Circular economy Sostenibilità

Circularity Gap Report 2024: la circolarità continua a diminuire

Il nuovo Circularity Gap Report 2024, evidenziando che nonostante la correlazione tra consumo di materiali ed emissioni di gas serra mostri la necessità di evitare sprechi di risorse, la circolarità globale è passata dal 9,1% nel 2018 al 7,2% nel 2023. Circle Economy Foundation raccomanda di cambiare “le regole del gioco”, proponendo una strategia per attuare politiche audaci e adeguate, sbloccare capitali e colmare il divario di competenze sostenibili e circolari.

Nonostante l’economia circolare sia stato negli ultimi 5 anni uno dei punti più dibattuti a livello sia di policy che di media, l’impiego di materie prime seconde da parte dei sistemi produttivi, criterio essenziale per definire la circolarità, è costantemente calato, passando dal 9,1% nel 2018 al 7,2% nel 2023, registrando una contrazione del 21%. Nello stesso arco di tempo, abbiamo consumato 500 miliardi di tonnellate di materiali, pari al 28% di tutte le risorse consumate dall’inizio del XX secolo.

L’amara constatazione giunge dal RapportoThe Circularity Gap Report 2024” di Circle Economy Foundation, un’organizzazione con un team internazionale di esperti con sede ad Amsterdam, che fornisce consulenza  su soluzioni pratiche e scalabili per mettere in atto l’economia circolare, in collaborazione di Deloitte,  tra le più grandi realtà nei servizi professionali alle imprese, pubblicato il 24 gennaio 2024.

Il Rapporto che fornisce una metrica annuale della circolarità globale, misurando lo stato dell’economia mondiale e identificando le leve chiave per la transizione verso la circolarità globale, trae motivo della sua redazione dall’ Emissions Gap Report che monitora ogni anno gli impegni politici assunti dai Paesi per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi. Così come il Rapporto dell’UNEP calcola la discrepanza tra le emissioni emesse e quelle necessarie per cogliere l’obiettivo di 1,5 °C, il Rapporto di Circle Economy Foundation calcola il divario tra i quantitativi di materiali “buttati” e quelli che sarebbe necessario riutilizzare per contrastare il riscaldamento globale.

Secondo quanto riportato nel Rapporto 2024, dal sottotitolo “Un’economia circolare per vivere entro i limiti sicuri del Pianeta”, negli ultimi sei anni, l’economia globale ha consumato 582 miliardi di tonnellate di materiali, quasi quanto le 740 miliardi di tonnellate consumate nell’intero XX secolo. Questo pone una pressione insostenibile sugli ecosistemi e sulla biocapacità della terra, molto più di quanto abbiamo bisogno per soddisfare equamente molti bisogni sociali.

Sfruttando il Circularity Gap Report, le parti interessate sono in grado di stabilire le priorità della loro tabella di marcia circolare sulla base di un’analisi basata sui dati – ha affermato Ivonne Bojoh, Amministratrice delegata della Circle Economy Foundation – I politici, i leader del settore e le istituzioni finanziarie possono concordare le aree di interesse e lavorare in collaborazione sul cambiamento sistemico necessario per rimanere entro i confini del nostro pianeta. Per garantire che la transizione verso un’economia circolare sia giusta ed equa, le soluzioni circolari devono essere progettate pensando alle popolazioni più vulnerabili del mondo, quindi queste soluzioni ridurranno le disuguaglianze tra la forza lavoro e aumenteranno le opportunità di lavoro in tutto il mondo”.

Circularity Gap Report 2024 propone una Strategia per liberarsi da pratiche economiche note per depauperare a livello sociale e ambientale

Cibo, ambiente costruito, beni manifatturieri e mobilità sono i sistemi globali che esercitano le maggiori pressioni sul sistema Terra, spingendoci oltre i limiti sicuri di 6 confini planetari su 9. Al contempo, questi sistemi sono vitali per soddisfare i bisogni delle persone. Per poter determinare in che modo le soluzioni di economia circolare possono contribuire a ridurre tali impatti, bisogna prima capire quali processi si stanno affermando in ciascuno di questi sistemi e quale l’impatto conseguente. Scoprendo i “punti caldi” ad alto impatto, si possono definire i passi che devono essere fatti, sebbene i limiti di sicurezza dei confini planetari sono superati e non possono ritornare alla normalità.

Ciò richiederà l’attuazione di politiche coraggiose e adeguate al contesto, lo sblocco di capitali e la chiusura del divario di competenze sostenibili e circolari.‍

Le politiche e i quadri giuridici possono incentivare le pratiche sostenibili e circolari penalizzando quelle lineari e dannose. 
I Paesi ricchi potrebbero ottenere il massimo impatto adeguando le normative nei settori dell’edilizia e della produzione. Gli esempi includono l’incentivazione del riutilizzo degli edifici (e dei loro componenti e materiali), lo sviluppo di certificazioni e garanzie per i materiali da costruzione secondari, la definizione di standard per la durabilità dei prodotti e il rafforzamento della legislazione sul diritto alla riparazione.

‍Nei Paesi a reddito medio, la promozione dell’agricoltura e della produzione circolare sarà una priorità assoluta. I governi locali potrebbero, ad esempio, imporre e far rispettare divieti pubblici e limiti all’inquinamento, imporre schemi di responsabilità estesa del produttore e richiedere una quantità minima di materiali recuperati per tutta la nuova produzione, indirizzando i fondi all’agricoltura rigenerativa.

I Paesi a basso reddito potrebbero dare priorità allo sviluppo sostenibile attraverso politiche circolari nell’edilizia e nell’agricoltura. Questi includono la riduzione del debito e il miglioramento dell’accesso allo sviluppo e al capitale di transizione, garantendo i diritti dei piccoli agricoltori e incentivando l’uso di materiali locali, organici e secondari nelle costruzioni.

‍Per sbloccare i finanziamenti per l’edilizia e la produzione circolari nei Paesi ad alto reddito, lo studio suggerisce di ripensare gli standard e le pratiche, nonché di introdurre tasse per aumentare il prezzo dei prodotti non sostenibili.

‍Nelle economie emergenti, i governi possono spostare i sussidi dalle pratiche inquinanti nell’agricoltura e nella produzione a quelle pulite e rigenerative. Inoltre, possono garantire che tutti gli investimenti futuri siano in linea con gli standard di benessere ecologico e sociale.‍

I fondi per lo sviluppo e la transizione potrebbero essere utilizzati nei paesi a basso reddito per sostenere misure circolari in settori chiave come l’agricoltura e l’edilizia, ad esempio l’agricoltura rigenerativa e la pianificazione urbana intelligente.

Infine, il rapporto sottolinea la necessità di consentire una transizione giusta colmando il divario di manodopera e competenze. Ciò significa che i programmi di studio, soprattutto quelli dell’istruzione professionale, dovrebbero includere discipline e competenze “verdi”. I corsi a breve termine potrebbero essere una soluzione per soddisfare la domanda immediata e crescente di lavori verdi, dai tecnici delle energie rinnovabili agli specialisti delle riparazioni.‍

Inoltre, i paesi in via di sviluppo potrebbero formalizzare l’occupazione informale e concentrarsi sul rendere i lavori emergenti dignitosi, inclusivi e ben retribuiti per garantire una transizione giusta per tutti.

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