione online.
Secondo il Summary Report le due principali categorie di disinformazione intenzionale in cui le fake news hanno maggiore probabilità di causare un danno sociale sono quelle mirate a influenzare le elezioni e le politiche in materia di migrazione.
Dalle risposte emerge che social media, aggregatori di notizie online, blog e siti web godono di minor fiducia, mentre maggiore fiducia è riposta nei giornali e nelle riviste tradizionali, nei siti web e nelle pubblicazioni online specializzati, nelle agenzie di stampa e nelle agenzie pubbliche (con un totale di oltre il 70 %).
In generale si ritiene che la diffusione della disinformazione sui social media sia agevolata dal fatto che le fake news si appellano alle emozioni dei lettori (88 %), sono diffuse allo scopo di pilotare il dibattito pubblico (84 %) e sono mirate a generare un profitto (65 %).
La metà dei partecipanti è convinta che una verifica dei fatti dopo che la disinformazione è stata pubblicata non sia una soluzione poiché non raggiunge le stesse persone che hanno letto l’informazione originale.
Non molto diversi sono i risultati offerti dal Sondaggio di Eurobarometro, effettuato nel mese di febbraio e che ha coinvolto 26.00 cittadini dell’UE.
L’83% degli intervistati ritiene che le fake news rappresentino un pericolo per la democrazia. Il sondaggio sottolinea inoltre l’importanza dei mezzi di comunicazione di qualità: i partecipanti ritengono che le fonti di informazione più affidabili siano i mezzi di comunicazione tradizionali (radio 70 %, TV 66 %, stampa 63 %), mentre ci si fida di meno delle fonti di notizie online e dei siti web che pubblicano video, con un tasso di fiducia rispettivamente del 26 % e del 27 %.
Si attende ora l’annunciata pubblicazione entro la primavera di una Comunicazione sulla lotta alle fake news e alla disinformazione da parte della Commissione UE.